L’Osservatore Romano ha pubblicato in questi giorni uno dei testi meno
conosciuti del card. Joseph Ratzinger, presentato nel 1998 in qualità di
Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, a proposito di
alcune obiezioni contro la dottrina della Chiesa circa la recezione
della Comunione eucaristica da parte di fedeli divorziati
risposati. L’esigenza di fare chiarezza su un argomento così delicato è
molto grande, soprattutto nel contesto storico odierno dove i criteri di
unità familiare e di indissolubilità coniugale sono quotidianamente
messi alla prova. Il testo di J. Ratzinger, “La pastorale del
matrimonio deve fondarsi sulla verità”, prende le mosse da una Lettera
della Congregazione per la Dottrina della Fede – firmata dallo stesso
Ratzinger il 14 settembre 1994 – circa la recezione della Comunione
eucaristica da parte di fedeli divorziati risposati, accolta con qualche
critica in diversi ambiti ecclesiastici. Nel 1998, il Prefetto del
Sant’Uffizio ritenne opportuno pubblicare un ulteriore documento
chiarificatore per rispondere ad alcune obiezioni contro la dottrina e
la prassi della Chiesa, e che proveremo adesso a sintetizzare in questa
nostra riflessione.
***
Molti ritengono, adducendo alcuni passi del Nuovo Testamento,
che la parola di Gesù sull'indissolubilità del matrimonio permetta
un'applicazione flessibile.
A questa prima obiezione – rivolta al Magistero che, in relazione
all'indissolubilità del matrimonio, non considererebbe in modo
sufficiente quei passi biblici dove verrebbe menzionata una qualche
"eccezione" alla parola del Signore sull'indissolubilità del matrimonio
(Mt 5, 32; 19, 9) e riguardo al caso di separazione a motivo della fede
(1 Cor 7, 12-16) – il card. Ratzinger fa notare che: “la dottrina della
Chiesa sull'indissolubilità del matrimonio deriva dalla fedeltà nei
confronti della parola di Gesù. Gesù definisce chiaramente la prassi
veterotestamentaria del divorzio come una conseguenza della durezza di
cuore dell'uomo. Egli rinvia – al di là della legge – all'inizio della
creazione, alla volontà del Creatore, e riassume il suo insegnamento con
le parole: «L'uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto» (Mc 10,
9). Con la venuta del Redentore il matrimonio viene quindi riportato
alla sua forma originaria a partire dalla creazione e sottratto
all'arbitrio umano […]. La parola di Gesù sull'indissolubilità del
matrimonio è il superamento dell'antico ordine della legge nel nuovo
ordine della fede e della grazia”. La possibilità di separazione,
prospetta da S. Paolo in 1 Cor 7, riguarda i matrimoni fra un coniuge
cristiano e uno non battezzato. Come ha poi chiarito, infatti, la
riflessione teologica successiva sono da considerare “sacramento” – e
dunque orientati al rispetto dell'indissolubilità assoluta – i
matrimoni tra battezzati che per loro natura si collocano nell'ambito
della fede in Cristo. “Così – precisa Ratzinger – la sistematizzazione
teologica ha classificato giuridicamente l'indicazione di San Paolo come
«privilegium paulinum», cioè come possibilità di sciogliere per il bene
della fede un matrimonio non sacramentale. L'indissolubilità del
matrimonio veramente sacramentale rimane salvaguardata; non si tratta
quindi di una eccezione alla parola del Signore”.
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