Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

sabato 22 dicembre 2012

Anche tu puoi



IV DOMENICA DI AVVENTO

     Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente” (Lc 1,49). Nessuno che lo dice esplicitamente, ma noi, tra le righe, riusciamo a riconoscere la sovrabbondanza di gioia in questo incontro tra donne e madri. Elisabetta grida il suo entusiasmo; Giovanni battista danza di gioia nell’utero di sua madre; Maria esulta.

     E’ l’anticipo di ciò che prometterà Gesù da adulto, quando dirà: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli” (Mt 5,3). I poveri in spirito sono quelli come Maria ed Elisabetta; persone che   sanno  fare spazio a Dio – anche fisicamente -, Che non lo ostacolano nei suoi disegni; che non gli pongono limiti. Non è che non abbiano dei legittimi timori – del resto quando Dio coinvolge nei suoi grandi progetti, come vere paura di essere inadeguati? -, ma sanno dire: “Eccomi! Tu sai chi sono; vedi quanto sono fragile e debole, ma fai con me ciò che credi”.
     In questi “poveri” Dio può fare casa, andare ad abitare in loro e da lì regnare. E’ gente che gli lascia la porta aperta, perché sa che, in realtà, la loro vita non gli appartiene e Dio ha il diritto di entrare e fare ciò che vuole. Di più, esse sanno che, solamente se Dio entra e fa quel che vuole, possono giungere alla vita piena.
     San Paolo, scrivendo agli Efesini afferma: “Egli (Cristo)  è la nostra pace” (2,14). Cos’è questa pace? Il termine ebraico che traduciamo con “pace” è shalom che ha un significato ben più ricco di ciò che normalmente intendiamo essa certamente veicola anche il significato di "pace", ma non nel senso di assenza di conflitto; connota piuttosto uno stato o modo di essere che può essere definito e come: star-bene, felicità, sicurezza, totalità, condizione di tranquillità, di ordine, pienezza, perfezione, armonia, integrità, totalità, compiutezza, interezza. Cristo è allora la nostra pace, perché è l’unico che può dare compimento, pienezza, realizzazione all’esistenza dell’essere umano. Senza di Lui tutto è incompiuto e dove manca il compimento non può esserci gioia. Sant’Agostino scrive: “Il nostro cuore è inquieto finché non riposta in te”  (Agostino,  Le confessioni, I).
     Dove giunge la Verità, la Bellezza, il Sole che sorge, l’Amore, non può non giungere anche la gioia. Attenzione! Non confondiamo la gioia con quel vago sentimento passeggero che ci offre il mondo, a poco prezzo, frutto di cose materiali e successi umani. La gioia che viene da Dio è una realtà profonda e misteriosa, che permane nonostante le circostanze esterne a volte avverse.
     Essa non è il frutto di un’esistenza tranquilla, senza rischi e problemi, ma germoglia nonostante i rischi e i problemi, perché  è il frutto di una presenza che tiene viva la speranza e dà la consapevolezza di essere in buone mani. Il Salmista canta questa certezza quando scrive: “Pur se andassi in una valle oscura non temerei alcun male, perché tu sei con me, Signore”.
     Chi cerca la gioia umana, farà di tutto per evitare i rischi e le difficoltà, perdendo così anche delle straordinarie occasioni di vita, mentre chi cerca la gioia nel Signore, si lascia condurre da Lui nelle fatiche inevitabili dell’esistenza.
     Tu o Signore, conosci il nostro limite e inadeguatezza, però ti diciamo: “Vieni! Nasci nella mia carne. Non avere paura della mia povertà”.

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