di Silvano del Monte Athos
Adamo,
padre dell’umanità, in paradiso conobbe la dolcezza dell’amore di Dio; così,
dopo esser stato cacciato dal paradiso a causa del suo peccato e aver perso l’amore
di Dio, soffriva amaramente e levava profondi gemiti.
Il
deserto intero riecheggiava dei suoi singhiozzi.
La
sua anima era tormentata da un unico pensiero: “Ho amareggiato il Dio che amo”.
Non
l’Eden, non la sua bellezza rimpiangeva, ma la perdita dell’amore di Dio che a
ogni istante attrae insaziabilmente l’anima a Dio.
Così
ogni anima, che ha conosciuto Dio nello Spirito santo e ha poi smarrito la
grazia, prova lo stesso dolore di Adamo.
L’anima
soffre e si tormenta per aver amareggiato il Signore che ama.
Adamo
gemeva, sperduto su una terra che non gli procurava gioia; aveva nostalgia di
Dio e gridava:
“L’anima
mia ha sete del Signore, in lacrime lo cerco. Come potrei non cercarlo?
“Quando
ero con Dio, l’anima mia si rallegrava nella pace e l’avversario non poteva
farmi alcun male. Ora invece lo spirito malvagio si è impadronito di me e
tormenta l’anima mia. Ecco perché l’anima mia si strugge per il Signore fino a
morire e non accetta conforto alcuno; il mio spirito anela a Dio e nulla di
terreno lo consola; ho desiderio ardente di rivedere Dio (cf. Sal 42,2 ss.), di
goderlo fino a saziarmene.
“Nemmeno
per un attimo posso dimenticarmi di lui, l’anima mia langue per lui, gemo dal
grande dolore. Abbi pietà di me, o Dio, pietà della tua creatura caduta”.
Così
gemeva Adamo, e un fiume di lacrime gli solcava il volto, scorreva sul petto e
cadeva a terra. Il deserto intero riecheggiava dei suoi singhiozzi.
Bestie e uccelli
erano ammutoliti di dolore.
E
Adamo gemeva: per il suo peccato tutti avevano perduto la pace e l’amore.
Grande
fu il dolore di Adamo dopo la cacciata dal paradiso, ma più grande ancora
quando vide il figlio Abele ucciso da Caino. Per l’immane sofferenza piangeva,
pensando: “Allora da me usciranno popoli, si moltiplicheranno sulla terra, ma
solo per soffrire tutti, per vivere nell’inimicizia e uccidersi a vicenda”
Come
oceano immenso era il suo dolore: solo le anime che hanno conosciuto il Signore
e il suo ineffabile amore possono capirlo.
Io
pure ho perso la grazia, e con Adamo imploro: “Abbi pietà di me, Signore.
Donami lo spirito di umiltà e di amore”.
Come
è grande l’amore del Signore! Chi ti ha conosciuto non si stanca di cercarti, e
giorno e notte grida: “Desidero te, Signore, in lacrime ti cerco. Come potrei
non cercarti? Sei tu che mi hai permesso di conoscerti nello Spirito santo e
ora questa divina conoscenza attira incessantemente la mia anima a te”.
Adamo piangeva:
“Il silenzio del
deserto,
non mi rallegra.
La bellezza di
boschi e prati,
non mi dà
riposo.
Il canto degli
uccelli,
non lenisce il
mio dolore.
Nulla, più nulla
mi dà gioia.
L’anima mia è
affranta
da un dolore
troppo grande.
Ho offeso Dio,
il mio amato.
E se ancora il
Signore
mi accogliesse
in paradiso,
anche là
piangerei e soffrirei.
Perché ho
amareggiato il Dio che amo”.
Adamo,
cacciato dal paradiso, sentiva sgorgare dal cuore trafitto fiumi di lacrime.
Così piange ogni anima che ha conosciuto Dio e gli dice:
“Dove
sei, Signore?
Dove
sei, mia luce?
Dove
si è nascosta la bellezza del tuo volto?
Da
troppo tempo l’anima mia
non
vede la tua luce,
afflitta
ti cerca.
Nell’anima
mia non lo vedo. Perché?
In
me non dimora. Cosa glielo impedisce?
In
me non c’è l’umiltà di Cristo
né
l’amore per i nemici”.
Sconfinato,
indescrivibile amore: questo è Dio.
