XIX DOMENICA T.O.
Quante storie di vita ho ascoltate in questi giorni precedenti al Perdono di Assisi. Mi sono ritrovato ad ammirare la fede di diverse persone; una fede che ha comunicato loro forza nella fatica, speranza nella difficoltà e che si è incarna in una carità operosa. Costoro sono la realizzazione nella storia delle parole che il Vangelo ci offre oggi; essi sono quell’“amministratore affidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù …” (Lc 12,42).
Lo dobbiamo dire con gioiosa consapevolezza: c’è ancora tanta fede in giro; c’è tanto bene che scorre nelle vene della nostra storia, anche se non appare. Lodiamo il Signore che continua a operare silenziosamente e a estendere il suo Regno, grazie alla disponibilità di tanti uomini e donne che non si accontentano di un’esistenza senza Dio. Gesù stesso ha dichiarato che “il Regno di Dio … è simile a un granello di senape, che un uomo prese e gettò nel suo giardino; crebbe, divenne un albero e gli uccelli del cielo vennero a fare il nido fra i suoi rami” (Lc 13,18s). Il male sembra dominare, ma in realtà il bene cresce silenziosamente; ce lo ricorda anche la saggezza popolare quando afferma che “fa più rumore un albero che cade che un foresta che cresce”.
Nella storia della salvezza c’è sempre stato, quello che nell’A.T. è definito ‘piccolo resto’, ossia, mentre la maggioranza sostanzialmente vive come se Dio non ci fosse – nel rifiuto esplicito o nella sostanziale indifferenza – ci sono uomini e donne di ogni età, cultura ed estrazione sociale che lasciano regnare il Signore nella loro storia. Sono costoro che permettono al Signore di essere presente in tutte le epoche, anche quelle di più profonda crisi spirituale. Per intenderci meglio vi faccio un esempio: può capitare di coltivare un campo e di perdere tutto il raccolto a causa della siccità o dell’eccessiva pioggia, però se si conservano dei semi sani, questi potranno essere poi ripiantati al momento opportuno e germoglieranno.
Pensate all’Albania dei tempi del comunismo più spietato, quando era radicalmente vietata ogni manifestazione pubblica e privata della fede – l’Albania era l’unico stato dichiarato ateo fin nella Costituzione -, ebbene la fede si è salvata ed è germogliata al momento opportuno, grazie a tante nonne e madri che hanno insegnato di nascosto il Rosario; a persone che andavano a pregare la domenica nella loro chiesa, trasformata in un museo o cinema.
Questo ci fa dire che anche oggi, che viviamo un tempo di seria crisi spirituale, il piccolo resto c’è e deve aumentare, in modo che al momento opportuno la vita possa rifiorire.
Come non è facile mantenersi “seme sano” durante la siccità o la pioggia eccessiva così, non è facile pensare e vivere da cristiani quando il mondo, nella sua maggioranza, percorre altre vie e ostacola in tutti i modi coloro che vogliono essere di Cristo. Proprio per questo nei tempi di maggior crisi, bisogna rimanere ancora più strettamente uniti al Signore, per non essere confusi e disorientati. Proprio in questi tempi il Signore deve diventare ancora più fortemente il tesoro verso il quale orientare il nostro cuore.
Il cuore, nel linguaggio biblico, non è la sede dei sentimenti, bensì della ragione, della riflessione, dove si prendono le decisioni. Ebbene dobbiamo chiederci oggi dove sono rivolti i nostri pensieri, chi condiziona le nostre decisioni, così scopriremo chi è il nostro tesoro.
Oggi il Signore ci dice delle parole molto forti che, non siamo abituati a sentirci dire e che, forse, non ci piacciono nemmeno troppo: “Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più. A chiunque fu dato molto, molto sarà richiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più”” (Lc 12,47ss). Queste parole sono certamente per noi, perché noi sappiamo qual è la volontà del Signore – se non la conosciamo è solo perché ci è più comodo non saperla -, per questo siamo chiamati a responsabilizzarci. Ci hanno abituati oramai a credere che il Signore è talmente buono che Gli va bene tutto; invece non è così: l’amore di Dio è tale che fino all’ultimo istante di vita ci offre la possibilità di salvarci, ma un istante dopo ci consegnerà il frutto del nostro rifiuto o della nostra indifferenza. Dopo avere pagato il prezzo di un’esistenza senza la bellezza di Dio, dovremo subire la separazione definitiva da tutto ciò che è buono e bello.
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