Prima di tutto ringrazio di cuore quello che il mio Fratello Andrea [n.d.r.
il Patriarca Ecumenico Bartolomeo I] ci ha detto.
Grazie tante! Grazie tante!
È motivo di particolare gioia incontrarmi oggi con voi, Delegati delle Chiese
Ortodosse, delle Chiese Ortodosse Orientali e delle Comunità ecclesiali di
Occidente. Vi ringrazio per avere voluto prendere parte alla celebrazione che ha
segnato l’inizio del mio ministero di Vescovo di Roma e Successore di Pietro.
Ieri mattina, durante la Santa Messa, attraverso le vostre persone ho
riconosciuto spiritualmente presenti le comunità che rappresentate. In questa
manifestazione di fede mi è parso così di vivere in maniera ancor più pressante
la preghiera per l’unità tra i credenti in Cristo e insieme di vederne in
qualche modo prefigurata quella piena realizzazione, che dipende dal piano di
Dio e dalla nostra leale collaborazione.
Inizio il mio ministero apostolico durante quest’anno che il mio venerato
predecessore, Benedetto XVI, con intuizione veramente ispirata, ha proclamato
per la Chiesa cattolica
Anno della fede. Con questa iniziativa, che
desidero continuare e spero sia di stimolo per il cammino di fede di tutti, egli
ha voluto segnare il 50° anniversario dell’inizio
del
Concilio Vaticano II, proponendo una sorta di pellegrinaggio verso ciò che
per ogni cristiano rappresenta l’essenziale: il rapporto personale e
trasformante con Gesù Cristo, Figlio di Dio, morto e risorto per la nostra
salvezza. Proprio nel desiderio di annunciare questo tesoro perennemente valido
della fede agli uomini del nostro tempo, risiede il cuore del messaggio
conciliare.
Insieme con voi non posso dimenticare quanto quel Concilio abbia significato per
il cammino ecumenico. Mi piace ricordare le parole che il beato Giovanni XXIII,
di cui ricorderemo tra breve il 50° della scomparsa,
pronunciò nel memorabile
discorso di inaugurazione: «La Chiesa Cattolica ritiene
suo dovere adoperarsi attivamente perché si compia il grande mistero di
quell’unità che Cristo Gesù con ardentissime preghiere ha chiesto al Padre
Celeste nell’imminenza del suo sacrificio; essa gode di pace soavissima, sapendo
di essere intimamente unita a Cristo in quelle preghiere» (AAS 54 [1962],
793). Questo Papa Giovanni.
Sì, cari fratelli e sorelle in Cristo, sentiamoci tutti intimamente uniti alla
preghiera del nostro Salvatore nell’Ultima Cena, alla sua invocazione: ut
unum sint. Chiediamo al Padre misericordioso di vivere in pienezza quella
fede che abbiamo ricevuto in dono nel giorno del nostro Battesimo, e di poterne
dare testimonianza libera, gioiosa e coraggiosa. Sarà questo il nostro migliore
servizio alla causa dell’unità tra i cristiani, un servizio di speranza per un
mondo ancora segnato da divisioni, da contrasti e da rivalità. Più saremo fedeli
alla sua volontà, nei pensieri, nelle parole e nelle opere, e più cammineremo
realmente e sostanzialmente verso l’unità.
Da parte mia, desidero assicurare, sulla scia dei miei Predecessori, la ferma
volontà di proseguire nel cammino del dialogo ecumenico e ringrazio sin d’ora il
Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, per l’aiuto che
continuerà ad offrire, in mio nome, per questa nobilissima causa. Vi chiedo,
cari fratelli e sorelle, di portare il mio cordiale saluto e l’assicurazione del
mio ricordo nel Signore Gesù alle Chiese e Comunità cristiane che qui
rappresentate, e domando a voi la carità di una speciale preghiera per la mia
persona, affinché possa essere un Pastore secondo il cuore di Cristo.
Ed ora mi rivolgo a voi distinti rappresentanti del popolo ebraico, al quale ci
lega uno specialissimo vincolo spirituale, dal momento che, come afferma il
Concilio Vaticano II, «la Chiesa di Cristo riconosce che gli inizi della sua
fede e della sua elezione si trovano già, secondo il mistero divino della
salvezza, nei patriarchi, in Mosè, e nei profeti» (Decr.
Nostra aetate,
4). Vi ringrazio della vostra presenza e confido che, con l’aiuto
dell’Altissimo, potremo proseguire proficuamente quel fraterno dialogo che il
Concilio auspicava (cfr ibid.) e che si è effettivamente realizzato,
portando non pochi frutti, specialmente nel corso degli ultimi decenni.
Saluto poi e ringrazio cordialmente tutti voi, cari amici appartenenti ad altre
tradizioni religiose; innanzitutto i Musulmani, che adorano Dio unico, vivente e
misericordioso, e lo invocano nella preghiera, e voi tutti. Apprezzo molto la
vostra presenza: in essa vedo un segno tangibile della volontà di crescere nella
stima reciproca e nella cooperazione per il bene comune dell’umanità.
La Chiesa cattolica è consapevole dell’importanza che ha la promozione
dell’amicizia e del rispetto tra uomini e donne di diverse tradizioni religiose
- questo voglio ripeterlo: promozione dell’amicizia e del rispetto tra
uomini e donne di diverse tradizioni religiose - lo attesta anche il prezioso
lavoro che svolge il
Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. Essa è
ugualmente consapevole della responsabilità che tutti portiamo verso questo
nostro mondo, verso l’intero creato, che dobbiamo amare e custodire. E
noi possiamo fare molto per il bene di chi è più povero, di chi è debole e di
chi soffre, per favorire la giustizia, per promuovere la riconciliazione, per
costruire la pace. Ma, soprattutto, dobbiamo tenere viva nel mondo la sete
dell’assoluto, non permettendo che prevalga una visione della persona umana ad
una sola dimensione, secondo cui l’uomo si riduce a ciò che produce e a ciò che
consuma: è questa una delle insidie più pericolose per il nostro tempo.
Sappiamo quanta violenza abbia prodotto nella storia recente il tentativo di
eliminare Dio e il divino dall’orizzonte dell’umanità, e avvertiamo il valore di
testimoniare nelle nostre società l’originaria apertura alla trascendenza che è
insita nel cuore dell’uomo. In ciò, sentiamo vicini anche tutti quegli uomini e
donne che, pur non riconoscendosi appartenenti ad alcuna tradizione religiosa,
si sentono tuttavia in ricerca della verità, della bontà e della bellezza, questa
verità, bonta e bellezza di Dio, e che sono nostri preziosi alleati
nell’impegno a difesa della dignità dell’uomo, nella costruzione di una
convivenza pacifica fra i popoli e nel custodire con cura il creato.
Cari amici, grazie ancora per la vostra presenza. A tutti vada il mio cordiale
e fraterno saluto.
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