Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

sabato 16 maggio 2015

Serpenti, veleni?



ASCENSIONE

     “Mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava» (At 1,10).
Stiamo assistendo a un allontanamento di Gesù? I verbi  usati da Luca (sottrarre; andare), sembrano dirlo chiaramente. Allora sarebbe difficile festeggiare ed essere gioiosi, se questo è il significato dell’Ascensione, perché già, spesso ci sentiamo soli, ma se anche il Signore se ne  è andato e ci ha lasciati qui, “in questa valle di lacrime”, che cosa ci resta?
     In realtà, ci racconta Luca: “due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo” (At 1,11). Innanzitutto Cristo se ne va, ma solo dai nostri sguardi; Gesù ritornerà alla fine dei tempi, per portare a compimento il progetto del Padre, ma nel contempo rimane con noi in modo nuovo, diverso. Infatti Gesù è “asceso là, da dove mai si eri allontanato” e nel contempo rimane con noi pur tornando alla destra del Padre. Del resto il Suo nome è “Emmanuele” Dio con noi e Dio  non mente.
     Gesù è asceso al cielo con la Sua umanità; nulla ha abbandonato qui, come scarto. Gesù è alla destra del Padre con il Suo corpo, perché esso non è un accessorio che, a un certo punto può essere messo nella raccolta differenziata. Altro che “prigione dell’anima”, altro che “zavorra” da cui liberarsi quanto prima! Il corpo umano ha un valore così alto che Dio stesso lo prende, lo fa proprio. Poteva scegliere la natura angelica e invece ha messo al vertice quella umana. Forse proprio per questo alcuni angeli si sono ribellati a Dio, diventando demoni, per gelosia nei  confronti dell’uomo.
     Questo fa si che risulti completamente incompatibile con Cristo, ogni credenza nella reincarnazione, secondo la quale, dopo la morte, al fine di una progressiva purificazione, l’essere umano prenderebbe un altro corpo, umano o animale. No, come scrive san Giustino martire: “Forse l’anima, presa separatamente, è l’uomo? No assolutamente! Si chiamerà il corpo dell’uomo. …  solo quello che è composto delle due cose si chiamerà uomo» (De Resurrectione, 8). Nulla di noi andrà perduto, anche se verrà trasformato in un modo che ancora non conosciamo.
     L’altra conseguenza è la enorme dignità del corpo umano che, per nessuna ragione può essere sottoposto  a oltraggio; manipolato o usato anche quando è imperfetto o invecchiato.
     L’Ascensione del Signore porta con sé il tempo della responsabilità per i credenti. Cristo è presente attraverso di noi: “come la natura (umana) assunta serve al Verbo divino da vivo organo di salvezza, a lui indissolubilmente unito, così in modo non dissimile l'organismo sociale della Chiesa serve allo Spirito di Cristo che la vivifica, per la crescita del corpo” (LG I,8). Per questo san Paolo ci scrive: “vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell'amore, avendo a cuore di conservare l'unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace” (Ef 4,1); Egli sa che, chi vede noi, in qualche modo, vede Cristo.
     Gesù ora ci indica anche alcuni segni, che mostrano al mondo e a noi stessi, se siamo suoi: “nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno» (Mc 16,17).
    Scacciare i demoni? Siamo tutti esorcisti? Si, non nel senso, che possiamo liberare gli indemoniati (questo spetta solo ai sacerdoti incaricati dai Vescovi), ma se sappiamo riconoscere e sventare l’azione del maligno, che non cessa mai di spingerci verso la rovina. Chi è di Dio, non chiama bene il male e male il bene, perché sa che “se diciamo di essere in comunione con lui e camminiamo nelle tenebre, siamo bugiardi e non mettiamo in pratica la verità” (1Gv 1,6).
     Chi è di Dio parla “lingue nuove”, perché conosce in profondità l’essere umano e sa porsi in ascolto delle sue preoccupazioni e paure e dei bisogni più intimi e, per questo,  comunica le risposte autentiche; non ripete la voce della maggioranza, come se  questa, solo perché è della maggioranza, fosse vera.
     “Se berranno qualche veleno, non recherà loro danno”; perché pur vivendo nel mondo, come tutti, non si lasciano avvelenare dalle idee dominanti; non consentono al mondo di trasformare la loro vita, ma lasciano che il Vangelo trasformi il loro mondo.
     Infine “imporranno le mani ai malati e questi guariranno”, non perché avranno particolari poteri taumaturgici, ma perché la compassione, li farà inevitabili compagni di strada di coloro che soffrono; non solo con vaghe e inconcludenti emozioni, ma con fatti che, se non avranno il potere di togliere dal dolore e dalla fatica, almeno faranno si che l’altro non si senta solo nell’attraversarle.


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