Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

domenica 15 maggio 2011

“Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”

IV DOMENICA DI PASQUA

     Domenica scorsa abbiamo camminato insieme con quei  discepoli che se ne andavano tristi da Gerusalemme verso Emmaus; con coloro  che speravano che Gesù sarebbe stato capace di liberare Israele e invece si ritrovarono con un pugno di mosche in mano – almeno così credettero -.

     A tutti coloro che – metaforicamente - camminano da Gerusalemme a Emmaus, Gesù dice: “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10). Gesù offre vita piena, non sopravvivenza, a coloro che intendono accoglierlo. Il Signore indica il modo di esistere più umano, più adeguato alle esigenze profonde dell’uomo.
     Chiunque ha vissuto personalmente o ha conosciuto chi, grazie a Cristo ha trovato la vita, sa di cosa sto parlando. Nel contempo dobbiamo riconoscere che, Dio solo sa quanti di noi hanno bisogno di una vita diversa.
     Il Vangelo di oggi segue il fatto della guarigione del cieco nato, colui che si è lasciò guarire da Gesù e per questo  fu “scomunicato”, espulso dalla comunità. Le guide di Israele non vollero riacquistare la vista insieme al nostro protagonista; non seppero né vollero camminare con lui, per cui rimasero cieche, ma con la convinzione di vedere più e meglio degli altri:  «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?» (Gv 9, 34). A partire da quell’episodio, Gesù  usa queste parole molto forti, direi addirittura dure, verso tutti coloro che, invece di aiutare le persone a trovare la vita, le disorientano o le ostacolano.
      Senza troppi giri di parole, Gesù indica chiaramente che non tutti coloro che si presentato come pastori sono degni di tale ministero e che, non è indifferente seguire uno piuttosto che un altro. Stiamo attenti a non pensare che il Signore stia parlando solo di sacerdoti; pastori sono tutti coloro che ricevono o si assumono il compito di condurre altri nelle vie della vita – è pastore anche un genitore, un insegnante, un politico, un educatore, un giornalista … chiunque stia davanti per condurre.
     Il Signore ci offre anche i criteri che ci consentono di  distinguere un pastore da un altro anche se noi stessi siamo quel pastore. “Chi non passa per la porta, ma sale da un’altra parte è un ladro e un brigante”. Gesù si autodefinisce “la porta”; che rapporto ho io che sono pastore di altri con Cristo? Che rapporto hanno con Cristo coloro che sono miei pastori?
     Sono pastori degni di essere seguiti, coloro che a loro volta si fanno pecore che seguono il Pastore; che sanno indicare i percorsi vitali, proprio perché Gesù glieli ha indicati e loro stessi li hanno percorsi. I veri pastori da seguire sono coloro che ascoltano la voce del pastore, sanno riconoscerlo tra tutti gli altri e lo seguono. Questi sono coloro che hanno un rapporto intimo, personale con Lui, non coloro che ne hanno solo sentito parlare.
   Ricordiamo che  coloro che seguono un estraneo, non possono considerarsi “sue pecore” – di Cristo -.  Vedete, questo testo è di straordinaria concretezza, ma non solo per noi oggi, bensì per le persone di ogni tempo, perché in ogni epoca, si corre il rischio di dire di appartenere a Cristo, riducendo il tutto però a una questione di pratica religiosa. Non possiamo dirci di Cristo, se non cerchiamo di seguirlo. Se dopo che siamo andati a Messa, a incidere nelle nostre più comuni e quotidiane scelte non è Lui, ma altri, non possiamo tranquillamente considerarci dei  suoi. I ladri e i briganti, dice Gesù, le sue pecore non li ascoltano, anzi fuggono da loro. E’ davvero così?
     Oggi il Signore ci chiama a fare verità e a chiederci chi è che noi seguiamo. Ripeto, non guardiamo solo a ciò che facciamo la Domenica – importantissimo, ma non sufficiente -, ma a quanto viviamo dal lunedì al sabato; sono i giorni feriali che ci dicono chi sono i nostri pastori.
     Mi raccontava un frate che durante un incontro con i catechisti della sua parrocchia, ha iniziato citando un testo di papa Benedetto; ebbene una delle catechiste si è inalberata, dicendo che, sostanzialmente, era disposta ad ascoltare  il Vangelo, ma non le parole di questo Papa. Inquietante! Questa donna non si è resa conto che Benedetto e proprio uno di quei pastori che si sforza costantemente, pur con i limiti della sua persona, di passare per la porta che è Cristo e che, proprio per questo può essere seguito e ascoltato senza timore. Ho l’impressione che tanto siamo selettivi con i nostri pastori, quanto invece siamo di bocca buona con quelli di fuori.
   


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