II DOMENICA PASQUA
E’ domenica sera (il primo giorno della
settimana), sono passati appena tre giorni dalla barbara umiliazione e
uccisione di Gesù e i suoi discepoli se ne stanno rinchiusi, hanno paura. Per
tre anni hanno vissuto con entusiasmo un’avventura esaltante, insieme a Gesù,
ora però sono profondamente confusi, perché tutto sembra essere irrimediabilmente
finito: Gesù di Nazaret è morto.
La paura, la delusione, la confusione, il
senso di fallimento sono inevitabili quando ci si dimentica o si nega che
Cristo è, sì morto, ma è risorto e ora vive; perché se Cristo non è risorto,
noi siamo SOLI. Invece, la Chiesa non è
sola ad affrontare la storia; ognuno di noi non è solo. Scrive san
Giovanni: «Non temere! Io sono il Primo e
l’Ultimo, e il Vivente. Ero morto, ma ora vivo per sempre e ho le chiavi della
morte e degli inferi» (Ap 1,19).
Lunedì dell’Angelo il Papa ha
detto: “Senza questa fede nella morte e nella risurrezione di Gesù la nostra
speranza sarà debole, ma non sarà neppure speranza … Purtroppo … anche fra gli
stessi credenti si sono insinuati dubbi (a causa della ) … fede “all’acqua
di rose”… . E questo per superficialità, a volte per indifferenza, occupati da
mille cose che si ritengono più importanti della fede, oppure per una visione
solo orizzontale della vita. Ma è proprio la Risurrezione che ci apre alla
speranza più grande, … . E questo porta a vivere con più fiducia le realtà
quotidiane, affrontarle con coraggio e con impegno. … La Risurrezione di Cristo
è la nostra forza!” (Papa
Francesco, al Regina Coeli).
Nella sua ultima udienza generale l’amato
Benedetto XVI affermava: “E’ stato un
tratto di cammino della Chiesa che ha avuto momenti di gioia e di luce, ma
anche momenti non facili; mi sono sentito come san Pietro con gli Apostoli
nella barca sul lago di Galilea: il Signore ci ha donato tanti giorni di sole e
di brezza leggera, giorni in cui la pesca è stata abbondante; vi sono stati
anche momenti in cui le acque erano agitate ed il vento contrario, come in tutta
la storia della Chiesa, e il Signore sembrava dormire. Ma ho sempre saputo che
in quella barca c’è il Signore e ho sempre saputo che la barca della Chiesa non
è mia, non è nostra, ma è sua. E il Signore non la lascia affondare; è Lui che
la conduce, certamente anche attraverso gli uomini che ha scelto, perché così
ha voluto. Questa è stata ed è una certezza, che nulla può offuscare. Ed è per
questo che oggi il mio cuore è colmo di ringraziamento a Dio perché non ha
fatto mai mancare a tutta la Chiesa e anche a me la sua consolazione, la sua
luce, il suo amore”. Se davvero sentiamo che queste parole sono vere, non
avremo paura, le nostre porte non saranno chiuse per difenderci.
“Attraverso la Chiesa, il Mistero
dell’Incarnazione rimane presente per sempre. Cristo continua a camminare
attraverso i tempi e tutti i luoghi”
(Ultimo discorso ai cardinali di Benedetto XVI); la Chiesa che non sta
rinchiusa, impaurita, cammina per le strade della storia con le nostre gambe,
parla con la nostra lingua, guarda attraverso i nostri occhi, tocca con le
nostre mani, ama con i nostri cuori. Questo è il comando di Gesù: “Come il Padre ha mandato me, così io mando
voi” (Gv 20,21). Oggi, in particolare, il Signore ci affida il ministero
del perdono. Questo è la grande medicina per l’umanità. Non un vago e
sdolcinato buonismo, ma il perdono divino, ossia la possibilità per chiunque e
sempre, indipendentemente da quanto fatto o detto, di trovare le porte della casa del Padre aperte, anzi spa-lan-ca-te e un
abbraccio caldo. Gesù è venuto per i malati, non per i sani e manda la Chiesa
ai malati, affinché possano guarire, non per aiutarli a morire della loro
malattia.
La Chiesa “pecca”, non quando ci aiuta a
prendere coscienza del male che ci ha infettati, chiamandolo con il suo preciso
nome e smascherandolo, indicandoci la
cura, ma quando ci lascia tranquillamente a vivere in esso. Il compito della
Chiesa è curare, non uccidere. E’ il maligno invece che si adopera in tutti i
modi per rovinarci.
Il perdono si dona in vari modi. Noi
sacerdoti siamo chiamati ad amministrare il tesoro preziosissimo della
Confessione. “l’io ti assolvo, non è quello di una creatura, ma è direttamente l’”IO” di del Signore” [1]. La
Confessione è lo straordinario dono di Dio a noi creature fragili, ma degne di
perdono, per questo il maligno la combatte in ogni modo. Ciascuno di noi battezzati poi è chiamato a
offrire un canale alla misericordia di Dio. Chi chiede di tornare, deve poter
tornare. Chi vuole guarire, deve essere curato. Chi invece non vuole guarire,
ma vuole rimanere ostinatamente nella sua malattia, va atteso, non rifiutato.
Proprio bella l'omelia di stasera!!! Mi è piaciuto il riferimento all'amato Benedetto XVI,dove dice che sulla barca della vita nostra e della Chiesa c'è il Signore....non avevo mai pensato alla mia vita, come a una barca condotta da Gesù. Il Papa si riferiva alla Chiesa, ma io ho voluto sentirla rivolta anche a me.....se fossi sempre consapevole che Gesù e sulla barca con me per condurmi dove Lui sa.....forse...riuscirei ad affidarmi senza remore. Anna
RispondiEliminaSto riscoprendo il grande dono...la confessione.Troppi anni nel buio, troppo tempo nella "malattia" di non voler guarire..è solo l'inizio ma è già qualcosa, devo solo riuscire a perdonare me stessa perche' Lui già lo ha fatto.Barbara
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