La Chiesa Anglicana si
prepara oggi ad affrontare una delle sue sfide più grandi: il voto
sull'ordinazione delle donne vescovo, questione che divide da anni la Chiesa di
Inghilterra. Per fortuna l'esito del voto è incerto dal momento che si profila
un testa a testa tra favorevoli e contrari. Il voto si terrà durante il Sinodo
Generale nel corso del quale prenderà la parola il neo Arcivescovo di
Canterbury, Justin Welby. Appena nominato, il 9 novembre, Welby si è detto
favorevole all'ordinazione delle donne vescovo. "Voterò a favore e unirò
la mia voce alle tante altre che premono sul Sinodo perché si attui il
cambiamento", aveva dichiarato in una conferenza stampa a Londra in
occasione della sua nomina. La Chiesa anglicana ha approvato l'ordinazione
delle donne-preti nel 1992 e queste, oggi, costituiscono circa un terzo degli
effettivi.
La Santa Sede, in
numerosi incontri, ha avvertito del fatto che la decisione di consacrare donne vescovo
comprometterebbe il dialogo ecumenico con la Chiesa cattolica. Tutte le Chiese
del primo millennio, cattolica, orientali e ortodosse, affermano che solo gli
uomini possono essere ordinati. Queste Chiese vedono l’ordinazione delle donne
come un abbandono illegittimo della tradizione autentica. Con le donne vescovo
la Comunione Anglicana abbandonerebbe quella che Roma considera la tradizione
essenziale della Chiesa fin dalle origini.
A
questo proposito pubblichiamo la lettera apostolica con la quale il Sommo
Pontefice Giovanni Paolo II ha chiuso definitivamente la questione.
Venerabili Fratelli nell'Episcopato!
1. L'ordinazione sacerdotale, mediante la quale
si trasmette l'ufficio che Cristo ha affidato ai suoi Apostoli di insegnare,
santificare e governare i fedeli, è stata nella Chiesa cattolica sin
dall'inizio sempre esclusivamente riservata agli uomini. Tale tradizione è
stata fedelmente mantenuta anche dalle Chiese Orientali.
Quando sorse la questione dell'ordinazione delle
donne presso la Comunione Anglicana, il Sommo Pontefice Paolo VI, in
nome della sua fedeltà all'ufficio di custodire la Tradizione apostolica, e
anche allo scopo di rimuovere un nuovo ostacolo posto sul cammino verso l'unità
dei cristiani, ebbe cura di ricordare ai fratelli anglicani quale fosse la
posizione della Chiesa cattolica: «Essa sostiene che non è ammissibile ordinare
donne al sacerdozio, per ragioni veramente fondamentali. Queste ragioni
comprendono: l'esempio, registrato nelle Sacre Scritture, di Cristo che scelse
i suoi Apostoli soltanto tra gli uomini; la pratica costante della Chiesa, che
ha imitato Cristo nello scegliere soltanto degli uomini; e il suo vivente
magistero, che ha coerentemente stabilito che l'esclusione delle donne dal
sacerdozio è in armonia con il piano di Dio per la sua Chiesa» [1]. Ma poiché
anche tra teologi e in taluni ambienti cattolici la questione era stata posta
in discussione, Paolo
VI diede mandato alla Congregazione per la Dottrina della Fede di esporre ed
illustrare in proposito la dottrina della Chiesa. Ciò fu eseguito con la
Dichiarazione Inter Insigniores, che il Sommo Pontefice approvò e ordinò
di pubblicare [2].
2. La Dichiarazione riprende e spiega le ragioni
fondamentali di tale dottrina, esposte da Paolo VI,
concludendo che la Chiesa «non si riconosce l'autorità di ammettere le donne
all'ordinazione sacerdotale» [3]. A queste
ragioni fondamentali il medesimo documento aggiunge altre ragioni teologiche
che illustrano la convenienza di tale disposizione divina, e mostra chiaramente
come il modo di agire di Cristo non fosse guidato da motivi sociologici o
culturali propri del suo tempo. Come successivamente precisò il Papa Paolo VI, «la
ragione vera è che Cristo, dando alla Chiesa la sua fondamentale costituzione,
la sua antropologia teologica, seguita poi sempre dalla Tradizione della Chiesa
stessa, ha stabilito così» [4]. Nella
Lettera Apostolica Mulieris
dignitatem, io stesso ho scritto a questo proposito: «Chiamando solo
uomini come suoi apostoli, Cristo ha agito in un modo del tutto libero e
sovrano. Ciò ha fatto con la stessa libertà con cui, in tutto il suo
comportamento, ha messo in rilievo la dignità e la vocazione della donna, senza
conformarsi al costume prevalente e alla tradizione sancita anche dalla legislazione
del tempo» [5].
Infatti i Vangeli e gli Atti degli Apostoli
attestano che questa chiamata è stata fatta secondo l'eterno disegno di Dio:
Cristo ha scelto quelli che egli ha voluto [6], e lo ha
fatto in unione col Padre, «nello Spirito Santo» [7], dopo aver
passato la notte in preghiera [8]. Pertanto,
nell'ammissione al sacerdozio ministeriale [9], la Chiesa ha
sempre riconosciuto come norma perenne il modo di agire del suo Signore nella
scelta dei dodici uomini che Egli ha posto a fondamento della sua Chiesa [10]. Essi, in
realtà, non hanno ricevuto solamente una funzione, che in seguito avrebbe
potuto essere esercitata da qualunque membro della Chiesa, ma sono stati
specialmente ed intimamente associati alla missione dello stesso Verbo
incarnato [11]. Gli
Apostoli hanno fatto lo stesso quando hanno scelto i collaboratori [12] che
sarebbero ad essi succeduti nel ministero [13]. In tale
scelta erano inclusi anche coloro che, attraverso i tempi della Chiesa,
avrebbero proseguito la missione degli Apostoli di rappresentare Cristo Signore
e Redentore [14].
