Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

domenica 16 novembre 2014

Servo inutile?


XXXIII DOMENICA T.O.

     Il servo inutile gettatelo fuori, nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti” (Mt 25,30); questa è la sorte di chi non ha fatto la sua parte, ma in un’altra occasione, Gesù ha detto: “Anche voi, quando avete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo  servi inutili” (Lc 17,10). Servo e inutile, sono parole che stonano al nostro orecchio. Se il Vangelo è bella notizia, come intendere queste parole? Siamo utili o inutili? Siamo figli o servi?


     All’inizio della storia, quando Dio ha creato il mondo e tutto ciò che contiene, vi ha posto gli esseri umani, affinché lo custodissero e lo coltivassero – a nessun altro ha chiesto lo stesso - (Gen 2,15). Oggi Gesù ribadisce la stessa cosa: “Un uomo … consegnò ai suoi servi i suoi beni” (Mt 25,14). Dio si fida dell’uomo, altrimenti non continuerebbe ad affidarci i suoi tesori: la creazione e gli altri esseri umani.  Non c’è dubbio che il Signore vuole la nostra collaborazione. Potrebbe tranquillamente far senza di noi e servirsi solo degli angeli – verrebbe tutto molto meglio -, ma vuole il nostro aiuto. Scrive papa Francesco che, Gesù “vuole servirsi di noi per arrivare sempre più vicino al suo popolo amato. Ci prende di mezzo al popolo e ci invia al popolo” (EG 268).

     Perché? Perché non c’è nessuna creatura che possa stare al pari degli esseri umani. Dio ha voluto diventare carne per dimostrarlo. Noi siamo, per volontà divina, il vertice della creazione. Tutto è stato creato per noi: “Il Signore fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare” (2,9); tanta bellezza e bontà sono per noi; “Non è bene che l’uomo sia solo … allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di animali” (Gen 2,18s); gli animali sono stati creati per noi. Dio ci ha donato tutto questo per goderne, ma anche affinché ne facciamo un uso responsabile. Non possiamo essere egocentrici consumatori delle cose di Dio.

     Mi piace dire che, a noi credenti non crescono le ali, ma le mani e i piedi. Voglio dire che, tanto più siamo immersi in Dio, tanto più diventiamo spontanei custodi del creato e costruttori del Regno. Oggi vanno di moda le spiritualità per “stare bene” che, portano a un eccesso di attenzione per sé, per il proprio benessere, ma non so quanto sia cristiana una spiritualità che, non porta con sé il profondo desiderio di salvare il mondo e quanto contiene o, come scrive ancora il Papa che, ci consente “di essere cristiani mantenendo una prudente distanza dalle piaghe del Signore. … Gesù vuole che tocchiamo la miseria umana, che tocchiamo la carne sofferente degli altri. Aspetta che rinunciamo a cercare quei ripari personali o comunitari che ci permettono di mantenerci a distanza … dal dramma umano” (EG 270).  E’ evidente, non siamo noi a salvare niente e nessuno, ma diventiamo collaboratori dell’unico Salvatore. Scrive Madeleine Delbrel: “Inizia un altro giorno. Gesù vuole viverlo in me.  Lui non si è isolato. Ha camminato in mezzo agli uomini. Con me cammina tra gli uomini d’oggi. Incontrerà ciascuno di quelli che entreranno nella mia casa. … Tutti saranno quelli che egli è venuto a cercare. Ciascuno colui che è venuto a salvare. A coloro che mi parleranno, egli avrà qualcosa da dire. A coloro che verranno meno, egli avrà qualche cosa da dare. … Noi non possiamo esimerci di essere, in ogni istante, gl’inviati di Dio nel mondo” (La gioia di credere, Gribaudi 148s); l’amore di Gesù Cristo conduce inesorabilmente all’amore di tutti i fratelli. I santi continuano a esserci maestri; essi sono gli amici dello sposo e hanno servito l’umanità in maniera originale e appassionata. Della storia cristiana si tende a ricordare le malefatte, ma quanto hanno fatto per il mondo, gli uomini e le donne di Dio?

     A ognuno di noi il Signore chiede di fare la propria parte. Non tutti devono fare tutto; non tutti devono farlo nello stesso modo. Gesù l’ha detto: a qualcuno sono stati affidati cinque talenti a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno. Ci ostiniamo a dire che i talenti sono i doni di Dio, invece no, sono i beni di Dio affidatici in base alle forze che abbiamo. Anche chi è meno dotato, agli occhi del mondo, può fare la sua parte.

     Oggi Gesù ci invita a guardarci attorno e ci chiede: “Che ne fai dei tuoi fratelli? Che cura hai della creazione? Sei uno che sta a guardare e, magari, critichi quello che fanno gli altri o sai metterti in gioco? Rinvii sempre il tuo impegno a quando potrai, ne avrai tempo o già oggi senti in te la chiamata a salvare chi ti sta a fianco? Sperimenti il piacere di essere una sorgente, che tracima e rinfresca gli altri o fuggi dagli altri, nascondendoti, negandoti alla condivisione, resistendo al dare, chiudendoti nella comodità?

    Signore, donami occhi capaci di vedere le necessità e le sofferenze dei fratelli. Non lasciare che viva ripiegato solo sui miei problemi e le mie necessità. Donami un cuore capace di amare gli altri come li ami tu. Aiutami a salvare il mondo non con i miei progetti, ma in obbedienza alla tua volontà.

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