Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

lunedì 6 gennaio 2014

Quando verrai, non ti lascerò tranquillo, perché desidero liberarti e renderti felice; ma vieni, non temere!



EPIFANIA

     Chi erano i Magi? Non si sa con esattezza se fossero Re, come li definiamo noi normalmente, astronomi o che; poco importa. Certamente erano stranieri, gente non appartenente al popolo d’Israele. Essi non avrebbero potuto, nel Tempio a Gerusalemme,  superare il primo sbarramento – oltre il Cortile dei Gentili -, pena la morte: “Un tempo voi eravate non-popolo, ora invece siete popolo di Dio; un tempo eravate esclusi dalla misericordia” (1Pt 2,10), “ora invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete diventati vicini” (Ef 2,13).

     Dio stesso attira a sé; Lui che ha abbattuto tutti i muri di separazione, chiama e accoglie chi era tenuto lontano. In un attimo, il Dio-Bambino ha demolito l’immagine di un Dio separato e inavvicinabile.
     I primi ai quali si è manifestato, sono stati i pastori. Pensate che riscuotevano una pessima reputazione presso i Farisei e gli Scribi: in primo luogo la loro stessa vita nomade nella steppa, dove  scarseggiava d’acqua li rendeva lerci, impossibilitati a rispettare tutte le fondamentali leggi sulla lavanda delle mani, sulla purità delle stoviglie, sulla scelta dei cibi. Essi più di chiunque altro costituivano quel "popolo della terra” che era degno per i Farisei del più cordiale disprezzo; inoltre passavano per ladri tutti quanti, e si consigliava di non comperare da loro né lana né latte che potevano essere cose refurtive. Erano considerati esseri «abbietti e maneschi», e venivano esclusi dai tribunali: la loro testimonianza, si legge nella tradizione talmudica, non era infatti accettata in giudizio, al pari di quella dei ladri e degli estorsori.
     Dopo i pastori, tocca ai pagani.
     Non ci sono figli esclusi dall’amore di Dio. Ecco la buona notizia gridata oggi dal Bambino Gesù.
     Quanta fatica hanno fatto anche gli Apostoli, ad accettare questo; quanta fatica continuiamo a fare noi; inutile nascondercelo. Quante persone pensiamo, debbano essere tenute a distanza da Dio.
     Isaia nel suo bellissimo testo, descrive lo splendore futuro di Gerusalemme, il brillante avvenire di Gerusalemme. Oggi quelle stesse parole sono rivolte alla Chiesa. E’ lei che è chiamata a essere quella luce, che attrae i popoli. Essa è la casa di coloro che erano lontani e in Cristo sono diventati vicini.
     Certo, la Chiesa non è un albergo, dove ognuno vive la fede a modo proprio, senza lasciarsi sconvolgere la vita da Dio, ma è la famiglia di tutti coloro che, vogliono seguire il Signore, pur con i limiti e i peccati dai quali fatica a lasciarsi liberare.
     Ascoltiamo un altro bellissimo testo di Isaia: “Non dica lo straniero che ha aderito al Signore:
«Certo, mi escluderà il Signore dal suo popolo!». Non dica l’eunuco: «Ecco, io sono un albero secco!». Poiché così dice il Signore: «Agli eunuchi che osservano i miei sabati, preferiscono quello che a me … darò loro un nome eterno che non sarà mai cancellato. Gli stranieri, che hanno aderito al Signore per servirlo e per amare il nome del Signore, e per essere suoi servi, ... I loro olocausti e i loro sacrifici saranno graditi sul mio altare, perché la mia casa si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli»
(Is 56,3ss).
     Dalla grotta di Betlemme lasciamoci chiamare da Dio. Egli ci dice: “Tu che ti senti lontano o che, per qualche ragione sei tenuto lontano da me, non temere, vieni! Ti attendo. Mai ti sentirai dire da me, che sei indegno di me. Vieni pure a mani vuote, basta che porti te stesso. Ci penserò io, poi a riempirle. Ho nostalgia di te.
Quando verrai, non ti lascerò tranquillo, perché desidero liberarti e renderti felice; ma vieni, non temere!”.
  

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