Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

sabato 28 giugno 2014

Mi ami tu? no



SS PIETRO E PAOLO Messa della vigilia

     Il dialogo tra Pietro e Gesù è bellissimo e dà grande consolazione.
     Riascoltiamo un istante le domande di Gesù: “Simone … mi ami più di costoro?”; “Simone … mi ami?”; “Simone … mi vuoi bene?” (Gv 21,15-17). Ascoltiamo ora le risposte di Pietro: “Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene”; “Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene”; “Signore, tu conosci tutto: tu sai che ti voglio bene” (21,15-17).

     Pietro è addolorato dalla triplice domanda di Gesù, ma in realtà dovrebbe essere Gesù a essere addolorato dalle risposte di Pietro. Infatti Gesù chiede a Pietro se lo ama più di tutto e la risposta di Pietro, di fatto, è: no. Pietro non riesce a dire a Gesù che lo ama, gli dice solo: “Ti voglio bene”. Sappiamo che non è la stessa cosa.  
     Proviamo a immaginare  uno che partecipi a una gara di salto in alto; se l’asticella è troppo in alto o si squalifica il concorrente o la si abbassa. Ecco ciò che fa Gesù; non caccia Pietro, sgridandolo per la sua mediocrità, ma si accontenta di ciò che può fare in quel momento. Pietro non cambia la sua risposta, allora Gesù cambia la domanda: “Mi vuoi bene?”. Potremmo dire, usando l’immagine precedente, che Gesù mette l’asticella alla portata di Pietro.
     Dio vuole tutto da noi, non si accontenta della mediocrità, ma si affianca e rispetta i nostri tempi; non si spaventa davanti alla nostra lentezza.
     Grazie all’amore paziente di Dio, Pietro diventerà martire, uomo capace di donare la propria vita, di non lasciarsi intimorire dai pericoli e dalla violenza di chi voleva mettere a tacere il Cristo. Grazie a Pietro la Chiesa, da oltre duemila anni, ha una roccia visibile, sulla quale è solidamente edificata. Pietro non è la Chiesa, ma la Chiesa, per volere di Cristo, ha bisogno di Pietro.
     Che dire poi di Paolo! Di quest’uomo caratteriale; duro, rigido, ma profondamente innamorato della Verità.
     Anche qui, quanta consolazione! Dio accetta di affidarsi a colui che “perseguitava ferocemente la Chiesa di Dio e la devastava, superando nel giudaismo la maggior parte dei suoi coetanei e connazionali, accanito com’era nel sostenere le tradizioni dei padri” (Gal 1,14).
     La Chiesa non è un posto per impeccabili e immacolati. Dio chiama chi vuole, anche chi ha alle spalle una storia di peccato. La Chiesa è casa sua. Certo non è la casa comoda di chi vuole rimanere indisturbato nel proprio peccato e, che pretende dalla Chiesa un pieno appoggio; la Chiesa è la casa di Paolo, non più di Saulo.
     Non abbiamo più scuse: non la nostra mediocrità, non il nostro peccato ci ostacolano; non Dio ci ostacola. Per essere membra del corpo di Cristo, non è indispensabile avere coraggio, intelligenza, cultura,  denaro; ci vuole innanzitutto la disponibilità a lasciarsi prendere per mano da Dio. Questo si  è indispensabile. Bisogna avere fiducia in Lui e lasciarsi condurre. Ecco allora che, come Dio sa far fiorire il deserto, così germoglierà la fecondità, dove c’era la sterilità, il coraggio, dove la paura; la sapienza, dove l’insipienza; la passione, dove l’apatia; l’amore, dove l’indifferenza.
     Ti chiediamo Padre, continua ad avere con noi la stessa pazienza che hai avuto con Simone e Saulo; è grazie a Te, se sono diventati Pietro e Paolo. Cambia anche il nostro nome, prendici per mano e accompagnaci. Ci fidiamo! Certo siamo lenti, stanchi  e a volte noiosi, ma sappiamo di non desiderare altro che Te.

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