Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

sabato 27 aprile 2013

Chi non ama il fratello che vede, non può amare Dio che non vede



V DOMENICA DI PASQUA
   
     In quei giorni, Paolo e Bàrnaba ritornarono …, confermando i discepoli ed esortandoli a restare saldi nella fede «perché – dicevano – dobbiamo entrare nel regno di Dio attraverso molte tribolazioni» (At 14,22). Essi parlano a delle comunità
che da poco sono state conquistate dalla Buona Notizia portata da Gesù Cristo; si tratta di persone che stanno pagando un alto prezzo – in termini di incomprensione o addirittura di persecuzione – per la fede.  A costoro i due evangelizzatori non vogliono dare delle facili illusioni – avrebbero potuto cercare, per evitare di perderli, di tranquillizzarli annunciando pace e serenità -, invece senza giri di parole ricordano, che la tribolazione farà parte della loro storia. Gesù lo aveva  annunziato: “Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo” (Lc 6,22). Sono finiti quei tempi? Temo proprio di no. La comunità cristiana ha sempre dovuto e sempre dovrà attraversare le tribolazioni, almeno finché sceglierà di essere fedele al suo Signore.
     Paolo e Barnaba, invitando a “restare saldi nella fede”,  ci ricordano, che nonostante tutte le tribolazioni, nonostante tutte le persecuzioni i cristiani sono destinati alla vittoria, perché Dio è dalla loro parte: “Perché le genti sono in tumulto e i popoli cospirano invano? Insorgono i re della terra e i prìncipi congiurano insieme contro il Signore e il suo consacrato: «Spezziamo le loro catene, gettiamo via da noi il loro giogo!». Ride colui che sta nei cieli, il Signore si fa beffe di loro” (Salmo 2,1-4). Anche a me e a ciascuno di voi gli apostoli dicono: “Rimani saldo nella fede! Non abbandonarti allo sconforto e al dubbio”.
     Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,35); così Gesù  conclude oggi il suo discorso. A chi sta parlando? Chiaramente ai Dodici, anzi agli Undici - Giuda se n’è appena uscito per vendere il Signore ai Capi di Israele -, ma queste parole riecheggiano ancora oggi e sono per noi, qui riuniti. Noi infatti siamo discepoli di Gesù: il comandamento dell’amore è il distintivo dei cristiani.
     Gesù dice che il comandamento dell’amore è “nuovo”. Perché nuovo? Forse che, prima di Gesù gli ebrei non erano chiamati ad amare? San Giovanni scrive: “Carissimi, non vi scrivo un nuovo comandamento, ma un comandamento antico, che avete ricevuto da principio … Eppure vi scrivo un comandamento nuovo” (1Gv 2,7s).
     Insomma questo comandamento è nuovo o antico?
     Il comandamento dell’amore non è nuovo, ma nuovo è il “come” amare. Già Gesù aveva detto: “Amerai il tuo prossimo come te stesso” (Mc 12,31) e così in nulla era diverso rispetto all’Antico Testamento. Nel Levitico troviamo per esempio: “Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso” (Lv 19,18). Non possiamo dimenticare poi la regola d’oro che è comune a quasi tutte le religioni anche alla filosofia, che sintetizziamo nelle celebri parole: “Non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te”. Già se questi fossero i nostri criteri di vita, il mondo sarebbe molto meglio indubbiamente; sembra invece che l’altro, ci sia diventato indifferente.
     Gesù va oltre, anzi ben oltre; egli dice: “Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13,34). E’ quel “come io” che fa la differenza. Cambia radicalmente il punto di riferimento. Non basta più amare come se stessi, ma come Cristo.
     Come ha amato Gesù? C’è un bellissimo inno di san Paolo che lo esprime in maniera chiara: “Egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce” (Fil  2,6ss). Gesù ha amato, non di un amore emotivo, ma di un amore concretissimo che gli ha fatto mettere da parte se stesso, per il bene degli uomini. Per Gesù, amare, è rinunciare a sé, senza mettere limite; dimostrare con i fatti che l’altro è più importante di se stessi.
     Adesso non cominciamo subito a pensare ai massimi sistemi, alle situazioni estreme, al dono della vita! Di quello ci preoccuperemo quando ci verrà chiesto, ma ora lasciamo che questa parola illumini e provochi la nostra vita quotidiana, fatta di relazioni con il proprio coniuge, tra figli e genitori; tra fratelli; confratelli, colleghi, parenti, amici … Quanto in queste relazioni io sono egocentrico: Io, Io, Io? Quanto uso le persone fintanto che mi fanno comodo, mi fanno stare bene, salvo poi buttarle via, per andare in cerca di qualcun altro da “sfruttare”? Credo che solo chi sa rinunciare a qualcosa per l’altro, ama.
     Io non credo però che potremo amare come Cristo ha amato; le nostre forze sono troppo limitate, abbiamo bisogno che il nostro rapporto con Gesù sia tale, che Lui riesca a trasformare il nostro cuore. Abbiamo bisogno di imparare da Lui, per questo chi ama il Signore Dio con tutto il suo cuore, poi amerà l’uomo.

2 commenti:

  1. Com'è difficile amare, quando non ci si sente corrisposti!! Com'è difficile accorgersi dell'amore di Gesù quando si fa fatica, quando la strada è in salita, quando.....(come mi è successo ieri), mi chiedo: perchè, proprio a me una vita così ,senza senso?... Mi chiedo, ancora: sarà mai possibile che Gesù riesca a trasformare il mio cuore?? ....Lasciami il beneficio del dubbio. Anna

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  2. Tra i diversi pensieri che l'omelia di oggi mi ha suscitato c'è stato questo: come si fa a sentire l'amore del Signore per me?
    la cosa che più si avvicina a questo che ho provato io è una sensazione di abbraccio avvolgente che viene dall'Alto quando vedo i raggi di sole che riescono a "bucare" le nuvole e sono ben distinguibili nel cielo. Questa immagine mi fa sempre un pò pensare, forse in modo un pò infantile, ad un Suo abbraccio..... Quanta strada da fare ho davanti!!! Come sarebbe rincuorante ci fosse un modo per imparare!!! Comunque credo Padre Enzo abbia ragione .. non si può imparare o capire dagli altri...si può comprendere quando si ha provato e sentito. Allora coraggio....camminiamo!!

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