XIX DOM. T.O.
In queste ultime settimane abbiamo visto
Gesù moltiplicare i pani e i pesci in quantità talmente abbondante da avanzarne
addirittura dodici ceste. Chi ha assistito a questo evento e ha gustato il
cibo, s’è convinto di avere incontrato finalmente Colui che avrebbe risolto
tutti i problemi del popolo. Pensano: ecco uno che toglie la fame; che guarisce
gli ammalati; scaccia i demoni e mette fuori gioco i corrotti e inadeguati capi
del popolo. In ogni tempo gli uomini cercano e desiderano uno così.
Gesù però non è molto contento di questa
cosa, infatti dice: “In Verità, in
verità vi dico che voi mi cercate non perché avete visto dei segni miracolosi,
ma perché avete mangiato dei pani e vi siete saziati” (Gv 6,26). Tutti i
miracoli che Gesù compie, sono segni che vogliono fare alzare lo sguardo,
mostrare ciò che altrimenti non si vedrebbe. Gesù guarisce alcuni, non per dire
che vincerà ogni male e fatica sulla terra, ma che Egli è Signore anche sul
male e che questo non avrà la parola definitiva sulla vita degli uomini;
scaccia i demoni, per mostrare che il maligno è un fallito, uno sconfitto;
moltiplica i pani, non per dire che, con un piano quinquennale, come quelli
della F.A.O. sconfiggerà la fame del Terzo Mondo, ma per mostrare che Egli offre
l’unico cibo che sazia la fame più profonda degli uomini.
Durante
i quarant’anni di peregrinazione del popolo ebreo attraverso il deserto, Dio è
intervenuto ripetutamente anche per le necessità materiali del popolo. Gli
antichi ebrei erano rimasti impressionati soprattutto da due interventi
straordinari di Dio: “Mosè invocò l'aiuto
del Signore … Il Signore disse a Mosè: “Passa davanti al popolo e prendi con te
alcuni anziani di Israele. Prendi in mano il bastone con cui hai percosso il
Nilo, e và! Ecco, io starò davanti a te sulla roccia, sull'Oreb; tu batterai
sulla roccia: ne uscirà acqua e il popolo berrà” (Es 17,5-7); e il dono
della manna: “Al mattino vi era uno
strato di rugiada intorno all'accampamento. Poi lo strato di rugiada svanì ed
ecco sulla superficie del deserto vi era una cosa minuta e granulosa, minuta
come è la brina sulla terra. Gli Israeliti la videro e si dissero l'un l'altro:
“Man hu: che cos'è?”, perché
non sapevano che cosa fosse. Mosè disse loro: “E' il pane che il Signore vi ha
dato in cibo (Es 16,13-15).
Questi stessi doni vengono elargiti a Elia
nel suo “esodo” attraverso il deserto. In realtà egli sta fuggendo dall’ira
della regina Gezabele, che vuole ucciderlo per ciò che ha fatto ai profeti del dio Baal.
Lo troviamo esausto, prostrato nel corpo e
nello spirito, desideroso solo di morire: “Ora
basta Signore, prendi la mia vita” (1 Re 19,4). Proprio in questa
situazione Dio offre al profeta il nutrimento necessario per proseguire il
cammino e quindi portare a termine la sua missione.
Mentre le cose vanno avanti
tranquillamente, spesso ci sentiamo autosufficienti: “Nella mia prosperità ho detto: «Nulla mi farà vacillare!». Nella tua
bontà, o Signore, mi hai posto su un monte sicuro; ma quando hai nascosto il
tuo volto, io sono stato turbato” (Salmo 30,7ss).
Quando la vita si fa pesante, è facile
abbattersi e chiamare in causa Dio, che appare insensibile: “Forse Dio ci respingerà per sempre, non
sarà più benevolo con noi? E' forse cessato per sempre il suo amore, è finita la
sua promessa per sempre? Può Dio aver dimenticato la misericordia, aver chiuso
nell'ira il suo cuore? E ho detto: «Questo è il mio tormento: è mutata la
destra dell'Altissimo» (Salmo 77,8ss).
La Scrittura ci dice oggi che Egli è colui che può
risollevarci quando, come Elia, come il popolo pellegrinante, ci sentiamo
sfiniti dalla vita.
Non dobbiamo illuderci però che Gesù
Cristo sia una facile e miracolosa soluzione alle difficoltà. Gesù ci offre la
strada e il sostegno per affrontare già oggi le tribolazioni dell’esistenza, ma
questo comporta una profonda adesione a Lui, un continuo impegno per rimanere
uniti a Lui: “Chi rimane in me e io in
lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla” (Gv 15,5).
Quando invidiamo coloro che riescono ad attraversare i momenti bui della vita,
chiediamoci anche quale rapporto con Dio hanno coltivato.
Noi vorremmo che Dio fosse a nostro
servizio, sempre pronto a tranquillizzarci a risolvere i nostri problemi, a
rimediare ai guai che combiniamo; ecc … peccato però che non sempre accettiamo
le sue indicazioni. Anche quando abbiamo “fame” e Lui ci offre il suo “pane”,
spesso gli diciamo che non ci piace, che preferiremmo qualcosa di diverso e più
sostanzioso o gustoso. Chiediamo aiuto da Dio, ma non accettiamo di lasciarci
aiutare. E’ come, quando uno va dal medico, perché si sente male, ma non
accetta la cura prescrittagli oppure sta a disquisire, dichiarando di conoscere
una cura migliore.
Forse dovremmo ripeterci più spesso le
parole di Gesù: “I vostri padri hanno
mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal
cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo disceso dal cielo”
(Gv 6,49ss).
Siamo chiamati a far crescere la nostra
fede, perché diventi fiduciosa: “Signore, io mi fido di te, perché so che sei
l’inviato del Padre, perché so che conosci il Padre e compi le sue stesse
opere”.
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