Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

domenica 2 giugno 2019

Protagonisti, non spetattori


ASCENSIONE DEL SIGNORE

     Attraverso la liturgia noi riviviamo gli eventi della vita di Gesù:
-         a Natale eravamo a Betlemme ad adorare il Dio bambino;
-         per l’Epifania abbiamo visto i magi entrare a Gerusalemme per incontrare il Re dei Re;
-         a Pasqua eravamo davanti al sepolcro vuoto con Maria;
-         in questi quaranta giorni abbiamo incontrato il Signore vivo che, ci è apparso e ci ha parlato “delle cose riguardanti il regno di Dio”;
-         oggi Lo contempliamo mentre ascende al cielo.
     Perché tutto questo?
E’ solo uno spettacolo da vedere senza pagare il biglietto? Le nostre chiese sono teatri più o meno belli, dove un regista più o meno capace dirige attori più o meno adeguati? No! Noi viviamo questi eventi attraverso la mediazione dei gesti, dei segni e delle parole liturgiche, per lasciarci raggiungere da Dio ed entrare nel Suo progetto di salvezza per il mondo.  Siamo qui, affinché attraverso di noi, sia santificato e non profanato il nome del Signore; sia edificato il Suo regno e non quello dell’anticristo; perché sia fatta la Sua e non la nostra volontà. Non siamo e non possiamo essere spettatori.
     Oggi chiediamo allo Spirito Santo di farci fare l’esperienza di coloro che andarono sotto la croce “a vedere questo spettacolo” ma “ripensando a quanto era accaduto, se ne tornava battendosi il petto” (Lc 23,48); ciò che hanno appena vissuto li ha feriti, toccati in profondità: sono andati per passare il tempo vedendo morire degli uomini e ritornano cambiati da quella vicenda.
     Anche a ciascuno di noi personalmente Gesù dice: “Saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni” (Lc 24,47s). Noi siamo chiamati a essere annunciatori, ma questo sarà possibile solo se siamo testimoni, ossia se come l’evangelista Giovanni possiamo dire: “quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita … – quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi” (1Gv 1,2s).
     I discepoli “se ne tornarono a Gerusalemme con grande gioia” (Lc 24,52). Evidentemente non percepiscono l’ascensione di Gesù come una separazione, forse perché sentono risuonare nel cuore le parole di Gesù: “io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). Anche noi allora dobbiamo tornare a casa non con il volto triste come i discepoli di Emmaus, bensì pieni di gioia, con la consapevolezza che il Cristo è con noi. Come?
     Attraverso il Sacramenti, la Parola di Dio, i pastori e i poveri. Non sono mediazioni simboliche; Cristo è realmente presente e agisce realmente attraverso il Sacramenti. E’ Lui che battezza, diventa cibo, perdona, si fa presente attraverso i pastori e accompagna nella malattia. E che dire della Parola? I proclamatori Gli prestano la voce, ma è Lui che parla per consolare, provocare, mettere in crisi, orientare l’esistenza, ecc …
     San Francesco aveva talmente ben presente tutto questo che amava e rispettava i sacerdoti, anche quelli che definiva “poverelli”, ossia poco degni, proprio perché dietro la loro inadeguatezza riconosceva il Cristo; per questo si nutriva della Parola, fin tanto da saperla quasi a memoria; si era messo dalla parte dei minori, ossia di quelli che la società del tempo, come ogni società, emarginava, buttava fuori dai propri confini.
     Signore Gesù insegnaci a cercarti dove Tu sei e non a  continuare ad errare qua e là “come pecore senza pastore”; donaci occhi capaci di riconoscerTi, anche se le mediazioni non sono sempre adeguate e all’altezza, se è stato possibile per Francesco di Assisi e tanti santi,perché non dovrebbe essere possibile a noi? Non vogliamo più essere spettatori passivi, ma protagonisti con Te della salvezza di questo mondo che, ha tanto bisogno di Te e della Tua bellezza.


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