III DOMENICA AVVENTO
“Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?” (Mt 11,3). Giovanni Battista è in carcere, forse vuole capire se può stare tranquillo, se la sua missione è terminata oppure ha ancora da lavorare per preparare la strada al Salvatore. Già un altro personaggio che sta tra l’AT e il NT ha un atteggiamento simile; è Simeone il quale, dopo aver visto Gesù al Tempio esclama: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli» (Lc 2,29).
Gesù risponde: “Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete” (11,4). Ci sono dei segni tangibili, che si possono riconoscere e che dicono che quell’uomo non è semplicemente un uomo.
Cosa si può vedere? “I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo” (Mt 11,5).
E’ chiaro che se Gesù fa annunciare questi fatti a Giovanni, è perché entrambi sanno che questi sono le primizie, i germogli della salvezza – anche se non i frutti maturi -. Il Battista ha evidentemente ben impresse nella mente le parole di Isaia: “Ecco il vostro Dio … egli viene a salvarvi. Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto …” (Is 35, 4ss).
Giovanni riconosce che la sua missione è stata portata a termine e, serenamente, esce di scena.
Sono più di 2000 anni che Dio si è fatto carne, che la salvezza è entrata nel mondo. Isaia ha preannunciato che il deserto e la terra arida sarebbero fioriti – ci sono alcuni splendidi i versetti che nel brano di oggi sono stati saltati: “La terra bruciata diventerà una palude, il suolo riarso sorgenti d’acqua. I luoghi dove si sdraiavano gli sciacalli diventeranno canneti e giuncaie” (Is 35, 7) -; ci sentiamo ancora nel deserto inaridito o riusciamo a riconoscere i segni di vita e di salvezza?
Quando ci domandano – e tante volte lo fanno – se davvero il Cristo è colui che può salvare l’uomo, cosa rispondiamo? Siamo capaci di dire: “Ascolta e guarda i fatti”?
Per poter indicare agli altri questi segni – a volte soffocati dal male – bisogna avere occhi e orecchi ben aperti e averli riconosciuti per primi.
Certo, se ci aspettiamo di vedere miracoli fisici ai ciechi, agli zoppi, ai lebbrosi, ai sordi o la resurrezione di morti, con tutta probabilità, siamo destinati a essere delusi. Si fa una fatica incredibile a “dimostrare” l’autenticità di quei pochi miracoli legati ai vari santi e beati, figuriamoci quale probabilità abbiamo noi di esserne testimoni.
Non so se capita anche a voi, ma io continuo ad avere il privilegio di incontrare persone trasformate, risanate o che, semplicemente, dopo anni di stasi, si rimettono in cammino, ricominciano a vivere; erano incapaci di capire qualcosa della propria esistenza – e quindi cieche -, facevano una fatica folle a stare in piedi e affrontare l’esistenza – e quindi zoppe -; ferite dal loro peccato, perché il peccato lascia sempre segni – e quindi lebbrose -; al limite della disperazione e, a volte, anche oltre il limite – quindi morte o desiderose di morire -, eppure quando per qualche misteriosa ragione il Signore è riuscito a penetrare le loro barriere, le ho viste lentamente riacquistare vita. Mi piacerebbe poter fare i nomi e i cognomi, così non darei l’impressione di inventarmi i fatti, ma ovviamente non è possibile, eppure le loro storie sono per me la prova provata che il Signore sta continuando a irrigare il deserto e a trasformare le tenebre in luce.
Se poi guardo alla mia vita, io non ho dubbi sul fatto che il Signore è venuto a cercarmi, mi ha trovato nel 1989, mi ha preso per mano e da allora non mi ha più lasciato, nonostante i miei continui tentativi di ribellione. Se non ci fosse Lui, credo che non potrei esistere e il mio deserto sarebbe ancora più arido.
Perché i segni non sono più evidenti?
Innanzitutto il problema non sta nei segni, ma negli occhi con i quali li guardiamo; del resto anche i contemporanei di Gesù, che hanno visto e ascoltato, non tutti hanno capito. Possiamo fare nostro il detto secondo il quale “non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire” e, aggiungiamo “peggior cieco di chi non vuol vedere”.
C’è però anche un’altra ragione e me l’ha spiegata don Primo Mazzolari con una sua omelia. Egli ha detto: “Qualcuno afferma: “Se Dio ci fosse non avrebbe permesso questi tremendi fatti …”. Se Dio fosse! Ma non v’accorgete che, quando ragionate a questa maniera, quando pretendete che il Signore prenda per il collo o un popolo, o una razza o un esercito o un dittatore, per impedirgli di fare il male, voi lo create anche Lui un sopraffattore, un violento, un dittatore? Gli date in mano degli eserciti. E’ qui, vedete, dove si differenzia il mondo cristiano e il mondo pagano che continua. Noi crediamo a questo bene che non ha apparenza, che pare più impotente; niente di più insignificante … di un bambino appena nato, nella sua impotenza. Eppure questa è la strada … E il solco del bene non passa attraverso le manifestazioni della potenza miserabile degli uomini, che hanno creduto e credono di poter imporre il loro male al mondo” (Omelia per l’Immacolata, 1956).
Dio si è volutamente fatto debole e così non si impone né a noi né agli altri.
Preghiamo con le parole del Salmo 118: “Aprimi gli occhi perché io consideri le meraviglie della tua legge. … Distogli i miei occhi dal guardare cose vane, fammi vivere nella tua via” (118,18;37).
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