Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

sabato 21 aprile 2012

Credo la resurrezione della carne


III DOMENICA DI PASQUA

     “Credo (che Gesù Cristo) … fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le scritture … Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà”. Sono queste le parole del Simbolo Niceno-Costantinopolitano con le quali noi affermiamo pubblicamente la nostra fede e concludiamo, dicendo: “Amen” – dall’ebraico ‘aman, che significa degno di fede, che ha consistenza, certamente, veramente -. Ogni Amen che diciamo, è una dichiarazione di fede. Noi affermiamo di credere che un giorno, dopo la nostra morte, ci attende un’esistenza nuova diversa, seppur in continuità con quella che stiamo vivendo; e che in quella vita noi entreremo con tutto ciò che siamo – non solo una parte di noi -. Noi crediamo la vita eterna che, non è semplicemente il susseguirsi di una serie infinita di giorni da calendario, ma è la definitiva immersione “nell’oceano dell’infinito amore di Dio, nel quale il tempo – il prima e il dopo – non esiste più”.[1] Ciò che affermiamo con la bocca, lo crediamo realmente?

     San Paolo si trova a un certo punto a dover discutere di questo con la Chiesa di Corinto, perché evidentemente più di uno, pur non negando la risurrezione di Gesù, metteva in dubbio quella degli altri morti. A costoro Paolo risponde: “se si annuncia che Cristo è risorto dai morti, come possono dire alcuni tra voi che non vi è risurrezione dei morti? Se non vi è risurrezione dei morti, neanche Cristo è risorto! Ma se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede”(1Cor 15,12ss).
     Quando il Signore appare agli Undici, insieme ai discepoli di Emmaus e agli altri dice: “Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. … «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro”(Lc 24,39ss). Guardate! Toccate! Sono verbi che hanno a che fare con qualcosa di estremamente concreto.
     Sempre Paolo, a un certo punto afferma: “Ma qualcuno dirà: «Come risorgono i morti? Con quale corpo verranno?». Stolto! Ciò che tu semini non prende vita, se prima non muore. … è seminato nella corruzione, risorge nell’incorruttibilità; è seminato nella miseria, risorge nella gloria; è seminato nella debolezza, risorge nella potenza; è seminato corpo animale, risorge corpo spirituale. … Ecco, io vi annuncio un mistero: … i morti risorgeranno incorruttibili e noi saremo trasformati. È necessario infatti che questo corpo corruttibile si vesta d’incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta d’immortalità” (1Cor 15,35ss). Niente di noi sarà buttato nell’inceneritore della storia.
     Sono citazioni lunghe, me ne rendo conto, ma sono essenziali, perché qui stiamo parlando delle fondamenta della nostra fede: Cristo è vincitore sulla morte per sé e per noi. Infatti “se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto per questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini (1Cor 15,19).
     Gesù quando entra in mezzo ai suoi dice: “La pace sia con voi” non sta facendo semplicemente un augurio, ma sta portando un dono. Dove giunge Cristo, giunge la pace, ma non dove giunge il “fantasma” di Cristo, cioè un essere impalpabile e vago. La pace di Cristo  non è certamente un’assenza di problemi o di difficoltà – questa è pura illusione, che porta inevitabilmente alla delusione -, ma una forza che viene dalla presenza in noi della Trinità, che ci fa essere vincitori su ciò che accade. Dove c’è la fede in Dio, prende dimora la speranza e con essa, la pace.
     A questa gente che ha visto e toccato, Gesù chiede di essere testimoni. Per poter essere portatori di pace, non è sufficiente che abbiamo sentito parlare di Dio o percepirlo come un’entità astratta e lontana, è necessario che Egli sia riuscito a entrare nella nostra casa e a farsi vedere e toccare da noi.
     Se Gesù riesce realmente a varcare la porta che ci separa da Lui; se riesce a superare le nostre barriere, niente rimane più come prima. Quando il Cristo giunge, possiamo dire con Paolo “se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove” (2Cor 5,17).



[1] Benedetto XVI, La gioia della fede, San Paolo 170

1 commento:

  1. “Le cose che occhio non vide, e che orecchio non udì, e che mai salirono nel cuore dell’uomo, sono quelle che Dio ha preparate per coloro che lo amano” (1 Corinzi 2:9).

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