Adamo
andava errando sulla terra: nel cuore lacrime amare, la mente continuamente in
Dio. E quando il corpo esausto non aveva più lacrime da piangere, era lo
spirito ad ardere per Dio, non potendo dimenticare il paradiso e la sua
bellezza. Ma l’anima di Adamo amava Dio più di ogni altra cosa e, forte di
questo amore, a lui incessantemente anelava.
Adamo,
di te io scrivo; ma tu vedi che troppo debole è la mia mente per capire
l’ardore del tuo desiderio di Dio e il peso della tua penitenza.
Adamo,
tu vedi quanto io, tuo figlio, soffro sulla terra. In me non c’è più fuoco
ormai, la fiamma del mio amore si sta spegnendo.
Adamo,
canta per noi il cantico del Signore: l’anima mia esulti di gioia nel Signore
(cf. Lc 1,47), si levi a cantarlo e glorificarlo, come nei cieli lo lodano i
cherubini, i serafini e tutte le potenze celesti.
Adamo,
nostro padre, canta per noi il cantico del Signore: tutta la terra lo senta,
tutti i tuoi figli levino i loro cuori a Dio, gioiscano al dolce suono
dell’inno del cielo, dimentichino le sofferenze della terra.
Adamo,
nostro padre, narra il Signore a noi, tuoi figli! L’anima tua conosceva Dio,
conosceva la dolcezza e la gioia del paradiso. E ora tu dimori nei cieli e
contempli la gloria del Signore.
Narraci
come il Signore nostro è glorificato per la sua passione, come vengono cantati
i cantici in cielo, come sono dolci gli inni proclamati nello Spirito santo.
Narraci
la gloria di Dio, quanto è misericordioso, quanto ama la sua creatura.
Narraci
della santa Madre di Dio, quanto è esaltata nei cieli, quali inni la proclamano
beata.
Narraci
come gioiscono i santi lassù, come risplendono di grazia, come amano il
Signore, con quale santa umiltà stanno davanti al suo trono.
Adamo,
consola e rallegra le nostre anime affrante.
Narraci: cosa
vedi nei cieli?
Non rispondi?
Perché questo
silenzio?
Eppure, la terra
intera è avvolta di sofferenza.
Tanto
ti assorbe l’amore divino da non poterti ricordare di noi?
Oppure
vedi la Madre di Dio nella gloria e non puoi distogliere gli occhi da quella
celeste visione e per questo lasci i tuoi figli nella desolazione, orfani di
una parola di affetto? È per questo che non ci consoli e non ci permetti di
scordare le amarezze della nostra vita terrena?
Adamo, nostro
padre, non rispondi?
Il dolore dei
tuoi figli sulla terra tu lo vedi.
Perché dunque
questo silenzio? Perché?
Adamo risponde:
“Figli
miei, amati, non turbate la mia pace. Non posso distogliermi dalla visione di
Dio. L’anima mia, ferita dall’amore del Signore, si delizia della sua bontà.
Chi vive nella luce del volto del Signore non può ricordarsi delle cose
terrene”.
Adamo,
nostro padre, hai forse abbandonato noi, tuoi figli ormai orfani? Ci hai
lasciati immersi nell’abisso dei mali della terra?
Narraci: come
piacere a Dio?
Ascolta
i tuoi figli dispersi sulla terra: il loro spirito si disperde nei pensieri del
loro cuore (cf. Lc 1,5 1) e non può accogliere la divinità. Molti si sono
allontanati da Dio, vivono nelle tenebre e camminano verso gli abissi
dell’inferno.
“Non
turbate la mia estasi. Contemplo la Madre di Dio nella gloria e non posso
distrarre la mente da questa visione per parlare con voi. Contemplo anche i
santi profeti e apostoli e sono pervaso di stupore perché li vedo in tutto simili
al Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio.
“Cammino
nell’Eden e ovunque contemplo la gloria del Signore: egli vive in me e mi ha
reso simile a lui. A tal punto il Signore glorifica l’uomo!”.
Adamo,
parla con noi! Siamo tuoi figli e qui sulla terra soffriamo.
Narraci
come ereditare il paradiso, affinché noi pure, come te, possiamo contemplare la
gloria del Signore. Le anime nostre soffrono per la lontananza dal Signore,
mentre tu nei cieli ti rallegri ed esulti nella gloria divina.
Ti supplichiamo:
consolaci!
“Figli miei,
perché gridate a me?
