Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

domenica 7 maggio 2017

Sei Tu il mio Pastore?


IV DOM. PASQUA



     Subito dopo la guarigione del cieco nato, Gesù sembra avercela con qualcuno,
tanto da usare espressioni molto dure: “ladro” e “brigante”. Il Signore denuncia che c’è qualcuno che ha come scopo togliere, portare via, rubare e fare del male al suo popolo. Sono forse i Farisei un po’ pieni di sé e arrabbiati, perché Gesù ha ridato la vista a un cieco di sabato; quelli che sono arrivati a dire: “Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato”(Gv 9,16)?

     Chissà, a noi interessa però che questa parola di Gesù illumini i nostri giorni, per cui desideriamo capire chi è ladro e brigante oggi, per stargli alla larga.

     Sono ladri e briganti tutti coloro che NON hanno a cuore il bene dell’uomo che, non accettano la sua guarigione e liberazione, ma si servono dell’uomo, facendone un mezzo e non un fine. Il profeta Ezechiele scrive: “Guai ai pastori d’Israele, che pascono se stessi! I pastori non dovrebbero forse pascere il gregge? Vi nutrite di latte, vi rivestite di lana, ammazzate le pecore più grasse, ma non pascolate il gregge. Non avete reso forti le pecore deboli, non avete curato le inferme, non avete fasciato quelle ferite, non avete riportato le disperse. Non siete andati in cerca delle smarrite, ma le avete guidate con crudeltà e violenza” (Ez 34,2ss). Con queste immagini simboliche Ezechiele non risparmia nessuno: capi religiosi e politici e gente comune.

     Si pone allora la grande domanda: chi sto seguendo? Chi è il mio pastore? Dalla risposta a questa domanda, dipende la qualità della nostra vita: “Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo” (Gv 10,9). Ci lamentiamo molto per ciò che avviene, ma dobbiamo anche chiederci se il problema non sta in chi affidiamo la nostra esistenza: “Ascolta, popolo mio: …  se tu mi ascoltassi! Non ci sia in mezzo a te un dio estraneo e non prostrarti a un dio straniero. Sono io il Signore, tuo Dio … Ma il mio popolo non ha ascoltato la mia voce, … l'ho abbandonato alla durezza del suo cuore. Seguano pure i loro progetti!” (Salmo 80,9ss).

    Il maligno con la sua tipica astuzia ci indica falsi pastori che, in realtà sono dei veri e propri predatori, i famosi lupi travestiti da agnelli: tutti coloro che ci indicano strade alternative a quella di Cristo dovrebbero metterci in allarme;  fa anche di tutto poi per distrarci, così che la voce del Pastore non possa raggiungerci, perdendosi in mezzo al rumore e alle mille preoccupazioni che ci assillano. La nostra vita è diventata così frenetica che non abbiamo quasi più spazio per fermarci ad ascoltare. E’ un problema serio.

     Se chiedessimo a Pietro: “Cosa dobbiamo fare?”, credo che ci risponderebbe: “Fermatevi! Mettetevi in ascolto!”.

     Le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei» (Gv 10,4s). Chi siamo noi cristiani se non, quelli che conoscono la voce del Pastore e fuggono dai predatori? Ascoltiamo le ferme parole di Giovanni: “Da questo sappiamo di averlo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti. Chi dice: «Lo conosco», e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e in lui non c’è la verità” (1Gv 2,3s).

     La mattina di Pasqua, davanti al sepolcro, Maria di Magdala incontra Gesù, ma non lo riconosce; solo quando Lui la chiama per nome, lei ha la certezza che sia il suo Signore. Anche se in Gesù qualcosa è mutato, lei lo riconosce. Quell’ascolto, curato nel tempo in cui ha vissuto con Gesù, le ha consentito di ritrovare la speranza e la gioia, quando tutto sembrava crollare.

     E’ importante ascoltare? No, è più che importante, è essenziale. Altrimenti rischiamo di uscire dall’ovile per vagare a caso,  allontanandoci dalla meta o seguendo ladri e briganti che, aspettano solo il momento opportuno per spogliarci dei nostri beni, se non della vita stessa. Ascoltiamo per l’ennesima volta Seneca: “E’ certo che, sino a quando vagheremo a caso, non seguendo una guida ma ascoltando lo strepito delle voci discordi che ci spingono in direzioni diverse, la nostra vita, già breve di per sé, si consumerà in questo andare errabondo, anche se c'impegniamo giorno e notte, animati dalle migliori intenzioni” (L. A. Seneca, La felicità I).

     Possiamo riprendere un racconto della nostra infanzia che, però è tutto meno che banale: Pinocchio. Ricordiamo quanto sia sciocco il burattino di legno che non vuole ascoltare il buon Geppetto e nemmeno il Grillo parlante, ma si lascia ingannare dal Gatto e la Volpe che hanno come unico scopo rubargli gli zecchini d’oro.

     Anche se siamo adulti, a volte ragioniamo come Pinocchio: “Come siamo disgraziati noi altri poveri ragazzi! Tutti ci sgridano, tutti ci ammoniscono, tutti ci danno dei consigli. A lasciarli dire, tutti si metterebbero in capo di essere i nostri babbi e i nostri maestri; tutti: anche i Grilli-parlanti. Ecco qui: perché io non ho voluto dar retta a quell’uggioso di Grillo, chi lo sa quante disgrazie, secondo lui, mi dovrebbero accadere!” (C. Collodi, Pinocchio, XIV).

    Aiutaci Signore a non fuggire davanti a Te, a non soffocare la Tua voce, ma rendi attento il nostro orecchio, così che, con Te, possiamo raggiungere i pascoli erbosi in cui riposare.


Nessun commento:

Posta un commento