Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

sabato 15 settembre 2012

Ma voi chi dite che io sia?


XXIV DOMENICA T.O.

     Le domande che Gesù pone oggi, vengono dopo aver compiuto tutta una serie di segni – ha moltiplicato due volte il pane e ne è avanzato in abbondanza; ha dato la vista a un cieco -. E’  giunto il tempo di comprendere il significato di quei fatti; non  sono miracoli fine a se stessi. Infatti, come afferma il Concilio Vaticano II: “Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelarsi in persona e manifestare il mistero della sua volontà …. Con questa Rivelazione … Dio invisibile nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici  e si intrattiene con essi, per invitarli e ammetterli alla comunione con sé. Questa … Rivelazione comprende eventi e parole intimamente connessi …” (DV I,2).

     Gesù è “come il Sole che sorge”; la sua luce illumina progressivamente ciò che prima era nascosto dalle tenebre. Ciò che Egli svela non serve tanto a ragionare, quanto a contemplare stupiti. Noi cristiani siamo persone che si lasciano incantare dalla bellezza che continuamente incontrano. San Francesco esprime questa esperienza con una preghiera – Lodi di Dio altissimo – che è un’esplosione di vita e di stupore – e pensare che l’ha scritta dopo avere ricevuto le stimmate -:

Tu sei santo, Signore, solo Dio, che operi cose meravigliose.
Tu sei forte, Tu sei grande, Tu sei altissimo,
Tu sei re onnipotente, Tu, Padre santo, re del cielo e della terra.
Tu sei trino ed uno, Signore Dio degli dèi,
Tu sei il bene, ogni bene, il sommo bene, il Signore Dio vivo e vero.
Tu sei amore e carità, Tu sei sapienza,
Tu sei umiltà, Tu sei pazienza,
Tu sei bellezza, Tu sei mansuetudine,
Tu sei sicurezza, Tu sei quiete.
Tu sei gaudio e letizia, Tu sei la nostra speranza, Tu sei giustizia,
Tu sei temperanza, Tu sei tutta la nostra ricchezza a sufficienza.
Tu sei bellezza, Tu sei mansuetudine.
Tu sei protettore, Tu sei custode e nostro difensore,
Tu sei fortezza, Tu sei refrigerio.
Tu sei la nostra speranza, Tu sei la nostra fede, Tu sei la nostra carità.
Tu sei tutta la nostra dolcezza,
Tu sei la nostra vita eterna,
grande e ammirabile Signore,
Dio onnipotente, misericordioso Salvatore.

     I Farisei presenti invece di leggere i segni compiuti da Gesù, ne chiedono di ulteriori; gli stessi discepoli faticano a interpretarli. Pietro sembra avere capito: “Tu sei il Cristo”[1], afferma con convinzione. Eppure Gesù ordina di non dire niente a nessuno. Come mai? Non sarebbe più sensato lasciare correre Pietro e gli altri per le strade a gridare la grande scoperta?
     Gesù non li lascia andare, perché in realtà non hanno ancora capito niente. Certo, hanno intuito che in Gesù è arrivato colui che era stato promesso e atteso da secoli, ma come debba essere questo Messia, non lo sanno. Hanno la testa piena di idee umane o di interpretazioni arbitrarie della parola di Dio. Probabilmente per loro il Messia dovrà essere un Re vittorioso e non un “fallito”.
     Pietro e la gente, sono in realtà nello stesso errore: non ascoltano Gesù, ma se stessi. E’ gente da “secondo me …”. La fede non ha a che fare con il “secondo me …”, ma con l’accoglienza di ciò che Dio stesso rivela di sé. Dio non è conoscibile attraverso puri ragionamenti umani; questi sono utilissimi, ma a un certo punto sono insufficienti e addirittura forvianti.
     Noi possiamo cercare in tutti i modi di modificare la Rivelazione divina, in modo da farla stare dentro i limiti troppo stretti della ragione umana – eliminando tutto ciò che non è razionalmente spiegabile o comprensibile -, oppure consentire a Dio di dilatare questi limiti in modo da entrare fiduciosi nel Suo mistero: “Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì,
né mai entrarono in cuore di uomo, Dio le ha preparate per coloro che lo amano”
(1Cor 2,9).


[1] Cristo deriva dal greco Christòs (lat. Christus), che a sua volta corrisponde all’ebraico maschia e indica una persona che è stata solennemente unta (consacrata) per una missione. Cristo e Messia hanno lo stesso significato. Il vocabolo greco deriva da kriein, passare con la mano leggermente, spalmare.

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