Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

sabato 14 gennaio 2012

Che cercate?

Oggi lasciamoci porre alcune domande da Gesù; non diamo risposte affrettate, perché rischiano di essere superficiali e quindi inutili, ma ascoltiamo quella voce interiore che, se lasciata parlare, sa dirci la verità. “Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro Che cosa cercate?” (Gv 1,38) - il termine greco “zeteite” usato da Gesù potrebbe essere tradotto con  “desiderare” -. Gesù sta chiedendo loro, che cosa li ha spinti a lasciare il loro maestro, Giovanni Battista, per andare dietro a Lui. Quale fame e sete hanno nel “cuore”? 

Sembra una domanda scontata, ma così non è. Se andiamo col pensiero a coloro che hanno seguito Gesù dall’inizio, riconosciamo che le loro motivazioni erano le più svariate: Giuda cercava una guida capace di scacciare i Romani dalla sua terra; Giacomo e Giovanni desideravano dei posti di potere nel nuovo regno; tanti seguivano Gesù perché moltiplicava il cibo e riempiva la pancia; altri ancora erano malati e speravano che li potesse guarire. Molti di costoro però, a un certo punto, hanno smesso di andare con Gesù, quando hanno visto che non era disposto a “saziare” i loro desideri, perlomeno non nei modi e nei tempi che ritenevano adatti.
Noi siamo qui radunati, come ogni Domenica, intorno al Signore: perché? Cosa cerchiamo? Cosa desideriamo? Perché rimaniamo nella Chiesa e non facciamo come milioni di italiani che preferiscono la fede ritagliata su misura?
Siamo qui per avere una assicurazione sulla vita? Per stare bene? Perché siamo abituati a fare così da molti anni? Perché è un’occasione per fare un po’ di vita sociale? Perché senza Cristo non possiamo stare? 
Non dobbiamo avere paura delle risposte impure, perché comunque siamo qui, intorno al Cristo e qui Egli può raggiungerci e incontrarci e fare maturare il desiderio, però dobbiamo stare attenti, perché se cerchiamo Dio e la fede prevalentemente per noi stessi, corriamo il rischio di abbandonare tutto se non ci sentiamo soddisfatti.  
Potessimo dire tutti: “La terra tanto amata non mi basta, l’amore chiede sempre nuovo amore, soltanto tu consumi il desiderio e sazi ogni fame dentro al cuore”. 
Il giovane Samuele capisce che è Dio stesso a chiamarlo grazie alla guida del vecchio Sommo sacerdote Eli – costui non è una figura eccellente, tant’è che Dio annuncia: “io faccio giustizia della casa di lui (Eli) per sempre, perché sapeva che i suoi figli disonoravano Dio e non li ha ammoniti” (1Sam 3,13) eppure è in grado di orientare il giovane -; Andrea e l’altro discepolo si mettono dietro al Signore, perché Giovanni Battista glielo indica come Colui che salverà Israele; Simone viene a conoscenza del Messia e da Lui riceve un nome nuovo, perché suo fratello Andrea è andato a cercarlo per annunciarglielo. Alcune  persone fanno da segnale per altre, così che possano capire quale strada percorrere. 
Ecco allora l’altra domanda importantissima: chi ti indica la strada? A chi affidi la responsabilità di condurti? Non è indifferente una guida piuttosto che un’altra - non so se vi è mai capitato di usare il navigatore per l’automobile; a volte dà delle indicazioni sbagliate, soprattutto se le mappe non sono aggiornate e per questo, se non si sta attenti, si possono correre anche dei seri rischi -. Ascoltiamo le parole di Seneca: “è certo che, sino a quando vagheremo a caso, non seguendo una guida ma ascoltando lo strepito delle voci discordi che ci spingono in direzioni diverse, la nostra vita, già breve di per sé, si consumerà in questo andare errabondo, anche se c'impegniamo giorno e notte, animati dalle migliori intenzioni. Fissiamo dunque bene la mèta e scrutiamo attentamente il modo per poterla raggiungere, con l'aiuto di un esperto che abbia già intrapreso ed esplorato il cammino che stiamo per affrontare. … Non c'è dunque nulla di peggio che seguire, come fanno le pecore, il gregge di coloro che ci precedono, perché essi ci portano non dove dobbiamo arrivare, ma dove vanno tutti” ( L. A. Seneca, La felicità, I). 
Infine lasciamoci dare un suggerimento preziosissimo da Gesù, come quello dato a chi gli chiedeva: “Dove dimori?”. Anche noi ci lasciamo dire: “Venite e vedrete”. Scriveva molti secoli fa il monaco Evagrio: “Se sei teologo pregherai veramente e se preghi veramente sei teologo” (E. Pontico, La preghiera 60);  ancora oggi se vogliamo incontrare il Signore e conoscerlo, dobbiamo andare a casa sua e stare con Lui, così potremo dire, prima o poi “Io ti conoscevo solo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti hanno veduto” (Gb 42,5).


 

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