Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

venerdì 19 aprile 2013

"Riscopriamo il Vaticano II vero" - Rapporto sulla fede




Non è dunque il Vaticano II e i suoi documenti (è appena il caso di ricordarlo) che fanno problema. Semmai, per molti - e Joseph Ratzinger è tra questi, non da ieri - il problema è costituito da molte interpretazioni di quei documenti che avrebbero condotto a certi frutti dell'epoca postconciliare.

Da parecchio tempo, il giudizio di Ratzinger su questo periodo è netto: "è incontestabile che gli ultimi vent'anni sono stati decisamente sfavorevoli per la Chiesa cattolica. I risultati che hanno seguito il Concilio sembrano crudelmente opposti alle attese di tutti, a cominciare da quelle di papa Giovanni XXIII e poi di Paolo VI. I cristiani sono di nuovo minoranza, più di quanto lo siano mai stati dalla fine dell'antichità".
Spiega così il suo giudizio severo, che ci è stato ripetuto durante il colloquio: "I Papi e i Padri conciliari si aspettavano una nuova unità cattolica e si è invece andati incontro a un dissenso che - per usare le parole di Paolo VI - è sembrato passare dall'autocritica all'autodistruzione. Ci si aspettava un nuovo entusiasmo e si è invece finiti troppo spesso nella noia e nello scoraggiamento. Ci si aspettava un balzo in avanti e ci si è invece trovati di fronte a un processo progressivo di decadenza che si è venuto sviluppando in larga misura sotto il segno di un richiamo a un presunto "spirito del Concilio" e in tal modo lo ha screditato".
Dunque, già dieci anni fa concludeva: "Va affermato a chiare lettere che una reale riforma della Chiesa presuppone un inequivocabile abbandono delle vie sbagliate che hanno portato a conseguenze indiscutibilmente negative".
Ha scritto una volta: "Il card. Julius Dópfner diceva che la Chiesa del dopo Concilio è un grande cantiere. Ma uno spirito critico ha aggiunto che è un cantiere dove è andato perduto il progetto e ciascuno continua a fabbricare secondo il suo gusto. Il risultato è evidente".
È però costante in lui la preoccupazione di ripetere con altrettanta chiarezza che "nelle sue espressioni ufficiali, nei suoi documenti autentici, il Vaticano II non può essere ritenuto responsabile di questa evoluzione che - al contrario - contraddice radicalmente sia la lettera che lo spirito dei Padri conciliari".
Dice: "Sono convinto che i guasti cui siamo andati incontro in questi venti anni non siano dovuti al Concilio "vero" ma allo scatenarsi, all'interno della Chiesa, di forze latenti aggressive, centrifughe, magari irresponsabili oppure semplicemente ingenue, di facile ottimismo, di un'enfasi sulla modernità che ha scambiato il progresso tecnico odierno con un progresso autentico, integrale. E, all'esterno, all'impatto con una rivoluzione culturale: l'affermazione in Occidente del ceto medio-superiore, della nuova" "borghesia del terziario" con la sua ideologia liberal-radicale di stampo individualistico, razionalistico, edonistico".
Dunque, la sua parola d'ordine, l'esortazione a tutti i cattolici che vogliano rimanere tali, non è certo un "tornare indietro"; bensì: "tornare ai testi autentici del Vaticano II autentico".

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