“Il
Signore vi ama e vi ha dato i comandamenti della salvezza. Osservateli,
soprattutto amatevi gli uni gli altri (cf. Gv 13,34): così troverete riposo in
Dio. In ogni istante pentitevi dei vostri peccati: così sarete ritenuti degni
di andarvene incontro a Cristo. Il Signore ha detto: ‘Amo quelli che mi amano’
(cf. Gv 14,21) e ‘glorificherò quelli che mi glorificano’ (1Sam 2,30)”.
Adamo, prega per
noi, tuoi figli!
L’anima nostra è
oppressa da molti mali.
Adamo,
nostro padre, nei cieli tu contempli il Signore che è seduto nella gloria alla
destra del Padre; vedi i cherubini, i serafini e i santi tutti; ascolti canti
celesti e l’anima tua è rapita da tanta dolcezza. Ma noi, quaggiù, esclusi
dalla grazia, siamo costantemente afflitti e abbiamo sete di Dio.
Si
estingue in noi il fuoco dell’amore del Signore, siamo oppressi dal peso delle
nostre colpe. Una tua parola ci sia di conforto; canta a noi un canto che
ascolti nei cieli: lo senta la terra intera e gli uomini tutti dimentichino le
loro miserie.
Adamo, la
tristezza ci opprime!
“Figli
miei, non turbate la mia pace. Passato è il tempo delle mie sofferenze. Nella
dolcezza dello Spirito santo e nelle delizie del paradiso, come ricordarmi
della terra?
“Questo
solo vi dirò: Il Signore vi ama: vivete nell’amore! ‘Obbedite ai vostri
superiori’ (Eb 13,17), umiliate i vostri cuori.
“Lo
Spirito di Dio allora porrà la sua tenda in voi (cf . Gv 1,14). Viene nella
quiete e all’anima dona pace; muto (cf. Sal 19,4), testimonia la sua salvezza.
“Cantate
a Dio con amore e umiltà di spirito: di questo si rallegra il Signore”.
Adamo, nostro
padre, che fare?
Cantare,
cantiamo. Ma in noi né amore né umiltà.
“Pentitevi
davanti al Signore, e pregate. Concederà ogni cosa agli uomini che tanto ama
(cf. Gv 3,16). Anch’io mi sono pentito e ho sofferto per aver amareggiato il
Signore, perché per i miei peccati la pace e la gioia erano state tolte dalla
faccia della terra. Un fiume di lacrime solcava il mio volto, mi scorreva sul
petto e cadeva a terra; il deserto intero riecheggiava dei miei singhiozzi. Non
potete penetrare l’abisso della mia afflizione, né il mio pianto a causa di Dio
e del paradiso. In paradiso ero felice: lo Spirito di Dio mi colmava di gioia,
mi preservava libero da sofferenze.
“Ma,
cacciato dal paradiso,
fiere
e uccelli, che prima mi amavano,
presero
a temermi e a fuggire lontano;
pensieri
malvagi mi laceravano il cuore;
freddo
e fame mi tormentavano;
il
sole mi bruciava,
il
vento mi sferzava,
la
pioggia mi inzuppava:
ero
sfinito dalle malattie
e
da tutte le disgrazie della terra.
Ma
tutto sopportavo, sperando in Dio
contro
ogni speranza (cf. Rm 4,18).
“Figli
miei, sopportate anche voi le fatiche della penitenza; amate le afflizioni;
sottomettete il corpo con l’ascesi e la sobrietà; umiliatevi e amate i nemici
(cf. Mt 5,44): lo Spirito santo dimorerà in voi. Allora conoscerete e troverete
il regno di Dio.
“Ma
non turbate la mia pace. Per l’amore di Dio non posso ricordarmi della terra.
Ho dimenticato tutte le cose terrene, persino lo stesso paradiso da me perduto,
perché contemplo la gloria eterna del Signore e la gloria dei santi che
risplendono della stessa luce del volto di Dio”.
Adamo,
canta per noi, cantaci il canto celeste: la terra intera lo ascolti e goda della
pace di Dio. Sono inni soavi, cantati nello Spirito santo e noi desideriamo
ascoltarli.
Adamo
aveva perduto il paradiso terrestre. In lacrime lo cercava:
“Paradiso
mio, paradiso mio, paradiso meraviglioso!”.
Ma
il Signore nel suo amore gli fece dono, sulla croce (cf. Lc 23,43), di un
paradiso migliore di quello perduto, un paradiso celeste dove rifulge la luce
increata della santa Trinità.
Come
contraccambiare l’amore del Signore per noi (cf. Sal 116,12)?
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