XXXI DOMENICA T.O.
“Amerai
il Signore tuo Dio, con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta
la tua mente e con tutta la tua forza. … Amerai il tuo prossimo come te stesso”
(Mc 12,30s).
Giorgio Gaber cantava alcuni anni fa: “Parole che son come fiori, ma finti e senza
profumo”; il suo era un inno contro
le parole false o, meglio, svuotate di verità. Oggi dovremo confrontarci anche
noi con una parola “pesantissima”, che ci interpella: amore. Lasciamoci
provocare da quel cantautore, per evitare di cadere anche noi in parole che
sono solo vuota e illusoria apparenza.
Gesù non dice: “Amerai Dio o il prossimo”
– quasi che fossero in alternativa -, ma “Amerai Dio e il prossimo”. Anzi
l’evangelista Giovanni dirà una cosa ancora più forte: “chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha
conosciuto Dio, perché Dio è amore … Se uno dice: «Io amo Dio» e odia suo
fratello, è un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non
può amare Dio che non vede”(1Gv 4,7s;20).
Come faccio a capire se sto amando?
Ancora una volta ci soccorre Giovanni: “Figlioli, non amiamo a parole né con la
lingua, ma con i fatti e nella verità” (1Gv 3,18).
Guardiamo
con attenzione e con verità la nostra vita; impariamo a guardare i fatti. Come
siamo bravi a fissare lo sguardo sui “fatti” degli altri e sappiamo leggerli,
proviamo a fare altrettanto con noi stessi e lasciamo anche che, chi ci sta a
fianco ci aiuti. Un passo fondamentale nel cammino di guarigione sta nel
prendere coscienza di essere malati e capire poi quale malattia ci affligge.
Infatti, chi pensa di essere sano, non farà mai nessuna cura.
Penso che dobbiamo guardare quanto siamo
capaci di donare. Che cosa? il tempo; i pensieri (se sappiamo preoccuparci per gli altri); le cose; lo
spazio; il denaro; il sonno, il perdono, attenzione; ascolto …. Chi ama, in
sostanza, dona all’altro ciò che ha di proprio e di cui quello ha bisogno; ma
non si ferma lì, spesso giunge a rinunciare a qualcosa di sé, per il bene dell’altro.
Chi ama non misura il dono.
Se queste premesse, come credo, sono vere,
dobbiamo concludere che, chi dona ama, invece chi non dona, non ama. Chi
trattiene per sé, in realtà, non ama che se stesso. Chi non ama, usa l’altro
per sé; va dall’altro per prendere e quando non riceve ciò che cerca,
abbandona.
E’ inutile che mi illuda di amare una
persona se non sono mai disponibile a lasciarmi scomodare da lei.
Gesù è il modello dell’amore, colui con il
quale dobbiamo confrontarci, per capire come siamo messi: “Pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere
come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando
simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce” (Fil 2,6ss).
Gesù ha messo da parte se stesso per ciascuno di noi e oggi ci dice: “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato
voi”.
“Seduto
di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne
gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno
un soldo. Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi
dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri.
Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua
miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere»
(Mc 12,41ss). Contemplando il gesto di quella poveretta, Gesù coglie l’amore;
ella da’ tutto ciò che ha, cioè rinuncia al proprio benessere per regalarlo a
Dio. Voi direte: “Si, ma ha dato pochissimo”. No, in realtà ha dato moltissimo,
perché non ha risparmiato nulla.
Il principio del dono, vale anche nei
rapporti col Signore. Se a Lui riserviamo gli avanzi di noi stessi, quando va
bene, dobbiamo chiederci se c’è l’amore. A chi amiamo non riserviamo gli
avanzi, bensì le primizie. “Offrite un
animale cieco in sacrificio, non è forse un male? Quando voi offrite un animale
zoppo o malato, non è forse un male? Offritelo pure al vostro governatore:
pensate che sarà soddisfatto di voi o che vi accoglierà con benevolenza?”
(Mal 1,8).
Scriveva Shenouda III (patriarca Copto): “Come fa l’uomo ad amare veramente un altro
essere senza conoscerlo e vederlo? Rivela te stesso a me, perché possa
conoscerti, non attraverso gli uomini o i libri, ma mediante la conoscenza di
ciò che abbiamo visto con i nostri occhi e toccato con le nostre mani. … Vieni dunque e non aspettarmi poiché
l’attesa potrebbe essere lunga”. Ringrazio anche il Signore per avere messo
sulla mia strada persone che mi hanno mostrato – anche se non sono capace di
imitarli - cosa significa amare Dio e gli uomini.
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