Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

venerdì 6 gennaio 2017

Automobile con pilota automatico


EPIFANIA



     Si sta diffondendo un nuovo tipo di automobile, con il  pilota automatico: basta programmarla e conduce alla meta prescelta.


    Gli orologi “camminano” come devono; ogni 12 ore fanno il giro di tutto il quadrante. Nulla cambia nel loro processo e fanno molto bene il loro dovere.

     A volte la nostra esperienza di fede è paragonabile a queste due “macchine”: procede regolarmente, magari perché è stata “programmata” dai genitori; fa fare ciò che si deve fare, ma sembra non avere nessuna vita o quanto meno, nessun palpito di passione.  

     Ci accorgiamo dell’inadeguatezza di questa fede, quando la tenebra comincia a invadere il nostro orizzonte. C’è un Salmo a me molto caro che dice: “Ho detto, nella mia sicurezza: “Mai potrò vacillare!”. Nella tua bontà o Signore mi avevi posti sul mio monte sicuro; il tuo volto hai nascosto e lo spavento mi ha preso”  (Salmo 30, 8s); in parole molto semplici, il salmista sta dicendo che si è sentito invincibile fino a quando le cose gli sono andate bene, ma appena qualcosa nella sua vita è entrato in crisi, si è sentito debole e perduto. E’ lo stesso pericolo che annuncia Gesù con la parabola della casa costruita sulla sabbia e quella sulla pietra: entrambe sono sottoposte a forti fenomeni naturali, ma una crolla e l’altra, invece, pur essendo colpita e scossa, rimane solida.



     Abbiamo appena incontrato uomini con una fede probabilmente immatura, ma viva e ardente. Dopo averli incontrati, facciamo fatica a rientrare nel tranquillo tran tran che, ci fa accontentare di ripercorrere costantemente le stesse strade e, ripetere gesti e  parole di cui spesso non conosciamo il senso. Quanta gente si tiene lontana da Dio, nella convinzione che offra solo cose scontate e che puzzano di muffa. Forse anche noi siamo responsabili di questa visione errata, perché noi stessi, invece di profumare di Cristo, portiamo in giro un vago sentore di vecchio, come quando si aprono gli armadi delle nonne, piene di naftalina.

     I Magi ci lasciano inquieti, perché ci sono testimoni di  una fede che non si accontenta del già sentito, ma che si fa ricerca. I verbi di questi saggi o Re, sono: desiderare, camminare, sfidare la fatica e la paura.

      Essi si sono lasciati sorprendere da Dio. Probabilmente, in quanto astronomi e sapienti, sapevano moltissime cose su di Lui e, mai avrebbero immaginato che, avrebbe scelto la debolezza di un bambino per manifestarsi. Forse i loro ragionamenti e le loro conoscenze affermavano addirittura l’impossibilità di un fatto del genere, ma non si sono lasciati fermare; hanno accettato che le vie di Dio sono bene diverse dalle vie degli uomini. Se i Magi, una volta giunti a Betlemme, davanti a quella scena di miseria, si fossero messi a ridere o avessero liquidata come assurda la pretesa che quel bimbo fosse Dio, nulla sarebbe cambiato nella loro esistenza.

     Quante volte rischiamo di non riconoscere la presenza di Dio, per il fatto che non sceglie i nostri canoni e va oltre i nostri schemi limitati e ci perdiamo in banali discussioni tra ciò che è progressista e ciò che è tradizionalista; preconciliare o post-conciliare; moderno o superato? Siamo sicuri che Dio c’entri in queste categorie? Potessimo dire invece con Giobbe: “Ho esposto cose che non capisco, cose troppo meravigliose per me, che non comprendo. … Io ti conoscevo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti hanno veduto” (Gb 42,3;5).

     I Magi ci spingono a muoverci, a lasciarci dietro le spalle una fede statica, senza domande e senza ricerca di risposte. Possiamo scegliere di andare dietro a loro, come loro hanno seguito la stella, per andare in cerca di Gesù: essi ci chiamano.  

     Andare in cerca di Gesù, significa desiderare con tutto il cuore che, Egli diventi il fondamento della nostra esistenza. Chi incontra Gesù, non può più separare la fede dalla vita; sa che non esiste una distinzione tra spazio sacro e profano (dove Dio è escluso), perché tutto è sacro, nel senso che, Gesù chiede di entrare in tutte le pieghe della nostra quotidianità.

    

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