Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

lunedì 25 marzo 2013

Un po' per giorno, leva il "medico" di torno: INVITO A PENITENZA - San Giovanni Crisostomo



Non disperare perciò di poter tornare ottimo. Se il diavolo ha avuto tanta forza da potere, da quell’alta cima di virtù, trascinarti all’estremo del male, molto più Dio ha forza di tirarti su un’altra volta alla fidanza d’un tempo, e non solo questo, ma farti molto più felice di prima.
Soltanto, non ti avvilire, non rinunziare alla speranza, non avere sentimenti di empietà. Non è la moltitudine dei peccati che induce a disperare, ma l’avere un animo empio. Per questo Salomone non disse già che disprezza Dio chiunque è caduto nell’abisso dei peccati, ma solo l’empio. Solo questi hanno tali sentimenti, che non li lasciano guardare in alto e risalire là donde sono caduti. Questo sciagurato sentimento infatti è come un giogo posto sul collo dell’anima, che la costringe a guardare in giù e le impedisce di levare gli occhi al suo Signore. Ma un uomo generoso e nobile deve spezzare questo giogo e ributtare il carnefice che glielo ha imposto e dire col profeta: Come gli occhi d’una ancella sono volti alle mani della sua padrona, così gli occhi nostri al Signore Dio nostro, fino a che abbia pietà di noi. Usaci misericordia, o Signore, usaci misericordia, perché siamo colmi di abiezione.
Davvero questi sono insegnamenti divini e verità della sapienza celeste. Siamo proprio colmi di abiezione e sottostiamo a mali innumerabili, ma ciononostante non cessiamo di guardare a Dio, né smettiamo di pregarlo fino a che abbia accolto la nostra domanda. Questo è segno di animo grande, non abbattersi, non disperare per quanti ostacoli ci siano, non cedere anche se dopo molte preghiere nulla si è ottenuto, ma perseverare fino a che Dio ci usi compassione, come dice il beato David.
Per questo il diavolo ci vuole condurre a pensieri di disperazione per troncarci la speranza in Dio, ancora salda, cui sta attaccata la nostra vita, guida che ci conduce per mano alla via del cielo, salvezza delle anime perdute. Infatti, come dice l’Apostolo, siamo salvi con la speranza. Essa è appunto come una catena robusta, calata dal cielo, che porta le anime nostre e che pian piano tira lassù quelli che si tengono fortemente attaccati a essa, levandosi fuori dalla bufera dei mali di questa vita. Ma se uno s’infiacchisce e lascia andare quest’ancora sacra, subito precipita e affoga nell’abisso della malvagità. Per questo il maligno diavolo, quando ci vede aggravati dalla coscienza delle nostre male azioni, viene ad aggiungervi il pensiero della disperazione, grave più che il piombo; e se noi lo accogliamo, necessariamente con simile peso saremo tirati giù e staccati da quella catena, piomberemo nell’abisso dei mali. In questo abisso tu pure ora ti trovi, per aver rigettato i precetti del tuo mite e umile Signore e aver seguito invece tutti quelli del feroce tiranno, nemico irreconciliabile della nostra salute, spezzato il giogo soave, gettato lontano il carico leggero e in loro vece ti sei fatto incatenare con ceppi di ferro e ti sei legata al collo una macina pesantissima. Come potrai ora evitare che l’infelice anima tua sprofondi sempre più, dal momento che ti sei messo nella necessità di scendere sempre più basso? La donna che aveva ritrovato la dramma perduta, chiamava le vicine a partecipare alla sua gioia, dicendo: Rallegratevi con me. Io invece chiamo ora tutti gli amici miei e tuoi non a rallegrarsi, ma a gemere con me e dico: Piangiamo insieme e alziamo lamenti. Una gravissima sventura ci è venuta addosso, non perché abbiamo perduto gran somma d’oro o molte pietre preziose, ma perché il migliore di quanti con noi navigavano in questo vasto mare, è caduto, non so come, in acqua e si è sprofondato nell’abisso.
 
 

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