Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

sabato 21 maggio 2011

“Non sia turbato il vostro cuore ...”

V DOMENICA DI PASQUA

     “Non sia turbato il vostro cuore ...” (Gv 14,1). Sono parole forti, perché qui il turbamento esprime la prospettiva di un annientamento, infatti è utilizzato per lo stesso Gesù stesso quando ha visto Lazzaro morto; al pensiero della propria morte e quando ha preannunciato il tradimento di Giuda; -.
     Perché sono così turbati i discepoli?
Perché Gesù gli ha appena detto che se ne andrà senza di loro – “dove vado io, voi non potete venire. … Dove io vado, tu (Pietro) per ora non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi» (13,33;36). Forse sono più preoccupati per se stessi che per Lui; sono turbati dalla prospettiva di essere abbandonati, di ritornare a essere soli.
     E’ facile dire: “Non essere turbato”! - quante volte lo abbiamo detto, anche se con altre parole, a persone in difficoltà; quante volte lo hanno detto a noi -, ma quanto è difficile realizzare questo invito. Qualcuno ci prova facendo ricorso a tecniche di training autogeno; altri si affidano al Buddismo; altri ancora – sono in continuo aumento - fanno uso di medicinali adeguati; la maggioranza  si adegua alla condizione di sofferenza e sopravvive come può.
     Gesù non si limita all’invito alla tranquillità, ma offre anche il modo per realizzarlo: “Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me” (14,1). La fede/fiducia, la consapevolezza profonda, non puramente razionale, che Dio è la roccia, consente di attraversare le fatiche della vita, a volte così pesanti, senza esserne travolti – “Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla. Anche se vado per una valle oscura,  non temo alcun male, perché tu sei con me” (Salmo 23,1;4); “ da dove mi verrà l’aiuto? Il mio aiuto viene dal Signore: Non si addormenterà, non prenderà sonno il custode d’Israele. Il Signore è il tuo custode, il Signore è la tua ombra e sta alla tua destra” (Salmo 121, 1;2; 4-5); “Io dico al Signore: «Mio rifugio e mia fortezza, mio Dio in cui confido». Egli ti libererà dal laccio del cacciatore,  dalla peste che distrugge. Ti coprirà con le sue penne, sotto le sue ali troverai rifugio; la sua fedeltà ti sarà scudo e corazza” (Salmo 91,1ss) -. E’ evidente, non basta la fede che crede, se non è accompagnata dalla fede che si fida per dire le parole appena lette.
     Come si può giungere a questo? Con una frequentazione assidua del Signore che gli consenta di farsi conoscere e gli permetta di dimostrare la sua fedeltà. Una fede non nutrita dall’incontro, non sarà facilmente  in grado di sostenere l’esistenza, bisognerà allora ricorrere ai palliativi. Cristo non è un palliativo, non è oppio, ma forza viva, roccia di salvezza.
    Gesù annuncia ai suoi che se ne andrà, ma dove? “Da colui che mi ha mandato” (16,5); “Vado al Padre” (14,28); “Nella casa del Padre mio” (14,2). In questo modo il Signore mostra il destino dei suoi discepoli e di ognuno di noi. L’uomo non è fatto per attraversare la fatica dell’esistenza umana per poi saltare nella tenebra del nulla, ma per giungere alla pienezza – che ognuno di noi già desidera. Anche se inconsciamente, sappiamo di non poter accontentarci del minimo – che SOLO in Dio possiamo trovare.
Gesù va dove vi sono molte dimore. Il Regno di Dio non è simile a uno di quei club esclusivi dove si può entrare solo se si paga l’iscrizione; la Casa del Padre è a disposizione di ogni creatura umana che lo desideri, che si lasci accogliere da Dio, che voglia vivere in pienezza. Allora, perché continuiamo ad accontentarci di ciò che soddisfa momentaneamente i nostri sensi? Perché non alziamo lo sguardo verso Dio? Perché non gli consentiamo di riempire quella enorme fame di bellezza, di bontà, di libertà, di vita che c’è in noi?
     Qual è la via per questa casa del Padre? Cristo Gesù con il suo Vangelo.
     Già qui, già oggi il Signore può portare quella vita buona,  quella vita abbondante che desideriamo. Afferma Gesù: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (14,23). Conoscere e vivere il Vangelo – seppure con i limiti che ognuno di noi si ritrova – è la via che consente al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo di fare casa in noi. Ecco cosa farà si che la nostra esistenza cambi.
     Altro che ridurre il cristianesimo a una parodia con l’osservanza minimale di pochi e selezionati precetti – di solito quelli che non ci scomodano troppo -: è permettere alla Trinità di vivere e operare in noi, in me.
     Non temiamo fratelli e sorelle; non lasciamoci scoraggiare dalle cose grandi! Lasciamo che il Signore accenda in noi il fuoco dell’entusiasmo.


2 commenti:

  1. ECCO.. QUESTA OMELIA CI REGALA TANTA SPERANZA E ANCHE IMPEGNO... IO CON I MIEI LIMITI E LE MIE DEBOLEZZE VOGLIO GRIDARE..... GRAZIE O MIO SIGNORE DI TUTTE LE MERAVIGLIE CHE CI DONI E DELLA TUA IMMENSA MISERICORDIA....

    RispondiElimina
  2. Quanta verità dentro queste parole,cerchiamo chissà dove e in quale modo la tranquillità...invece è il Gesù Risorto la strada che ci porta alla gioia vera e dà tanta forza per andare avanti...è cosa meravigliosa lodare ascoltare pregare il Signore.Barbara

    RispondiElimina