Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

sabato 26 febbraio 2011

Non preoccupatevi ....

VIII DOMENICA T.O.

     In queste domeniche è come se Gesù ci avesse presi per mano per mostrarci lentamente i connotati di coloro che sono suoi. Il Signore ci dice che:
-          essi sono poveri di spirito, puri di cuore, affamati di giustizia …
-          la loro giustizia è superiore a quella degli scribi e dei farisei – sono degli “esagerati”, rifiutano la logica della mediocrità –
-          per loro la vendetta come risposta al male è sostituita dall’amore
-          vivono le relazioni in maniera diversa dagli altri
     Oggi aggiunge che non si preoccupano di ciò che mangeranno, di cosa berranno, di come vestiranno, ma cercano innanzitutto il Regno di Dio
     Ben sei volte troviamo il verbo “preoccuparsi” (merimnàte) che  potremmo tradurre anche con “affannarsi, angustiarsi, andare in ansia”; indica quindi ciò che occupa in maniera pressante il cuore/mente, togliendo serenità. E’ molto importante questa sottolineatura, perché altrimenti potrebbe sembrare un discorso troppo disincarnato, più adatto agli angeli che a noi. Non è che non dobbiamo lavorare per ottenere il necessario per vivere dignitosamente e per garantire ai nostri familiari quanto serve; non è che, siccome Dio è provvidente dobbiamo aspettare tutto dal cielo, come la manna.
     Del resto lo stesso Paolo sottolinea che “il Signore ha disposto che quelli che annunciano il Vangelo vivano del Vangelo. Io invece non mi sono avvalso di alcuno di questi diritti …” (1Cor 9,9), cioè ha scelto di lavorare con le sue mani e di non accogliere il diritto di essere “mantenuto” per il suo ministero.
     “Dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore” (Lc 12,34), credo che queste parole di Gesù sintetizzino bene il Vangelo di oggi e mostrino qual è il punto fondamentale.
     Oramai sappiamo che, quando nella Scrittura si parla del cuore non si intende la fonte dei sentimenti, bensì del pensiero, dei ragionamenti – il cuore biblico è paragonabile al cervello, alla mente -. Potremmo tradurre così le parole di Gesù: “Ciò che occupa fortemente la tua mente, quello è il tuo tesoro”. Se la mia prima passione è il calcio, mi preoccuperò prevalentemente di esso, guarderò tutte le trasmissioni a tema ecc … Se la mia preoccupazione è il benessere della mia famiglia, cercherò invece di riconoscere quali sono i problemi; starò il più possibile con i miei, per ascoltarli … Se il centro della mia vita è il Signore, non cesserò di cercarlo. I nostri comportamenti concreti dicono cosa realmente ci piace ed è importante per noi. Se vogliamo fare verità e riconoscere, senza finzione, ciò che realmente ci importa, dobbiamo quindi imparare a guardarci.
     E’ celeberrimo  un miracolo di sant’Antonio di Padova che, andando al capezzale di un uomo molto ricco, impedì di seppellirlo in terra consacrata dichiarando che era dannato e, letteralmente, senza cuore; una volta aperto il petto del defunto lo trovarono infatti senza cuore, che rinvennero all’interno della sua cassaforte.  Se sant’Antonio venisse a cercare il mio cuore oggi, dove lo troverebbe?
     In estrema sintesi, oggi Gesù ci invita a incarnare concretamente il primo comandamento: “Non avrai altro Dio al di fuori di me”; ci chiama a lasciare il primato al Signore della vita e non ad altri dèi. Quelli che sono di Cristo, hanno il cuore rivolto a Dio, primo tesoro. Pensiamo allora alla parabola del tesoro nel campo e della perla preziosa: “Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo. Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra” (Mt 13,44ss); è possibile relativizzare – non disprezzare - i propri beni, solo se si trova qualcosa di  straordinariamente più prezioso.
Scrive il grande autore russo Dostoevskij: “L’uomo non viere senza inginocchiarsi davanti a qualcosa. Se l’uomo rifiuta Dio, si inginocchierà davanti a un idolo. Noi siamo tutti idolatri, non atei”. A Dio non interessa per niente la nostra povertà, tantomeno ci vuole straccioni poco puliti, non gode di figli affamati e sporchi, ma vuole figli liberi, gente che sa vivere nel mondo senza essere schiava preoccupata eccessivamente delle cose del mondo. Non vuole che perdiamo la nostra serenità per ciò che non è sufficiente a colmare la nostra vita - “Perché spendete denaro per ciò che non è pane, il vostro guadagno per ciò che non sazia? Su, ascoltatemi e mangerete cose buone e gusterete cibi succulenti. Porgete l’orecchio e venite a me, ascoltate e vivrete” (Is 55,2s).
Eccolo il cuore del problema, chi non segue la via di Cristo, perché vuole conservare una propria autonomia e libertà, rischia in realtà di diventare schiavo di ciò che non “sazia”.
     Il Vangelo è “buona e bella notizia”, perché ci offre la via per un’esistenza più umana e più umanizzante.

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