Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

sabato 6 agosto 2011

Io ti conoscevo solo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti hanno veduto”


XIX DOMENICA T.O.

     E’ bellissima l’immagine propostaci dal primo libro  dei Re: “Dopo il fuoco il sussurro di una brezza leggera. Come l’udì, Elia si coprì il volto col mantello …” (1Re 19,13). Il profeta Elia ha la consapevolezza di trovarsi alla presenza di Dio.  Tante volte pensiamo che il Signore sia più simile a un vento impetuoso e gagliardo, a un terremoto o al fuoco che distrugge e ci lasciamo sfuggire i segni della sua tenerezza e delicatezza.
     Gesù ce lo ha mostrato: Dio tocca, non picchia.

     Come mai lo “frequentiamo”, ma non lo conosciamo?
Forse perché continuiamo a immaginarcelo secondo i nostri schemi umani, invece di permetterGli di svelarsi per quello che è. Rimangono sempre valide le parole pronunciate dal Signore Dio attraverso Isaia: “I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie” (Is 55,4), o anche quelle che troviamo nel Salmo: “Forse credevi che io fossi come te!” (Salmo 50,21).
Giobbe esprime bene ciò che intendo dire quando afferma: “Io ti conoscevo solo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti hanno veduto” (Gb 42,5). Dobbiamo avere il coraggio di rinunciare al sentito dire, per fare l’esperienza di Giovanni: “Quello che abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita … noi lo annunciamo a voi” (1Gv 1,1s).
     Oggi, camminando sulle acque Gesù ci svela qualcosa di sé. E’ Dio che domina le acque fin dalla creazione; lo descrive in maniera poetica il salmista – “Al di sopra dei monti stavano le acque. Al tuo rimprovero esse fuggirono, al fragore del tuo tuono si ritrassero atterrite … hai fissato loro un confine da non oltrepassare” (Salmo 104,9s); come anche ha dominato le acque del Mare per liberare il popolo d’Israele dall’Egitto.
     Camminando sulle acque Gesù sta mostrando ai suoi discepoli così spaventati, che si trovano alla presenza di Dio stesso – infatti l’episodio si conclude con tutti loro prostrati (prosekunesan) davanti a Lui e quando nell’N.T. si usa questo verbo, è sempre riferito a qualcosa di divino o presunto tale -.
     Siamo ancora qui a ridirci che Gesù è Dio? Ebbene si, anche se sembra scontato. Riconoscere che Gesù è Dio non solo è teologicamente indispensabile – anche i musulmani e i T.di G. riconoscono Gesù come grande uomo, ma non per questo sono cristiani -, ma ci permette anche di guardare “in faccia Dio”. “Chi vede me, vede il Padre”, ci ha detto Gesù. Non dobbiamo avere paura di Dio; non è Lui che vuole il nostro male e la nostra fatica: è il “vento” che ostacola la barca dei discepoli; il problema è in colui che soffia.
     Che cosa è questo vento?
     Tutto ciò che impedisce alla nostra barca di raggiungere la riva e che ci tiene in mezzo al lago in balia delle onde. Noi desidereremmo che la nostra esistenza fosse paragonabile a un dolce viaggio in acque tranquille e forse ce ne sentiamo anche in diritto – non siamo figli di Dio? Perché allora non ci tutela? -, ma molto spesso così non è.
     Oggi ce lo dobbiamo ripetere: abbiamo un nemico, il quale “soffia” di continuo, perché vuole che nessuno di noi raggiunga la meta. Soprattutto vuole che ci troviamo da soli sulla barca sballottata dalle onde; non vuole assolutamente che Gesù – “Dio salva” -, sia con noi a darci speranza.
     Egli vuole che l’uomo sia autonomo, cioè solo, sia rispetto ai suoi simili, ma soprattutto rispetto a Dio.
     Nel secolo scorso le due grandi mostruosità ideologiche – nazismo e comunismo – consideravano importante lo Stato, il singolo era solo un ingranaggio che doveva servire allo Stato oppure lo si poteva – doveva – eliminare. Questi due mostri sono stati sostanzialmente sconfitti, ma il nemico non si è arreso. Non so se ci avete fatto caso, ma siamo malati di individualismo ed egocentrismo; facciamo una grande fatica a vivere relazioni forti e profonde, ma quando l’uomo è solo, è profondamente vulnerabile. Abbiamo bisogno di tornare a vivere in relazione. Insieme siamo più forti. Noi cristiani lo possiamo mostrare al mondo vivendo come Chiesa, che è è la comunità in cui i credenti formano “un cuore solo e un’anima sola”. Chiedetevi come mai il nemico cerca in tutti modi di separare i credenti – non solo le divisioni tra le comunità ecclesiali, ma anche all’interno della stessa Chiesa Cattolica -?
     Soprattutto però dobbiamo permettere al Signore di salire sulla nostra barca o smetterla di cacciarlo via quando ci impiccia. E’ il tempo favorevole. Stiamo vivendo una crisi di sicurezza senza precedenti; la nostra barca è profondamente in pericolo, proprio ora possiamo dire: adesso basta. Torna Signore con noi; combatti il nostro nemico; stiamo con te.

Nessun commento:

Posta un commento