Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

lunedì 27 settembre 2010

Gli apostoli della tolleranza

Vi offro questo testo molto bello di Pavel Florenskij. Sono parole antiche - è morto oramai da quasi 80 anni -, ma sempre nuove. Egli le ha scritte in riferimento alla critica che Lev Tolstoj fece alla Divina Liturgia (l'Eucaristia ortodossa), ma noi le possiamo applicare ai moderni molteplici tentativi di giudicare e criticare la fede cristiana e le sue "cose". E' da leggere.
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In senso figurato, Tolstoj dimostra che non è giusto disquisire di Shakespeare descrivendo, pur se con grande precisione, le aste e i circoli neri su carta bianca che costituiscono il testo delle sue tragedie, senza vedere altro e senza nemmeno ricordare che c'è dell'altro. Non risulterebbe, allora, difficile farsi beffe dei conterranei di Shakespeare, che lo hanno lodato per secoli, mentre lui si limitava a sprecare fogli di carta imbrattandoli di inchiostro. E' evidente, però, che nel migliore dei casi un tale critico dimostrerebbe la propria ignoranza e la propria stupidità, quando non la propria disonestà nei confronti di ciò che studia, la propria ritrosia a scavare nell'argomento e la propria ostilità preconcetta nei confronti di Shakespeare e dei suoi estimatori, i quali sostengono che aste e circoli neri sono solo i presupposti dell'opera, e non la sostanza, che la sostanza è altrove. Uno studioso di Shakespeare che non conosca la lingua o non abbia un proprio sviluppo e un proprio gusto letterario può non riuscire a cogliere questo qualcosa d'altro, ma a tale sua incapacità si guarderà comunque con una certa tolleranza. Ritenerlo un esperto di Shakespeare e stimare le sue opinioni al riguardo sarebbe, invece, pura follia. D'altra parte un'elementare forma di buon senso e, soprattutto, di fiducia verso il genere umano dovrebbe far sì che lui stesso rilevasse la propria cecità spirituale e imparasse l'umiltà" (Pavel A. Florenskij, Bellezza e Liturgia, Oscar Mondadori 42-43).
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E' sorprendente, ma spesso ascoltiamo con grande attenzione e fiducia persone che parlano di Cristo e della Chiesa, come quel critico che, non conoscendo la lingua di Shakespeare, vuole giudicarne la sua opera.
Visto che costoro, anche se in probabile buona fede, non hanno il buon senso di "rilevare la propria cecità", evitiamo almeno di riconoscergli troppa autorevolezza.

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