Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

sabato 7 novembre 2015

Che donne!



XXXII DOM. T.O.

     Nel mondo biblico la donna dipendeva in tutto dall’uomo, prima dal padre e poi dal marito. Nel momento in cui perdeva lo sposo, a causa della morte, cessava la relazione fondamentale, sia che avesse figli, che non ne avesse. Perdeva il ruolo che la rendeva tanto importante, non valeva più, diventando  un costo. Alla morte del marito non era l’erede del patrimonio, faceva invece parte dell’eredità.

     Le vedove, così come gli orfani e gli stranieri erano categorie veramente fragili, in balia dei più furbi. Per questo Gesù denuncia con grande chiarezza il comportamento di alcuni scribi che “divorano le case delle vedove” (Mc 12,40), cioè approfittano della loro debolezza per arricchirsi.
     Eppure oggi noi incontriamo proprio due vedove e impariamo da loro; due donne inutili agli occhi degli uomini del loro tempo, ma non agli occhi di Dio: “Non vi è creatura che possa nascondersi davanti a Dio, ma tutto è nudo e scoperto agli occhi di colui al quale noi dobbiamo rendere contob 4,13).
     Sono donne deboli, ma coraggiose, poste come modello per l’umanità di  tutti i tempi. Ci vuole coraggio infatti, quando non si possiede nulla, a donarlo.
     Come è diversa la logica divina da quella umana!
     Cosa hanno fatto di tanto straordinario queste due donne? Hanno offerto tutto ciò che avevano.
     E’ davvero una bella notizia il fatto che Gesù le abbia notate e ce le indichi. Perché?
     Perché troppo spesso ci immaginiamo un Dio che da noi vuole molto, fin troppo: molto tempo, molto impegno, molte offerte, molte penitenze, molto coraggio, ecc …. Così la vita fedele sembra alla portata di pochi.
     In realtà Gesù non ha lodato coloro che hanno dato molto – “Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte” (Mc 12,41) -, ma una che ha oggettivamente dato un’offerta ridicola. Proviamo a immaginare un dono di pochi monetine di rame. Eppure in relazione a quanto possedeva la donna, era non solo moltissimo, ma addirittura tutto.
     Dio da noi non chiede molto, ma attende tutto. Non è la stessa cosa, perché, per dare molto, bisogna avere molto; per dare tutto, è sufficiente molto amore.
     Continuiamo a pensare che tutto va male, ma non ci rendiamo conto di quanto dono riempie le giornate della nostra città. Quanti uomini e donne donano il poco che gli rimane. Cosa sarebbe l’esistenza, senza l’amore di tanti genitori che, dopo giornate sfiancanti trovano il tempo di curare, custodire, accogliere i propri figli; o di uomini e donne di fede che, pur coinvolti in mille impegni, trovano il coraggio – perché questo è – di uscire la sera, per venire a pregare o ascoltare un po’ di parola di Dio; e che dire di coloro che offrono parte del proprio tempo di riposo per servire i più poveri; o chi, pur non avendo più una piena salute o mancando della giovinezza, trova lo spazio per continuare a servire; anche chi fatica a sbarcare il lunario, ma sa donare un po’ del proprio denaro, rinunciando a qualcosa per sé. Non sto parlando di teorie, ma di persone con volti e nomi ben precisi.
     Mi devo chiedere oggi: perché a Dio do così poco? E’ perché lo amo ben poco o perché realmente non posso dare di più? 
     Prego poco perché non ne sento il desiderio o perché il mio tempo è già donato? Dono poco, perché tengo tutto per me o perché mi manca realmente il necessario? Mi dono poco, perché così vivo più tranquillo o perché realmente non posso fare di più?
     La domanda vale anche per coloro che fanno tanto e danno tanto: “Cosa mi spinge? Un amore abbondante o che cosa?
     E’ inutile che ci inganniamo, perché come afferma il salmista:

“Signore, tu mi scruti e mi conosci,
tu conosci quando mi siedo e quando mi alzo,
intendi da lontano i miei pensieri,
osservi il mio cammino e il mio riposo,
ti sono note tutte le mie vie.
La mia parola non è ancora sulla lingua
ed ecco, Signore, già la conosci tutta.
Alle spalle e di fronte mi circondi
e poni su di me la tua mano”
(Salmo 139,1ss).

     Signore, pensavo di avere poco da darti e mi vergognavo della mia povertà: ho poco tempo, poco denaro, poche capacità, poco coraggio; ma oggi ho compreso che ai tuoi occhi nulla ha poco valore, se donato con amore. Ecco allora: ho deciso che non tratterrò per me quanto possiedo. Accoglilo e moltiplicalo Tu. Grazie Signore, perché  non hai voluto il Vangelo solo per i forti, i ricchi, gli intelligenti, ma anche per quelli come me.

    
    

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