Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

lunedì 26 settembre 2011

Il Decalogo 5

V ► Lapidario nella sua formulazione imperativa, il quinto comandamento esalta la sacralità della vita umana, la sua intangibilità, come già si proclamava nella prima alleanza stipulata tra Dio e la sua umanità generata dal lavacro purificatore del diluvio e incarnata dalla figura di Noè: «Chi sparge il sangue dell’uomo, dall’uomo il suo sangue sarà sparso, perché a immagine di Dio egli ha fatto l’uomo» (Gn 9).
In modo più intenso e poetico Giobbe affermerà: «Il Signore ha in mano l’anima di ogni vivente e il respiro di ogni carne umana».

Molte sono le questioni che oggi noi riferiamo a questo precetto: pensiamo non solo a quelle tradizionali della guerra o della pena di morte, ma anche i temi più attuali della bioetica, dell’aborto e dell’eutanasia. Tuttavia nel suo tenore originario il comandamento aveva un significato più ristretto, legato al momento storico preciso in cui Dio avvia la sua rivelazione su questo argomento: il verbo usato è razah, che di per sé rimanda solo al ‘commettere un assassinio’, all’azione violenta su un soggetto indifeso, tant’è vero che nel Dt si proclama: «maledetto che uccide (razah) il suo prossimo indifeso».
Sappiamo, infatti, che nell’AT ci sono alcune uccisioni che erano ammesse: pensiamo alla pena di morte, all’“anatema” (herem), ossia a una sorta di guerra santa, alla legge del taglione. Ci si stupisce sempre di queste violenze contro la vita umana non condannate, anzi giustificate dalla Scrittura. Bisogna, però, ricordare sempre che la Bibbia non è un’astratta raccolta di tesi teologiche e morali perfette, ma piuttosto è la storia di una lenta e progressiva rivelazione di Dio all’interno delle vicende umane che sono spesso striate di sangue dalla nostra ottusa e pervicace crudeltà.
Si tratta, dunque, di una manifestazione divina che è simile ad un percorso graduale. Attraverso le tappe di quella che noi chiamiamo "storia della salvezza” si compie un lungo processo di illuminazione dell’umanità perché esca dalle caverne dell’odio, della giustizia sommaria, della brutalità e s’incammini verso un orizzonte più alto. Non per nulla sant’Agostino considerava la Bibbia come il libro della pazienza di Dio che si adatta temporaneamente al limite della sua creatura per educarla a valori più degni. Si legge, infatti, già sul finire della rivelazione anticotestamentaria questa affermazione del libro della Sapienza: «Prevalere con la forza a te, Signore, sarebbe sempre possibile perché nessuno può opporsi alla potenza del tuo braccio… E invece tu risparmi tutte le cose perché tutte sono tue, o Signore, amante della vita… Con tale modo hai insegnato al tuo popolo che il giusto deve amare gli uomini».
Ma già nel libro del Levitico si esortava a «non covare odio contro il tuo fratello…, a non vendicarsi e a serbare rancore contro i figli del tuo popolo e ad amare il prossimo come sé stessi».
Anche per la pena di morte c’era un passo significativo riguardante il primo assassino della storia, Caino: «Il Signore impose a Caino un segno perché non sopisse chiunque l’avesse incontrato» (Gn 4). Anche la vita del criminale viene, perciò, posta sotto la giurisdizione suprema di Dio, proprio perché ogni creatura umana è stata «creata a immagine e somiglianza di Dio». Anzi, nel libro del profeta Ezechiele ci imbattiamo in questo oracolo divino: «Forse che io ho piacere della morte del malvagio o non piuttosto che desista dalla sua condotta e viva?… Io non godo della morte di chi muore!».
Il progressivo sviluppo del quinto comandamento verso la condanna di ogni uccisione e di ogni violenza contro la vita raggiungerà il suo vertice con Cristo. Al suo discepolo che aveva con la spada troncato l’orecchio del servo del sommo sacerdote, durante le ore convulse della sera dell’arresto nel Getsemani, Gesù ordinerà: «Rimetti la spada nel fodero, perché tutti quelli che mettono mano alla spada periranno di spada».
La lezione di Cristo al riguardo era cominciata molto prima, fin dagli esordi stessi della sua predicazione, in quel celebre Discorso della Montagna che è stato definito come Magna Charta del cristianesimo.
Poniamo alcune di quelle fortissime parole a ideale commento del quinto comandamento riportato alla sua pienezza e alla sua pura radicalità: «Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere! Chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio… Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio, dente per dente! Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l’altra.. Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico! Ma io vi dico: Amate i vostri nemici, e pregate per i vostri persecutori!».

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