Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

lunedì 5 dicembre 2011

Cinque domande, una risposta: la carità nella verità. Un'analisi del testo di Joseph Ratzinger sui divorziati risposati 2

Altri obiettano che la tradizione patristica lascerebbe spazio per una prassi più differenziata, che renderebbe meglio giustizia alle situazioni difficili; la Chiesa cattolica in proposito potrebbe imparare dal principio di "economia" delle Chiese orientali separate da Roma.

La seconda obiezione pone in rilievo una certa tolleranza e flessibilità sul piano pastorale, accolta da alcuni in epoca patristica in riferimento a singole situazioni difficili (sebbene i Padri si attenessero chiaramente al principio dottrinale dell'indissolubilità del matrimonio).
In base a questo criterio le Chiese orientali separate da Roma avrebbero sviluppato una certa condiscendenza benevola in singole situazioni difficili, pur rimanendo fedeli alla dottrina dell'indissolubilità del matrimonio. In determinati casi, infatti, le Chiese orientali permetterebbero un secondo e anche un terzo matrimonio. Prassi, quest’ultima, che la Chiesa cattolica non avrebbe mai condannato esplicitamente. A tale obiezione il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede risponde: “Esiste un chiaro consenso dei Padri a riguardo dell'indissolubilità del matrimonio. Poiché questa deriva dalla volontà del Signore, la chiesa non ha nessun potere in proposito. Proprio per questo il matrimonio cristiano fu fin dall'inizio diverso dal matrimonio della civiltà romana […]. La Chiesa del tempo dei Padri esclude chiaramente divorzio e nuove nozze, e ciò per fedele obbedienza al Nuovo Testamento”. In seconda battuta, J. Ratzinger – tenuto conto che singoli Padri, a esempio Leone Magno, cercarono soluzioni «pastorali» per rari casi limite – riferisce che: “nella Chiesa del tempo dei Padri i fedeli divorziati risposati non furono mai ammessi ufficialmente alla sacra comunione dopo un tempo di penitenza. E' vero invece che la Chiesa non ha sempre rigorosamente revocato in singoli paesi concessioni in materia, anche se esse erano qualificate come non compatibili con la dottrina e la disciplina”. Si giunse così a due sviluppi contrapposti: nelle Chiese orientali separate da Roma, una maggiore flessibilità e disponibilità al compromesso in situazioni matrimoniali difficili si protrasse ulteriormente nel secondo millennio e condusse ad una prassi sempre più liberale; “oggi – sottolinea Ratzinger – in molte Chiese orientali esiste una serie di motivazioni di divorzio, anzi già una «teologia del divorzio», che non è in nessun modo conciliabile con le parole di Gesù sull'indissolubilità del matrimonio”. Nella Chiesa d’Occidente, grazie alla riforma gregoriana, fu recuperata la concezione originaria dei Padri. “Al riguardo – chiarisce il Prefetto del Sant’Uffizio – non è esatta l'affermazione che la Chiesa cattolica avrebbe semplicemente tollerato la prassi orientale. Certamente Trento non ha pronunciato nessuna condanna formale. I canonisti medievali nondimeno ne parlavano continuamente come di una prassi abusiva. Inoltre vi sono testimonianze secondo cui gruppi di fedeli ortodossi, che divenivano cattolici, dovevano firmare una confessione di fede con un'indicazione espressa dell'impossibilità di un secondo matrimonio”.

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