3. D'altronde, il fatto che Maria Santissima,
Madre di Dio e della Chiesa, non abbia ricevuto la missione propria degli
Apostoli né il sacerdozio ministeriale mostra chiaramente che la non ammissione
delle donne all'ordinazione sacerdotale non può significare una loro minore
dignità né una discriminazione nei loro confronti, ma l'osservanza fedele di un
disegno da attribuire alla sapienza del Signore dell'universo.
La presenza e il ruolo della donna nella vita e
nella missione della Chiesa, pur non essendo legati al sacerdozio ministeriale,
restano comunque assolutamente necessari e insostituibili. Come è stato
rilevato dalla stessa Dichiarazione Inter Insigniores, «la Santa Madre
Chiesa auspica che le donne cristiane prendano pienamente coscienza della
grandezza della loro missione: il loro ruolo sarà oggigiorno determinante sia
per il rinnovamento e l'umanizzazione della società, sia per la riscoperta, tra
i credenti, del vero volto della Chiesa» [15]. Il Nuovo
Testamento e tutta la storia della Chiesa mostrano ampiamente la presenza nella
Chiesa di donne, vere discepole e testimoni di Cristo nella famiglia e nella
professione civile, oltre che nella consacrazione totale al servizio di Dio e
del Vangelo. «La Chiesa, infatti, difendendo la dignità della donna e la sua
vocazione, ha espresso onore e gratitudine per quelle che, fedeli al Vangelo,
in ogni tempo hanno partecipato alla missione apostolica di tutto il popolo di
Dio. Si tratta di sante martiri, di vergini, di madri di famiglia, che
coraggiosamente hanno testimoniato la loro fede ed educando i propri figli
nello spirito del Vangelo hanno trasmesso la fede e la tradizione della Chiesa»
[16].
D'altra Parte è alla santità dei fedeli che è
totalmente ordinata la struttura gerarchica della Chiesa. Perciò, ricorda la
Dichiarazione Inter Insigniores, «il solo carisma superiore, che si può
e si deve desiderare, è la carità [17]. I più grandi nel Regno dei cieli non
sono i ministri, ma i santi» [18].
4. Benché la dottrina circa l'ordinazione sacerdotale
da riservarsi soltanto agli uomini sia conservata dalla costante e universale
Tradizione della Chiesa e sia insegnata con fermezza dal Magistero nei
documenti più recenti, tuttavia nel nostro tempo in diversi luoghi la si
ritiene discutibile, o anche si attribuisce alla decisione della Chiesa di non
ammettere le donne a tale ordinazione un valore meramente disciplinare.
Pertanto, al fine di togliere ogni dubbio su di
una questione di grande importanza, che attiene alla stessa divina costituzione
della Chiesa, in virtù del mio ministero di confermare i fratelli [19], dichiaro
che la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne
l'ordinazione sacerdotale e che
questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della
Chiesa.
Invocando su di voi, venerabili Fratelli, e
sull'intero popolo cristiano il costante aiuto divino, a tutti imparto
l'Apostolica Benedizione.
Dal Vaticano, il 22 maggio, Solennità di
Pentecoste, dell'anno 1994, sedicesimo di Pontificato.
IOANNES PAULUS PP. II
1] cfr. Paolo VI, Rescritto
alla lettera di Sua Grazia il Rev.mo Dott. F. D. Coggan, Arcivescovo di
Canterbury, sul ministero sacerdotale delle donne, 30 novembre 1975: AAS 68
(1976), 599-600.
[2] cfr. Congregazione
per la Dottrina della Fede, Dichiarazione Inter Insignores circa la
questione dell'ammissione delle donne al sacerdozio ministeriale, 15 ottobre
1976: AAS 69 (1977), 98-116.
[3] Ibid. 100
[4] Paolo VI, Il
ruolo della donna nel disegno della salvezza, 30 gennaio 1977: Insegnamenti
di Paolo VI,
vol. XV, 1977, 111; cfr. anche Giovanni Paolo II Christifideles
Laici, 30 dicembre 1988, n. 51: AAS 81 (1989), 393-521; Catechismo della
Chiesa cattolica, n. 1577.
[5] Giovanni Paolo II, Mulieris
Dignitatem, 15 agosto 1988, n. 26: AAS 80 (1988), 1715.
[12] cfr. 1 Tm
3, 1-13; 2 Tm 1, 6; Tt 1, 5-9.
[13] cfr. Catechismo della
Chiesa cattolica, n. 1577.
[14] cfr.Lumen
Gentium, n. 20 e n. 21.
[15] Congregazione per
la Dottrina della Fede, Dichiarazione Inter Insigniores, VI: AAS 69
(1977) 115-116.
[16] Giovanni Paolo
II, Mulieris
Dignitatem, n. 27: AAS 80 (1988), 1719.
[17] cfr. 1 Cor
12-13.
[18] Congregazione per
la Dottrina della Fede, Dichiarazione Inter Insigniores, VI: AAS
69 (1977) 115.
[19] cfr. Lc
22, 32.
Nessun commento:
Posta un commento