VI DOMENICA T.O.
“Non
ucciderai” (Mt 5,21). Quante volte mi sono sentito dire: “Io non rubo, non
bestemmio, non ho ucciso …”, da persone, che volevano dimostrarmi la loro
coerenza cristiana.
Confesso che, queste frasi, mi provocano
una sorta di turbamento,
perché non ho dubbi, che questi fratelli non hanno compiuto
queste cose, ma probabilmente solo nella loro forma estrema e, di questo si
sentono pienamente soddisfatti.
Certo, probabilmente nessuno di noi, ha
mai preso in mano un pugnale o una rivoltella per uccidere fisicamente una
persona, ma quante volte la nostra lingua è stata usata come una spada affilata
per offendere, umiliare? Quante volte abbiamo ucciso o rischiato di uccidere
con l’indifferenza?
Quante volte noi stessi siamo stati feriti
dalla lingua altrui; allora sì, che abbiamo compreso il senso più profondo
delle parole di Gesù. Allora perché, quando facciamo lo stesso con gli altri
non ce ne accorgiamo?
Anche per l’adulterio possiamo applicare
la stessa chiave di lettura. Forse fisicamente non c’è mai stato tradimento, ma
il cuore può essere già stato consegnato ad altri, rispetto il proprio coniuge.
Alcuni pensano di uscire dalla solitudine per il solo fatto di essersi sposati,
e condividere lo stesso spazio con il coniuge, in realtà, si può essere
profondamente soli, anche sotto lo stesso tetto, anzi, nello stesso letto.
Quando Gesù ci chiede una giustizia
superiore a quella di scribi e farisei, parla proprio di questo: non fermarti
alla lettera, ma vai al cuore della volontà di Dio, che è manifestata dai suoi
precetti.
Gesù non è venuto ad abolire la Legge, i
cristiani non sono degli anarchici; Dio sa che abbiamo bisogno della legge, ma
è venuto a portare un criterio fondamentale nell’osservanza della legge:
l’amore.
Chi ama, non punta mai al minimo; non dona
mai gli avanzi di sé. Chi ama, non si limita a evitare di distruggere, cerca
anche di costruire. Chi ama, non si accontenta di non fare il male, ha il
bisogno di fare il bene.
“A
ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà” (Sir 15,15). Con queste poche
parole veniamo messi davanti alla responsabilità personale delle nostre scelte
- questo termine deriva dal latino respondere
(rispondere) e indica chi può essere chiamato a rendere conto di certi atti -.
E’ importante che ci lasciamo provocare da queste parole, perché, credo,
abbiamo innata la tendenza a incolpare gli altri o altro, delle nostre scelte e
comportamenti. Tanto siamo bravi a individuare la colpa degli altri, tanto
sappiamo giustificare noi stessi.
Non vado in chiesa, ma la colpa è dei
preti; sono sempre nervoso, ma la colpa è di mia moglie, dei miei figli, di mia
suocera ecc …; sono infedele, ma la colpa è di mio marito che non mi tratta
come si deve; non parlo più con i miei fratelli, ma la colpa è loro, perché non
mi hanno trattato adeguatamente nella spartizione dell’eredità; sono disonesto,
ma la colpa è dello Stato ladrone …. Potremmo andare avanti all’infinito con
gli esempi, ma spero di avere chiarito cosa intendo.
Da una parte è vero che chi ci sta intorno e le vicende
che ci coinvolgono, hanno un forte potere di condizionamento su di noi, ma è
altrettanto vero che, abbiamo la libertà di ascoltare i condizionamenti oppure,
una volta riconosciutili, di mantenerci liberi. I santi, in qualche modo, sono
testimoni di una vita libera, nonostante tutto. San Francesco si è opposto alla
dittatura dell’economia; san Giovanni Crisostomo non è stato piegato dalle
persecuzioni subite dall’imperatore di Bisanzio; don Giuseppe Piana non ha
accettato le intimidazioni della mafia, dalla quale è stato ucciso, ma non
vinto; Maria Goretti ha difeso la sua verginità ecc …
Signore, sappiamo qual è la strada
percorrere e, sinceramente vogliamo anche percorrerla; vorremmo che la nostra
giustizia fosse superiore a quella degli scribi e dei farisei, perché guidata
dall’amore; vorremmo essere capaci di giudicare noi stessi con la severità con
cui giudichiamo gli altri, ma ci scontriamo quotidianamente con la nostra
fragilità. Aiutaci Signore con la tua grazia. Soccorri la nostra debolezza e
diventeremo quella meraviglia, per la quale ci hai creati.
È bello e vero quello che hai scritto, se per entrare nel Regno dei cieli basta non far male allora sarebbe semplice, ma Gesù vuole tutt'altro da noi:vivere solo per portare la verità di Dio nel mondo, sacrificare noi stessi per salvare noi e gli altri,per portare la verità nel mondo, illustrarla nel modo giusto. Questa cosa non va a genio a qualcuno e questo cercherà di distruggerti, ma se non rinnegherai la tua fede e ciò che hai testimoniato, anche a costo di morire, sarai salvato. Questo è essere fedeli e credenti e questa è la difficoltà da superare per essere veri figli di Dio.
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