XXV DOM. T.O.
Pietro chiede a Gesù: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?» (Mt 19,27) e subito dopo c’è la richiesta di due discepoli, attraverso la loro madre: “Gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedeo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. … : «Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno» (Mt 20,20-23). Giacomo e Giovanni, insieme a Pietro e Andrea sono i primi chiamati, forse portano con sé un senso di diritto alla primogenitura, a un trattamento speciale.
Gesù parla ai Suoi apostoli e, inevitabilmente a noi; ci racconta qual è la Sua logica, cosa Gli sta a cuore e ci invita a lasciarci trasformare, così che i Suoi pensieri diventino i nostri pensieri e le Sue vie, le nostre.
Colpisce nella parabola il comportamento del padrone della vigna, perché va in cerca di operai anche alla fine del pomeriggio, quando è insensato ingaggiare ancora qualcuno. La motivazione di questa ricerca non è in urgenze lavorative; questo padrone in cerca di operai è Dio che desidera l’incontro con gli uomini, che va in cerca e si coinvolge con loro. Del resto ricordiamo bene la parabola della pecora smarrita, quell’unica che è fuori dall’ovile. Ognuno di noi si sente dire dalla voce del Padre: “Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai. Ecco, sulle palme delle mie mani ti ho disegnato” (Is 49,15s). Dio non può accettare che qualcuno possa rimanere escluso dal Suo amore. Tutto deve essere fatto affinché possa essere raggiunto.
C’è una risposta data da alcuni degli uomini che stavano sulla piazza e che provoca commozione: “perché state qui tutto il giorno inoperosi? … Perché nessuno ci ha ingaggiati” (Mt 20,6s). Ci sono tanti esseri umani che non arrivano a conoscere il Signore, perché nessuno si fa tramite. Quante creature restano al margine, perché noi le lasciamo lì; perché invece di essere la voce di Dio che chiama e avvicina, diventiamo una barriere che tiene a distanza.
Dopo il pagamento, un’altra frase fa male al cuore: “Sei tu invidioso, perché io sono buono?”. Il testo greco dice testualmente occhio cattivo (oftalmòs su poneròs) che contrasta con l’essere buono (agathòs) del padrone. C’è qualcuno che non ammette che Dio tratti tutti gli uomini con la stessa misericordia che, sulla giustizia, faccia prevalere l’amore tenero. “Li hai fatti uguali a noi” (fecisti illos pares nobis; cioè, li hai trattati come noi), dicono, scandalizzati, quelli della prima ora.
Continua o Signore a chiamare noi e i nostri fratelli, così che possiamo godere della Tua bellezza; aiutaci a fare festa con Te. Donaci uno sguardo buono su tutti coloro che ci passano a fianco.
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