III
DOMENICA DI PASQUA
“Conversavano di tutto quello che era
accaduto” (Lc 24,14), ma erano “stolti e lenti di cuore nel credere alla
parola dei profeti” (24,25). Questi uomini sono delusi e tristi perché,
dopo l'entusiasmo dovuto all'incontro col Cristo, tutto sembra essere finito in
niente. Davanti agli occhi hanno solamente un doloroso fallimento: “Noi
speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele” (24,21). E' la
storia di tanti uomini e tante donne, che hanno sperato, si sono affidati a
persone, ideologie, spiritualità, filosofie ecc …; quante illusioni e quante
delusioni. Pensate solo alla grande
illusione del XX secolo, il Comunismo, che aveva fatto credere a milioni di
persone, di essere la vera via per la realizzazione di una società giusta. Cosa
è rimasto, se non tante macerie? Da quante altre realtà ci lasciamo illudere?
C'è una grande differenza, però, tra i
delusi di oggi e i discepoli di Emmaus: i primi si sono affidati e si affidano
a ciò che non poteva e non può comunque essere la risposta giusta, vera, piena
alle attese di vita e di libertà, mentre i discepoli, non hanno ancora capito
di essere andati dietro a Colui che è la Via, la Verità e la Vita.
Per costoro, come per noi, vale la
preghiera di san Paolo: “Il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, ... illumini gli occhi del vostro cuore per farvi
comprendere”(Ef 1,18).
Infatti, “l’uomo lasciato alle sue
forze non comprende le cose dello Spirito di Dio: esse sono follia per lui e
non è capace di intenderle, perché di esse si può giudicare per mezzo dello
Spirito” (1Cor 2,14). Ossia, l'essere umano quando si affida esclusivamente
alla propria intelligenza e alle proprie capacità, è destinato a naufragare.
Scriveva san Giovanni Paolo II che “la
fede e la ragione sono come le due ali che permettono allo spirito umano
d'elevarsi verso la contemplazione della verità” (Fides et ratio). Non la
fede o ragione, ma la fede e la ragione insieme.
Potremmo quasi dire che la ragione sta
alla fede, come gli occhi stanno alla luce. Gli occhi sono fondamentali per
vedere, ma se non c'è la luce, non possiamo avere una visione piena di ciò che
ci sta davanti. Non basta la ragione, non basta la cultura; scrive il cardinal
Biffi che ci sono “uomini intellettualmente acutissimi, illustri pensatori,
ricercatori e letterati insigniti del premio Nobel, che in materia di
religione, di antropologia, di etica enunciano dottrine e opinioni che sono
remotissime dalla verità” (Liber pastoralis bononiensis, 687).
Oggi allora Gesù ci invita a non
ripiegarci a causa della delusione, a non fermarci tristi e senza speranza e, a
uscire dall'illusione di poter fare da soli; abbiamo bisogno che Gesù ci
affianchi e ci illumini, altrimenti rischiamo di continuare a vagare
sconsolati, parlando a più non posso tra di noi, ma incapaci di capire ciò che
avviene e di imboccare la strada giusta.
Lodo il Signore, perché in questi anni,
tante volte mi ha visto camminare sconsolato e mi ha affiancato; invece di
arrabbiarsi con me, mi ha preso per mano e ha cercato di farmi capire. Quante
volte, grazie a Lui, la tristezza e la fatica si sono trasformate in gioia.
Quanta fantasia ha il Signore, quanta delicatezza!
Per portarci fuori dalla delusione, c'è
una cosa che il Signore vuole da noi: che lo invitiamo a restare. Quando ci
trova troppo indaffarati e distratti o non interessati alla Sua presenza, Egli
tira diritto o meglio, aspetta: “Sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta
la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me”
(Ap 3,20).
Gridiamo anche noi con le parole di
sant'Agostino: “Signore Dio mio .... Di’ all’anima
mia: la salvezza tua io sono. Dillo, che io l’oda. Ecco, le orecchie del
mio cuore stanno davanti alla tua bocca, Signore. Aprile e di’ all’anima
mia: la salvezza tua io sono. Rincorrendo questa voce io ti raggiungerò, e
tu non celarmi il tuo volto” (Confessioni, V,5) e, “angusta è la casa della mia anima perché tu possa
entrarvi: allargala dunque; è in rovina: restaurala; alcune cose contiene, che
possono offendere la tua vista, lo ammetto e ne sono consapevole: ma chi potrà
purificarla, a chi griderò, se non a te: “Purificami, Signore, dalle mie
brutture ignote a me stesso, risparmia al tuo servo le brutture degli altri”?”
(V,6).
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