XXIII DOM. T.O
“Chi di voi, se ha cento pecore e
ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella
perduta, finché non la trova?” (Lc 15,4). Queste parole di Gesù, ci
spiegano il percorso apparentemente assurdo che, il Signore ha appena compiuto
per raggiungere il sordo muto. E’ partito da Tiro, è passato per Sidone e poi è
giunto nella Decapoli, verso il Mare di Galilea. E’ come se uno partisse da
Parma, passasse per Torino, per andare a Bologna.
Sembra quasi che Gesù percorra in lungo e in largo quella terra pagana
per cercare quel singolo uomo in difficoltà. Ci godiamo le parole del Salmista,
quando canta: “Signore, tu mi scruti e mi
conosci, tu conosci quando mi siedo e quando mi alzo, intendi da lontano i miei
pensieri, osservi il mio cammino e il
mio riposo, ti sono note tutte le mie vie. … Alle spalle e di fronte mi
circondi
e poni su di me la tua mano. … Dove andare lontano dal tuo spirito? Dove fuggire dalla tua presenza? Se salgo in cielo, là tu sei; se scendo negli inferi, eccoti. Se prendo le ali dell’aurora
per abitare all’estremità del mare, anche là mi guida la tua mano e mi afferra la tua destra” (Salmo 139, 1ss). Per Dio ognuno di noi è unico, non un soggetto indistinto perso in una massa di individui; ognuno di noi merita di essere cercato; ognuno di noi ha diritto a essere guarito.
e poni su di me la tua mano. … Dove andare lontano dal tuo spirito? Dove fuggire dalla tua presenza? Se salgo in cielo, là tu sei; se scendo negli inferi, eccoti. Se prendo le ali dell’aurora
per abitare all’estremità del mare, anche là mi guida la tua mano e mi afferra la tua destra” (Salmo 139, 1ss). Per Dio ognuno di noi è unico, non un soggetto indistinto perso in una massa di individui; ognuno di noi merita di essere cercato; ognuno di noi ha diritto a essere guarito.
Ascoltiamo ancora le parole del Salmista, perché possono aiutarci a
penetrare più in profondità nella guarigione operata da Gesù: “I loro idoli sono argento e oro, opera delle
mani dell’uomo.
Hanno bocca e non parlano, hanno occhi e non vedono, hanno orecchi e non odono, hanno narici e non odorano. Le loro mani non palpano, i loro piedi non camminano; dalla loro gola non escono suoni! Diventi come loro chi li fabbrica e chiunque in essi confida!” (Salmo 115,5ss). Egli sta parlando degli idoli pagani che, non sono altro che statue o immagini prive di vita.
Hanno bocca e non parlano, hanno occhi e non vedono, hanno orecchi e non odono, hanno narici e non odorano. Le loro mani non palpano, i loro piedi non camminano; dalla loro gola non escono suoni! Diventi come loro chi li fabbrica e chiunque in essi confida!” (Salmo 115,5ss). Egli sta parlando degli idoli pagani che, non sono altro che statue o immagini prive di vita.
Chi affida la sua vita agli idoli, prima o poi fa l’esperienza della
solitudine assoluta. Come non ricordare la vicenda di Elia e i profeti di Baal,
i quali “invocarono il nome di Baal dal
mattino fino a mezzogiorno, gridando: «Baal, rispondici!». Ma non vi fu voce,
né chi rispondesse. Quelli continuavano a saltellare da una parte all’altra
intorno all’altare che avevano eretto. Venuto mezzogiorno, Elia cominciò a
beffarsi di loro dicendo: «Gridate a gran voce, perché è un dio! È occupato, è
in affari o è in viaggio; forse dorme, ma si sveglierà». Gridarono a gran voce
e si fecero incisioni, secondo il loro costume, con spade e lance, fino a
bagnarsi tutti di sangue. Passato il mezzogiorno, quelli ancora agirono da
profeti fino al momento dell’offerta del sacrificio, ma non vi fu né voce né risposta
né un segno d’attenzione” (1Re 18,26ss).
Lo so che non siamo più pagani, nel senso che non crediamo all’esistenza
di Zeus, piuttosto che di Atena, ma molto spesso fondiamo la nostra esistenza
su realtà che finiscono per diventare come degli Dei: il lavoro, lo studio, la bellezza fisica, il denaro, la salute, il
piacere, lo sport, la propria realizzazione, ecc … Sono realtà alle quali sacrifichiamo
il nostro tempo, le relazioni, il rapporto con Dio e le nostre risorse umane. Tutto
ciò non è negativo in sé, finché non diventa il fine quasi esclusivo dell’esistenza,
mettendo fuori tutto il resto; prima poi si mostrerà incapace di saziarci nel
profondo, prima o poi ci farà fare l’esperienza di una solitudine profonda.
Oggi invece Gesù mostra di non essere come gli idoli, infatti Lui ha
piedi che camminano e vanno in cerca; mani che toccano e occhi che guardano; bocca che parla. Lui ci mostra
il volto di Dio che non sta in silenzio, non rimane indifferente alla nostra
sorte. Quando ci lasciamo raggiungere da Lui e Gli diamo la possibilità di
toccarci, tutto cambia. E’ come il deserto che, nella sua aridità,
improvvisamente fiorisce alla prima pioggia. Non basta che ci lasciamo guarire
una parte di noi, il Signore vuole risanare tutto di noi. Al sordo muto dice: “Apriti”, non apritevi, come dovrebbe essere se fosse riferito solamente agli
orecchi. Il Signore ha bisogno che, come Abramo, Mosè, Davide, Giovanni
Battista e soprattutto Maria SS. siamo aperti totalmente alla Sua azione. Solo
così Egli può compiere miracoli nella nostra vita.
Il sordo muto non è andato da solo da Gesù, ma è stato condotto. Abbiamo
tutti bisogno di qualcuno che non ci compatisca semplicemente per le nostre “infermità”,
ma che conosca Gesù per esperienza personale che, ci prenda per mano e ci porti
a Lui. Tutti abbiamo bisogno di tornare ad ascoltare quella voce che è capace
di dire “quelle cose che occhio non vide
né orecchio udì né mai entrarono in cuore di uomo” e che egli “ha preparato per coloro che lo amano” (1Cor
2,9). Solo in questo modo diventeremo persone capaci di parlare con sapienza e di
comunicare agli altri il Vangelo della vita.
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