Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

sabato 2 ottobre 2010

"Fino a quando Signore ...?"


XXVII DOMENICA T.O.

Fino a quando, Signore, implorerò aiuto e non ascolti …?” (Ab 1,2). E’ la domanda di un antico profeta che si lamenta per la difficile condizione del suo popolo e l’apparente silenzio di Dio, ma sono anche le parole che a volte scaturiscono violentemente dal nostro cuore. Quando qualcosa va storto, ci viene da dire: Perché a me? Perché Signore non mi ascolti?

Dobbiamo vergognarci di questo? Siamo creature e, quando la fatica e le ferite della vita ci fiaccano, credo che abbiamo il diritto di sentirci deboli, di avere paura e anche di arrabbiarci. Come sono vere le parole del salmista: “Nella mia prosperità ho detto: «Mai potrò vacillare!». Nella tua bontà, o Signore, mi avevi posto sul mio monte sicuro; ma quando hai nascosto il tuo io sono stato turbato” (Salmo 30,7s). Del resto anche il Figlio di Dio ha gridato: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? … Mio Dio, grido di giorno e non rispondi” (Sl 22,2s).
A mente fredda però dobbiamo anche chiederci se veramente Dio non ascolta, se Egli è come la divinità pagana Baal: “Invocarono il nome di Baal dal mattino fino a mezzogiorno, gridando: «Baal, rispondici!». Ma non vi fu voce, né chi rispondesse. … Venuto mezzogiorno, Elia cominciò a beffarsi di loro dicendo: «Gridate a gran voce, perché è un dio! È occupato, è in affari o è in viaggio; forse dorme, ma si sveglierà». Gridarono a gran voce e si fecero incisioni, secondo il loro costume, con spade e lance, fino a bagnarsi tutti di sangue. … ma non vi fu né voce né risposta né un segno d’attenzione” (1Re 18,27b-29). Vengono i brividi a leggere queste parole.
E’ Dio la causa dei nostri mali e ci abbandona a essi, indifferente?
C’è un Salmo che mi è rimasto impresso, nel quale il Signore afferma: “Il mio popolo non ha ascoltato la mia voce, … non mi ha obbedito: l’ho abbandonato alla durezza del suo cuore. Seguano pure i loro progetti!” (81,12s); anche il profeta Geremia ha qualcosa del genere da dirci: “essi non ascoltarono né prestarono orecchio alla mia parola; anzi, procedettero ostinatamente secondo il loro cuore malvagio e, invece di rivolgersi verso di me, mi hanno voltato le spalle” (7,24).
Non è giunto il momento di assumerci – come singoli e come comunità umana - le nostre responsabilità, almeno per quanto ci competono? Non è che delle nostre difficoltà, tante – anche se non tutte, chiaramente – sono frutto di quei “progetti” che non tengono conto del progetto di Dio; di quel procedere ostinatamente secondo il nostro cuore? Non è che scelte di autonomia rispetto a Dio - nostre e di coloro che ci vivono affianco -, sono la causa di tante nostre fatiche? Non è che il Signore stesso soffre con noi e noi gli impediamo di raggiungerci, per parlarci, toccarci e risanarci? “Egli non ha disprezzato né disdegnato l’afflizione del povero, il proprio volto non gli ha nascosto ma ha ascoltato il suo grido di aiuto” (Sl 22,25).
Quand’anche riusciamo a escludere totalmente la nostra responsabilità rispetto alle fatiche della vita, possiamo dire con tutta sincerità di essere in ascolto del Signore?
E’ Lui che non parla o sono io che non ascolto?
Chiediamoci come si fa ad ascoltare la voce del Signore; quali sono i canali più ordinari della sua presenza consolante, che orienta o che richiama. La straordinaria tradizione della Chiesa ci indica almeno alcune vie:
La Sacra Scrittura, la preghiera personale, il Magistero, la comunità, la liturgia.
Non basta accostarsi in maniera fuggevole e saltuaria a queste “voci”, bisogna frequentarle finché non si acquisisce la capacità di riconoscere chiaramente in esse la voce di Dio per noi, per me. Meno ci risulta facile percorrerle e più dobbiamo insistere.
Troppi di noi non sanno nemmeno come si apre una Bibbia; troppi confondono dei vaghi monologhi con la preghiera; troppi ignorano totalmente la voce dei pastori; troppi vivono un cristianesimo senza comunità.
Tutto questo però ha un suo costo: la voce di Dio è attutita o messa in silenzio.
La Chiesa ha questo ministero: ascoltare e aiutare l’umanità a percepire la “voce” di Dio. Chiediamo alla Chiesa, nostra madre, ai nostri pastori, di insegnarci a percorrere le vie dell’ascolto. Pretendiamo che ci doni quella “voce” della quale abbiamo disperatamente bisogno, perché altrimenti ci troviamo soli e disorientati.

1 commento:

  1. " Mio padre e mia madre mi hanno abbandonato, ma il Signore mi ha raccolto." Quando sono nella fatica e nella difficoltà mi vengono alle labbra queste parole. Lui non ci abbandona, mai. siamo noi che a volte fatichiamo a vederlo accanto.

    RispondiElimina