SANTA FAMIGLIA
Scrive l’evangelista san Giovanni: “In principio era il Verbo, e il Verbo era
presso Dio e il Verbo era Dio … E il
Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,1;14).
Sappiamo molto bene che Dio poteva scegliere molti modi, per noi impensabili,
per rendersi visibile ai nostri occhi – soprattutto modi più “degni” della Sua
grandezza -, eppure ha voluto entrare nella nostra storia attraverso il corpo
di carne di una giovane donna, sposa di un uomo di nome Giuseppe.
Non possiamo archiviare con troppa
superficialità questa notizia: Dio ha voluto salvarci, passando per una
famiglia; non è semplicemente un dato storico, oramai superato: Dio ha voluto
dirci qualcosa.
Scrive il celebre storico Arnold Toynbee: “La distruzione che in passato ha
sopraffatto molte civiltà non è mai stata il risultato del lavoro di un’entità
esterna, ma ha sempre avuto l’aspetto di un suicidio”. Questo significa
che, prima di cercare un nemico esterno alla crisi di una società, bisogna
chiedersi se non sia la società stessa a essere diventata così fragile, a causa
delle proprie scelte, da rendersi
particolarmente vulnerabile all’azione del fattore esterno.
Per intenderci meglio: nel mio studio c’è un armadio che i tarli
stanno rosicchiando all’interno e ciò lo porterà piano piano a un indebolimento strutturale; questo
significa che prima o poi, basterà solamente appoggiarvisi per vederlo
crollare. Certo che, allora, io sarò la causa apparente della rovina del mobile,
ma in realtà la vera causa saranno stati i tarli. Non sono io il nemico del “mobile”,
ma i tarli; sono essi che devono essere vinti.
Nella sua azione distruttrice del progetto
di Dio, il maligno si serve da sempre di
ogni mezzo. Scrive san Cipriano di Cartagine: “Ora, bisogna guardarsi non solo dai pericoli aperti e manifesti, ma pure
dalle insidie tese con l’astuzia sottile dell’imbroglio”. Il maligno sa benissimo che se ci attacca
frontalmente, noi ci difendiamo, perché quando il pericolo è manifesto, la
difesa diventa immediata. Per questo usa l’astuzia. Per essere più chiari, usando
la precedente immagine del mobile, invece di abbatterlo a colpi d’ascia, gli
inocula una grande quantità di tarli.
San Cipriano ricorda che “quel
nemico, vedendo i suoi idoli abbandonati, e disertati i suoi templi e le sue
sedi a causa del gran numero dei credenti, ha escogitato un nuovo inganno
quello cioè di far cadere gli imprudenti presentandosi con l’etichetta del nome
cristiano. Ha inventato, cosi, le eresie e gli scismi per sovvertire la fede,
per corrompere la verità, per spezzare l’unità. … Cosi costoro finiscono per chiamarsi
cristiani senza però osservare la legge del Vangelo di Cristo; e mentre
camminano nelle tenebre, pensano di stare nella luce” (L’unità della Chiesa). Il maligno prima
si è servito del paganesimo, scrive il santo vescovo e, una volta che Cristo lo
ha vinto, ha introdotto la divisione nella Chiesa con le eresie.
Il maligno combatte tutto ciò che ostacola la sua opera e non fa sconti;
tutto il male che gli è possibile lo compie e se si ferma un istante è solo
perché gli conviene.
La Chiesa è la sua acerrima
nemica e da duemila anni cerca in ogni modo di devastarla – ma Gesù ha promesso
che “le porte degli inferi non
prevarranno contro di essa” -; un’altra grande nemica è proprio la
famiglia. Egli sa benissimo che essa è il luogo fondamentale dove nasce, cresce
e si dona l’amore e, per questo non c’è niente di più pericoloso. Quando parlo d'amore, intendo quella capacità di porre l'altro al centro dell'esistenza e non la sua negazione, ossia mettere sé al centro dell'esistenza altrui. Il maligno è
indifferente a tutto ciò che non gli crea problemi; se attacca qualcosa o
qualcuno è perché gli è d’ostacolo.
Come in altri casi, egli fa si che non si cambi il nome alle cose, ma il
contenuto. Da questo punto di vista ha grande fantasia – chiama guerra
preventiva, un attacco offensivo e non difensivo; aborto, l’omicidio del
proprio figlio; morte degna, l’eliminazione attiva di un malato; difesa della
razza, l’eliminazione di tutti gli imperfetti; famiglia, ogni tipo di
convivenza. -. Anche in quest’ultimo caso, la sua opera consiste nel mantenere
la parola “famiglia”, svuotandola però di ogni suo vero contenuto, per
riempirla poi di altre cose. Se vuole salvare il nome, ma cambiarne il
contenuto, avrà pur le sue buone ragioni?
Ora invece noi cristiani dobbiamo fermarci un attimo, e chiederci: cosa
intende il Signore Dio per famiglia?
Ancora una volta ascoltiamo san Cipriano: “Del resto, come può dire di credere in
Cristo colui che non fa ciò che Cristo ha comandato di fare? o come giungerà al
premio della fede, colui che non vuole star fedele ai comandamenti? Costui
necessariamente ondeggerà disorientato, e, in balia dello spirito dell’errore,
sarà come la polvere che il vento solleva e si porta via qua e là. Non potrà
certo avanzare nel cammino verso la sua salvezza, colui che non si mette sulla
vera via della salvezza” (L’unità
della Chiesa).
Ecco le parole della Genesi: “E il Signore Dio disse: «Non è bene che
l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda». Allora il Signore
Dio plasmò dal suolo ogni sorta di animali selvatici e tutti gli uccelli del
cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque
modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere
il suo nome. 20Così l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a
tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli animali selvatici, ma per l’uomo non
trovò un aiuto che gli corrispondesse. … Il Signore Dio formò
con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo. Allora
l’uomo disse: «Questa volta è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne. La si
chiamerà donna, perché dall’uomo è stata tolta». Per questo l’uomo lascerà suo
padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne”
(Gen 2,18ss).
Questa è la strada che il Signore ci
propone di percorrere; questa noi vogliamo percorrere, sapendo benissimo che
tra “il dire e il fare c’è di mezzo il
mare”. Chiediamo al Signore la misericordia per la nostra fragilità, ma nel
contempo gli confermiamo che vogliamo essere suoi cooperatori nella salvezza
del mondo.
Ancora una volta metti in risalto il problema della responsabilità (..i tarli...). Tutto ciò è vero, noi spesso dimentichiamo di guardarci dentro, perchè siamo troppo protesi a giudicare e a condannare l'altro e, questo atteggiamento ci impedisce di vedere le nostre colpe. Qui, secondo me, ha grande spazio di lavoro il maligno, che sà, abilmente approfittare delle nostre debolezze, impedendoci di prendere coscienza delle nostre miserie. Anna
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