Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

sabato 27 luglio 2013

Signore, insegnaci a pregare

XVII DOMENICA T.O.

     «Non la distruggerò per riguardo a quei dieci» (Gen 18,32), dice Dio riferendosi agli abitanti di Sodoma e Gomorra; peccatori incalliti.  
     Quando Dio si è incarnato, ha scelto  un nome: Gesù, che significa, Dio salva. Per noi è ovvio, che Dio non vuole distruggere il peccatore, perché abbiamo sentito la parola di Gesù: “Io non voglio la morte del peccatore, ma che si converta e viva”, gli antichi invece non avevano la nostra stessa certezza. Essi spesso attribuivano a Dio i propri sentimenti. Invece, dice Dio stesso in un Salmo: “Forse credevi che io fossi come te!” (Salmo 50,21). Il dio distruttore è frutto del cuore duro degli uomini.

     Grazie a Gesù, alle sue parole, ai suoi atteggiamenti, sappiamo, che per chi è nel peccato, fino all’ultimo istante di vita, c’è la possibilità della conversione. Il primo santo, canonizzato da Gesù stesso, è un delinquente, che pendeva al Suo fianco sulla croce.
     Certo, Dio non ci salva, se non vogliamo essere salvati; Dio non ci libera, se non vogliamo essere liberati: “Dio, che ti ha creato senza di te, non può salvarti senza di te” (Sant’Agostino, Sermo CLXIX,13). Dio può tutto, ma si ferma in attesa davanti alla nostra libertà.
     Oggi, attraverso il dialogo con Abramo, Dio ci dice: “Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai. Ecco, sulle palme delle mie mani ti ho disegnato” (Is 49,15s). Lasciamoci penetrare da queste parole, che sono “più dolci del miele e di un favo stillante” (Salmo 18,11), ma diciamole anche a coloro che incontriamo e, che ne hanno bisogno.
     Non siamo noi, che dobbiamo convincere Dio a non distruggere chi è nel peccato, ma è Dio che vuole convincere noi. Dice Dio al profeta Giona, che non voleva la salvezza dei Niniviti: “Io non dovrei avere pietà di Ninive, quella grande città, nella quale vi sono più di centoventimila persone, che non sanno distinguere fra la mano destra e la sinistra …?» (Gio 4,11).

     Ecco poi una domanda importantissima e che dovrebbe essere sulla bocca di ognuno di noi.: “Signore, insegnaci a pregare!” (Lc 11,1). Scrive in un suo libro Matta el Meskin: “Il mondo oggi ha sete di testimonianze di una fede viva in Gesù Cristo: non ha tanto sete di ascoltarle, quanto soprattutto di viverne. Di libri e maestri che parlano di Cristo ne esistono … ma di uomini di preghiera che vivono con Cristo, che parlano con Cristo, quanti ce ne sono?”.[1]
     I discepoli fanno questa domanda a Gesù, perché lo hanno visto pregare e hanno capito, che in Lui c’è qualcosa di diverso, la sua preghiera non è come quella delle guide di Israele. Abbiamo bisogno di maestri di preghiera e, il mondo ha bisogno che noi siamo maestri di preghiera.
     Sulla preghiera si fonda infatti la qualità della vita di fede del cristiano, perché senza di essa non c’è relazione con Dio e, piano piano, Egli diventa un emerito sconosciuto, del quale abbiamo sentito parlare, ma che non ha nessuna incidenza concreta sulla nostra esistenza. Chiediamo ai nostri pastori: “Insegnami a pregare!”.
     Attenzione a come ascoltiamo il racconto dell’amico importuno, perché subito ci viene da pensare, che è con l’insistenza che si convince Dio; bisogna prenderlo per sfinimento. Invece quello che Gesù dice chiaramente è che, l’insistenza non serve con Dio, che ci ama infinitamente, sempre ci ascolta e sempre ci concede lo Spirito Santo. Non ho detto che ci concede ciò che chiediamo, anche se a noi sembra il meglio, ma lo Spirito Santo. Grazie a Lui, noi possiamo conoscere e accogliere la volontà del Padre; ci dona la forza necessaria per compiere ciò che il Signore ci chiede; riesce a mostrarci l’abisso del nostro peccato e a liberarcene; trasforma il nostro cuore di pietra in cuore di carne;  ravviva in noi la speranza; ci rende santi come Lui è santo; ci fa diventare sapienti, capaci di accompagnare gli altri sulla via della felicità.
     La preghiera è quell’atto essenziale nel quale Dio stesso, senza che noi che ne rendiamo conto, opera in noi il cambiamento, il rinnovamento, la crescita dell’anima”.[2]


[1] Matta el Meskin, L’esperienza di Dio nella preghiera, Qiqajon 9

[2] Id. 11

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