Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

domenica 25 settembre 2011

Il Decalogo 4

IV ► Come il terzo comandamento sul riposo festivo, anche il quarto è un precetto esposto in forma positiva. Inoltre, quello sull’amore nei confronti dei genitori è l’unico ad essere seguito da
una benedizione nella formulazione originaria biblica («..perché la tua vita sia lunga e tu sia felice nella terra che il Signore tuo ti dà»).

Il verbo centrale del precetto è quello dell’onorare, in ebraico kabbed, un termine usato anche per la ‘venerazione’ nei confronti di Dio, tant’è vero che il profeta Malchia appaia i doveri verso Dio con quelli verso i genitori: «Il figlio onora suo padre… Se io sono padre, dov’è l’onore che mi spetta? Dice il Signore degli eserciti». Il vocabolo ha un arco di significati molto ampio e, oltre al rispetto, comprende il sostegno economico, l’obbedienza e l’amore.
Nell’AT sono molteplici i passi che riprendono questo comandamento, talora con una veemenza particolare: «Colui che percuote suo padre o sua madre sarà messo a morte. Colui che maledice suo padre o sua madre sarà messo a morte» (Es 21).
Al di là della pena di morte, legata alla cultura e alla società di allora, c’è anche l’idea di una ‘scomunica’ del peccatore in questione dall’orizzonte vitale della comunità civile e religiosa.
Uno dei commenti più intensi e appassionati al quarto comandamento è, comunque, offerto da un sapiente biblico del II sec. a.C., il Siracide: «.. la pietà verso il padre non sarà dimenticata, ti sarà computata a sconto dei peccati». Anche Gesù sarà severo quando denuncerà la prassi, allora vigente, del qorban (‘realtà sacra’) attraverso la quale ci si sentiva esentati dal dovere del sostentamento dei genitori anziani, dedicando a Dio in alternativa una cifra da offrire al tempio (Mt 15,3). E Paolo ammonirà i figli cristiani (Ef 6).
Ma qual è il contenuto genuino del quarto comandamento secondo la visione generale biblica? Oltre all’aspetto direttamente familiare e tribale, per cui si deve favorire ed esaltare la famiglia nella sua struttura, il precetto ha una dimensione più vasta e sociale. Nei genitori e nei figli, e nel loro rapporto corretto, si delinea il retto funzionamento di tutte le relazioni proprie della vita socio-politica. Si esalta, allora il diritto-dovere di partecipare alla costruzione di una società armonica e giusta.
C’è, poi, un’altra prospettiva che potremmo chiamare tradizionale. I genitori incarnano la storia di una comunità coi suoi valori che devono essere trasmessi e attualizzati. Nell’onore da rendere ai genitori è, allora, implicito anche il riconoscimento della loro funzione di maestri, di tutori della tradizione, di custodi dell’eredità morale di una famiglia e di un popolo, di testimoni dei valori spirituale e religiosi. Si veda il Salmo 78, ai versetti 3-7.
Il quarto comandamento propone, perciò, un legame non solo biologico ma anche spirituale tra padri e figli, in un dialogo di valori trasmessi e accolti. Non per nulla il Concilio Vat II suggerisce che “i genitori devono essere per i figli i primi maestri della fede”.
Infine, è stato sottolineato come sia presente una dimensione ‘psicologica’: il figlio, ormai autonomo e adulto, divenuto a sua volta responsabile dalla patria potestà, è invitato a sostenere moralmente ed economicamente i genitori, sorgente della sua vita, mentre essi si avviano verso il viale del tramonto fisico e psichico. È questo un capitolo importante in una società patriarcale com’era quella biblica, rilevante però anche ai nostri giorni con l’aumento della fascia sociale degli anziani.
Rimane, comunque, vivo l’appello ad una serena e armonica convivenza familiare, perché -come ammonisce il libro dei Proverbi- «chi maledice il padre e la madre vedrà spegnersi la sua lucerna nel cuore delle tenebre». Perciò «ascolta il tuo padre che ti ha generato e non disprezzare tua madre quando è vecchia!».

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