Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

sabato 5 ottobre 2013

Perché mi fai vedere l’iniquità e resti spettatore dell’oppressione?



XXVII DOMENICA T.O.

          Quante persone nella storia hanno gridato e continuano a gridare le parole del profeta Abacuc: “Fino a quando, Signore, implorerò aiuto e non ascolti … non salvi? Perché mi fai vedere l’iniquità e resti spettatore dell’oppressione?” (Ab 1,2s). Sono parole terribili, perché accusano il Signore di essere uno spettatore indifferente o quantomeno, impotente, della sofferenza umana.

     Quanti, come Giobbe, rappresentante dell’uomo sofferente, addirittura accusano Dio di essere il loro carnefice: “mi ha afferrato per il collo e mi ha stritolato; ha fatto di me il suo bersaglio.  … mi trafigge le reni senza pietà” (Gb 16,12s).
     Scriveva il filosofo Epicuro: «La divinità o vuol togliere i mali e non può o può e non vuole …. Se vuole e non può, è impotente; …. Se può e non vuole è invidiosa» (Epicuro, Il paradosso epicureo - frammento 374). Non riusciamo ad accettare, che Dio sia amore infinito e, nel contempo, ci lasci percorrere la via della croce.
     Viene spontaneo dire: “Perché Signore non fermi la mano di chi uccide, di chi ruba; non risani il cuore di chi tradisce e imbroglia; non paralizzi la lingua di chi umilia? Perché non c’è limite alla cattiveria umana?”.
     Io non vi farò discorsi filosofici e non ho risposte che svelano il mistero del dolore e dell’ingiustizia, ma condividerò solo ciò che ho vissuto e vivo nella mia esperienza di uomo credente che, a suo tempo,  ha gridato a Dio, accusandolo.
     Non vi parlo di ciò che ho sentito dire, ma della mia storia con Dio: io so, che il Signore non è un Dio indifferente; non è lontano; tantomeno gode della nostra sofferenza. Colui che si è fatto conoscere da me, è tenero e fedele, anche se i suoi pensieri non sono i miei pensieri e le sue vie, non sono le mie vie. Anch’io come Giobbe mi sento di proclamare: “Io ti conoscevo solo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti hanno veduto. Perciò mi ricredo e mi pento sopra polvere e cenere» (Gb 42,5s). Penso che l’unico modo per comprendere il mistero del dolore, stia nel “vedere Dio”; solo Lui può dare una risposta.
     Il mistero di Dio, non si conosce ragionando, ma mettendosi in una tale relazione con Lui, che possa parlare al cuore.  E’ quel che scrive sant’Agostino: “tu eri dentro di me e io fuori. Lì ti cercavo (Le Confessioni).
     Dio ci ha donato la libertà e, a seconda di come ne facciamo uso, può fare di noi creature splendide oppure diaboliche. Dio ha scelto di fermarsi sulla soglia della nostra libertà. Non cessa un istante di esortarci al bene, gridando attraverso la nostra coscienza, cercando il varco per penetrare nel cuore e risanarlo, ma senza il nostro si al bene, non vuole costringerci.
     Per questo c’è bisogno di uomini e di donne, che scelgano di non accontentarsi di un rapporto banale ed esteriore con Dio, ma che si lascino plasmare da Lui; per questo c’è bisogno di uomini e di donne che cooperino all’azione di Dio.
     Il bene cresce dove ci sono operatori di bene. Scrive Madeleine Delbrel: “La nostra gioia è passare i giorni a scavare un posto nelle nostre mani, nelle nostre teste e nei cuori, per il regno che viene”.  La prima indispensabile battaglia contro il mistero del male, parte dalla lotta al male che vuole vivere e crescere dentro di noi. L’onnipotenza di Dio vuole avere bisogno della nostra santità.
     Non nascondiamoci dietro la convinzione, che la santità sia per pochi eletti; essa infatti è il destino di ogni battezzato coerente.
     Forse non è per noi la santità eclatante dei grandi della storia, ma certamente quella di chi si fida di Dio e si lascia condurre da Lui, anche per vie nuove e impervie, senza recalcitrare di continuo.  Gesù mi dice: “Fidati di me, vedrai quale opere riuscirai a compiere, quali miracoli vedrai fiorire in te e fuori di te”.
     Quando cammineremo spediti sulla via della santità, non avremo da presentare continuamente il conto a Dio: ho fatto questo, questo e questo, quindi, ho diritto a essere trattato con un occhio di riguardo. Il santo sa che è sempre enorme la sproporzione tra ciò che riceve da Dio  e ciò che dona.    
    
    
    
    














































1 commento:

  1. Caro Andrea che belle queste tue parole,
    mi hanno aperto il cuore , fatto riaffiorare ricordi e in questa giornata sono una coccola che ci voleva.
    Anche io pensavo che diventare Santi fosse un privilegio per pochi ,ovvero che era Dio che stabiliva chi si e chi no.
    Poi un sacerdote disse " sapete cose dovete chiedere a Gesù dopo averlo ricevuto dentro di voi? aiutami a diventare santo" spiegando che tutti siamo chiamati alla santità perchè Dio che è Santo ci ha creati a sua immagine e somiglianza ,.
    ecco finalmente la mia meta. ecco finalmente Padre come renderti felice.
    perchè il Tuo Amore è meravigliosamente contagioso.ovvio non sarò mai una santa con la S maiuscola sono troppo tanto un groviglio di difetti però mi impegno nel mio piccolo ad amare e a fare del bene, non è sempre facile ,ma quando il soffio delicato dello Spirito Santo ti sfiora il cuore allargandotelo e portando alla luce i difetti che ti impediscono di "camminare" non puoi fare a meno di rimboccarti le maniche e cambiare .
    così chiedi aiuto alla Mamma Celeste ,Lei che con il suo SI ci insegna a fidarci del Padre ad abbandonarci a Lui.
    è proprio vero caro fra Andrea ,come scrivi in un altro tuo articolo, quando amiamo Dio amiamo di più anche gli altri.
    Così si inizia dalle persone vicine.
    Ho passato anni della mia vita abituata all'indifferenza e alla freddezza di mio padre anche se si viveva sotto lo stesso tetto ,non è una persona non buona ma è fatto così, ho sofferto tanto da bimba ma poi una corazza aveva coperto questo malessere, adesso invece questa corazza si è sgretolata e così non potevo aspettare che cambiasse lui e ho iniziato a cambiare io nei suoi confronti .
    ecco che allora i risultati sono arrivati ,ora mi telefona ,mi scrive messaggi viene a casa mia a bere il caffè .
    Anche quella mamma che ho sempre ritenuto forte e invincibile scoprirla fragile e sofferente ha fatto cambiare il mio modo di avvcinarmi a lei, ho capito che l'Amore è l'unico rimedio.
    Così come pregare per l'anima di chi non mi ha fatto del bene e capire che il dolore non c'è più perche Gesù lo ha preso sulle sue spalle .
    Niente di tutto questo è opera mia ma solo opera del Padre Celeste ,mi rendo sempre di più conto che se non fosse arrivato Lui nel mio cuore e a rivoluzionare la vita che lui mi ha donato , sarei solo fumo che vaga nelle tenebre,invece ora riconosco di esser sua figlia ,una figlia che a volte cade , una figlia con tanti difetti ma che si sente da Lui tanto amata e questo mi basta.Mara

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