Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

domenica 20 giugno 2010

HA SETE DI TE SIGNORE L'ANIMA MIA

XII DOMENICA T.O.

Ma voi, chi dite che io sia?” (Lc 9,20); il Salmo 62 ci indica il percorso per poter dare una risposta autentica a questa domanda di Gesù. Oggi non solo il Signore ci interroga, ma anche la gente che ci incontra, e non sono sufficienti delle risposte vaghe.

Ogni tanto trovo sui giornali di ispirazione cattolica, interviste ai personaggi del calcio e dello spettacolo e tra le varie domande ce n’è sempre almeno una riferita a Dio, purtroppo, le risposte sono spesso superficiali e vaghe. L’ultima l’ho intravista proprio mercoledì e questo famoso cantante, nonché scrittore, fotografato insieme alla sua compagna – non alla moglie, badate bene – parla di Dio e lo definisce entità. Mah! Se Gesù ci chiedesse chi è per noi e gli rispondessimo: un’entità; forse non sarebbe troppo contento.

La precondizione necessaria del nostro percorso, è la sete, il desiderio di Dio. Forse a noi questa immagine dice poco, perché siamo abituati ad aprire il rubinetto ed esce acqua in abbondanza, ma la Sacra Scrittura nasce in una terra e in un tempo in cui l’acqua andava cercata e caricata sulle spalle. La sete è una mancanza che impedisce di stare senza fare nulla. Chi ha sete veramente, si muove in cerca di una sorgente, non se ne sta seduto e non si accontenta di qualsiasi liquido trovi.

Quali sono i segni della sete di Dio? San Paolo nella lettera ai Galati elenca i frutti dello Spirito e quelli della carne; i frutti dello Spirito, sono quelli che maturano in noi, proprio per la presenza di Dio e sono: “Amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé” (Gal 5,22); viceversa i frutti della carne, cioè di chi ha un’esistenza nella quale Dio è tenuto al margine, se non fuori, sono: “fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere” (5,19). Quando vediamo che noi stessi o qualcuno che sconosciamo produce questi frutti, non limitiamoci al giudizio e alla condanna; lì c’è qualcuno che ha sete e che ha bisogno di un bicchiere di ascqua fresca.

Ho l’impressione che ci sia, soprattutto da parte della mia generazione – quarantenni -, una rinnovata sete di Dio o meglio, c’è sete di vita nuova e diversa; hanno già bevuto di tutto e di più e si ritrovano a metà della vita con una grande arsura. Per questo cercano, chiedono, sono disponibili a riprendere un cammino interrotto magari dopo la Cresima. Questa generazione è fortunata, perché sa ancora dove andare a cercare da bere, perché si ricorda – ha vissuto in oratorio e frequentato la Chiesa fino all’adolescenza - che Dio, forse, può “dissetarli al torrente delle sue delizie” (Salmo 36,9). Questo è un segno che non bisogna mai perdere la speranza.

La sete spinge a cercare: “Così nel santuario ti ho contemplato …” (Salmo 62,3). Cosa significa cercare? Significa come affermava sant’Agostino, non smettere di camminare, perché “l’anima è inquieta finché non riposa in Dio”; significa sentire di non fare mai abbastanza, non accontentarsi di quanto già raggiunto; correre il rischio di percorrere vie nuove e faticose.

Dove cercare Dio? “Nel santuario …”. Il salmista fa riferimento al tempio di Gerusalemme, che era il punto di congiunzione tra cielo e terra, dove Dio aveva la sua dimora tra gli uomini. Oggi il tempio non esiste più, il suo spazio è stato occupato da due moschee, ma a noi poco importa, nel senso che, a parte la grave perdita di una delle meraviglie architettoniche dell’antichità, noi sappiamo che Dio non abita in un edificio opera delle mani dell’uomo.

Allora i giudei presero la parola e gli dissero: “Quale segno ci mostri per fare queste cose?”. Rispose loro Gesù: “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere” … Ma egli parlava del tempio del suo corpo” (Gv 2,18s). Gesù Cristo è il “santuario” dove dobbiamo cercare Dio. Senza passare per Gesù Cristo, con una relazione vera, Dio continuerà a rimanere un’entità astratta e lontana: “Chi vede me, vede il Padre”.

Egli è anche il capo del corpo, della Chiesa …” (Col 1,18). Giustamente ha affermato papa Benedetto che, avendo dedicato quest’ultimo anno alla santificazione dei sacerdoti, il nemico, il diavolo, non ha gradito e ha sferrato il suo violento attacco. Quest’anno il corpo di Cristo, che è la Chiesa, è stato sottoposto a una dura purificazione. A causa del peccato e dello scandalo di alcuni – troppi sacerdoti -, molti hanno perso fiducia nella Chiesa; eppure non possiamo dimenticare che Cristo si lascia trovare proprio qui, in questa Chiesa santa, ma composta da persone a volte troppo fragili; si lascia trovare nella via dei Sacramenti, della Parola, della comunione fraterna, dei poveri.

Se avremo il coraggio di percorrere senza stancarci questa via, senza lasciarci ostacolare dello scandalo provocato da altri, il Signore potrà dissetarci e mostrarci il suo volto.

Allora a chi ci domanderà, potremo dare la risposta: “(Egli ) è il Cristo di Dio”.

Conoscere, amare, seguire: questo è il percorso che Gesù ci chiede. Non solo conoscere. Del resto chi ama, segue e chi non segue, non ama.

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