III DOMENICA DI AVVENTO
Chi mai darebbe una mano a un ladro,
mentre lo sta derubando? Solo un pazzo potrebbe fare una cosa del genere. Eppure noi Cristiani
ci siamo lasciati derubare del Natale e, quel che è peggio, é che siamo
complici inconsapevoli, ma gioiosi, di questo.
E’ pura follia,
ma il Natale ora lo
festeggiano tutti. Perché? Per il semplice fatto che è stato talmente svuotato
del suo contenuto, che chiunque può festeggiare senza problemi. Dovremmo essere
contenti di questo?
Oggi il mondo attende Babbo Natale e pensare,
che la sua figura, come la conosciamo noi, anche se anticamente si identificava
con san Nicola da Lira (di Bari), è
divenuta celebre solo dal 1930 grazie a una pubblicità della Coca Cola.
Perché sembro avercela tanto con il
vecchio dalla barba bianca? Perché Babbo Natale, non è altro che un prodotto
commerciale, che serve ancora una volta per trasformare le persone in
consumatori, da rendere contenti per non più di due o tre giorni, ma
soprattutto da spennare. San Paolo ci direbbe: «Svégliati, tu che dormi, risorgi dai morti e Cristo ti illuminerà»
(Ef 5,13).
Babbo Natale è preceduto da un piazzista
di bibite e ora, di tanti altri prodotti, Gesù il Cristo invece, da Giovanni
Battista, quel messaggero che ha pagato con la propria vita la fedeltà alla
Luce. Giovanni è colui che chiude l’Antico Testamento e ci traghetta nel Nuovo.
Il Cristo si è incarnato, per realizzare
la parabola della pecora smarrita. Ricordate cosa avvenne dopo la cacciata di
Adamo ed Eva dal Paradiso? Dio gli “fece
delle tuniche di pelli e li vestì” (Gn 3,21). Adamo ed Eva sono nomi
simbolici – Adamo = colui che è fatto di
terra ed Eva = vivente o che dà la
vita -, perché non sono altro che l’umanità perduta, che ha scelto di separarsi
da Dio. Ecco allora che Dio stesso esce dalla Sua dimora, per andare in cerca
della creatura amata, che per incoscienza di è fatta male da sé.
Ecco allora cos’è il Natale: la memoria di
Colui che si è fatto carne, per cercare me, per liberare me, pecora smarrita.
Per questo posso vivere questi giorni con entusiasmo; per questo non sono fuori
luogo le luci i pranzi e le cene solenni.
Gesù è colui che ha ridato la vista ai
ciechi, ha fatto camminare gli zoppi, ha purificato i lebbrosie risuscitato i morti. Egli però non sta nel passato, ma è vivo oggi,
adesso e continua a operare le stesse cose, laddove gli è permesso.
Dio continua a risanare l’essere umano che
ha occhi per guardare ma non sa più vedere in profondità se stesso e la realtà;
che ha orecchi per sentire, ma non per ascoltare la voce del Signore che vuole
consolare, richiamare, orientare, provocare; che è vivo, perché respira, ma è
come se fosse morto, perché ha perso passione, gioia, speranza; per vincere il
peccato, che sembra innocuo, ma che invece è come una catena formidabile che
impedisce di vivere liberi e in pienezza.
Ecco, allora, Signore, perché ti diciamo:
“Vieni, non tardare”. Vogliamo tornare a vedere, sentire, toccare; vogliamo quella
libertà che solo Tu sai darci e che altri vogliono scipparci. Signore da soli
non ce la facciamo. Ti diciamo: “Come
pecora smarrita vado errando, cerca il tuo servo”(Salmo 118,176).
All’origine di tutte le cose, Dio Padre ti ha chiamato: “Vieni!”, e tu sei venuto, Signore.
Questa sua chiamata, che tu hai ascoltato e seguito, la poni anche sulle nostre labbra,
perché abbia in noi la forza effettiva di farti realmente venire.
Tu permetti anche a noi di chiamarti: “Vieni!”.
Non solo lo permetti, ma ci mostri che vuoi accogliere questa chiamata e vuoi venire,
...
Tu ascolti.
Tu ci affidi questa domanda con tutta la forza della tua divina volontà: ti metti completamente a disposizione di questa domanda che ci consegni.
Come se fossi tu il servo e noi coloro che hanno il potere.
In questo “Vieni!” ci manifesti il tuo mistero.
Il mistero che consiste in questo: tu non ascolti mai una domanda senza rispondere.
In qualunque situazione posSiamo trovarci, ci permetti di chiamarti, e vieni.
Signore, per ciascuno di noi, per tutta la tua Chiesa, per tutti coloro che non hanno ancora trovato la via verso di te e la tua chiesa, ti chiediamo: fa che i mpariamo a chiamarti: “Vieni!”.
(Adrienne von Speyr)
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