Dal direttore di Avvenire
Non importa la vita di una persona, conta ciò che si racconta di essa.
Non importa la verità delle cose, conta ciò che viene dichiarato e
ripetuto come vero. Non importa la testimonianza cristiana resa persino
con la propria malattia e la propria morte da un Padre amato da tanti e
rispettato da tutti, conta ciò che fa comodo leggere e far leggere in
esse grazie alla insistenza di una assurda rappresentazione mediatica di
quella malattia e di quella morte. Lo scrivo con grande tristezza e un
allarme che cresce.
A due settimane dall’annuncio del ritorno
alla casa del Padre del cardinale Carlo Maria Martini, circola ancora e
viene spacciata con impressionante leggerezza la insultante "leggenda
nera" dell’eutanasia dell’Arcivescovo emerito di Milano. Testuale ieri,
di nuovo, su "Repubblica" nell’articolo di presentazione di un libro che
raccoglie alcune "conversazioni" tra lo stesso cardinale e il fondatore
di quel giornale, Eugenio Scalfari, accompagnate da testi di Vito
Mancuso. Scrive l’articolista, attribuendo (pur senza virgolette) la
frase a Mancuso e ripetendo quasi alla lettera il memorabile e
falsificante incipit del commento ("La fede e il dubbio") scritto in
morte di Martini da Scalfari il 1° settembre scorso: «... di tale
libertà (...) lo stesso Martini ha dato estrema testimonianza staccando, quando lo ha ritenuto inevitabile, le macchine che lo tenevano artificialmente in vita».
Nessuna
macchina ha mai tenuto in vita il cardinal Martini. Paziente esemplare e
disciplinato. Nessuna macchina, nessuna vita artificiale, nessun
accanimento ingiusto per prolungare a ogni costo l’esistenza di un
malato di Parkinson ormai terminale, e che lui sarebbe arrivato a
"rifiutare". Tant’è che il suo neurologo, il professor Gianni Pezzoli,
ha ribadito che «nessuna spina è mai stata staccata» e che col cardinale
erano state concordate «terapie solo per bocca». Oltre naturalmente
all’alimentazione e idratazione garantite – sino a che questo è stato
utile al morente – tramite flebo. Appropriate cure date e ricevute in
serena alleanza col medico curante. Affermare ripetutamente che
tutt’altro sarebbe, invece, accaduto significa diffondere una notizia
gravemente adulterata. Vuol dire rilanciare un’amara falsità introdotta
nel sistema mediatico da una fonte autorevole – Scalfari – e da altre
meno autorevoli, ma non meno insistenti. E compiere un’incredibile
distorsione della realtà, rimasticata e ripubblicata quasi con la
meccanica convinzione che "ripubblicando ripubblicando alla fine si
avvererà", almeno nella testa della gente. Ma vera la "eutanasia
dell’Arcivescovo" non è mai stata né mai potrà diventarlo, e rappresenta
– l’ho già scritto e, qui, lo ripeto – un’autentica bestemmia, un
ingiustificabile ed estremo oltraggio a un uomo di Dio che ha servito la
verità e coltivato, da cattolico, le virtù della chiarezza, del
rispetto e del dialogo.
Penso che tutto questo confermi che sta
montando un problema serio nella categoria di noi cronisti. Siamo
persone che ovviamente hanno ideali, visioni e opinioni, ma che per
mestiere (magari anche sbagliando) devono fare informazione e non
operare deformazioni. Lo stesso Scalfari, del resto, a quanto mi
risulta, sa come stanno davvero le cose visto che è tra coloro che hanno
avuto la possibilità di incontrare il cardinal Martini avviato
nell’ultimo tratto del suo cammino terreno con semplice e difficile
passo d’uomo, senza "macchine" e con cristiana speranza. Un giornalista
dell’esperienza e della statura intellettuale del primo direttore di
"Repubblica" non dovrebbe rinunciare a chinare leggermente e laicamente
la fronte davanti al "suo" interlocutore Martini e all’errore commesso. E
correggerlo una volta per tutte, fermando il contagio della falsità.
Marco Tarquinio
finalmente un po' di chiarezza!! devo convenire, (e tu lo sai), che gli articoli apparsi sui giornali e, in particolar modo la lettera della nipote, mi avevano creato non poche perplessità, soprattutto, perchè non conoscendo bene i fatti, tutto questo discredito su un uomo di Chiesa così grande, dapprima mi aveva infastidito e poi....lo ammetto, aveva insinuato qualche dubbio sulla legittimità dell'intervento unano davanti alla sofferenza estrema.Grazie per questo chiarimento ineccepebile. Anna
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