VI DOMENICA DI PASQUA
Sapete perché ci sono gli autovelox lungo
le nostre strare e autostrade? Perché altrimenti molti automobilisti non
rispetterebbero i limiti di velocità, mettendo così seriamente a rischio la
propria incolumità e soprattutto quella degli altri.
Coloro che in questi ultimi anni hanno
ristrutturato la propria abitazione, hanno avuto tutto l’interesse a fare i
lavori in regola, perché per avere le detrazioni previste dal Governo, era
necessario presentare le fatture.
Non preoccupatevi, non sto perdendo la
ragione, penso infatti che questi esempi possano aiutarci a comprendere il
senso della parole di Gesù. Nel primo caso la legge è osservata per paura di una sanzione, nel secondo
in vista di un vantaggio.
Oggi il Signore dice: “Se qualcuno mi ama, osserverà la mia parola”
(Gv 14,23); voi mi direte: “E allora,
cosa c’entra?”
Ecco la grande verità, noi cristiani
cerchiamo di vivere il Vangelo con la sua radicalità, non perché abbiamo paura
dell’Inferno come nostra ultima destinazione e, nemmeno perché conviene per
guadagnare il Paradiso, bensì, perché sentiamo che la vita evangelica è ciò che
di più bello ci possa essere per l’uomo; Dio ce l’ha donata, affinché noi
possiamo essere felici e noi vogliamo
essere felici. Non ci bastano più i surrogati che offre il mondo e che, una
volta consumati, ci lasciano nuovamente affamati e assetati. Con l’apostolo
Pietro noi gridiamo: “Signore, da chi
andremo? Tu hai parole di vita eterna”
(Gv 6,68).
Proprio per questo Gesù adesso ci ha detto
“vi lascio la pace, vi do la mia pace”
(Gv 14,27). Cosa significa? Mentre nelle nostre lingue il termine
"pace" è contrapposto a "guerra" o a "conflitto"
e finisce per essere sinonimo di "quiete" e di
"tranquillità", il concetto di shalom non è così. La radice
ebraica di shalom indica la pienezza, il compimento, il completamento,
il raggiungimento della perfezione, per cui "pace" per Gesù non è
l’assenza di conflitto, bensì la pienezza di vita; lo star-bene,
felicità, sicurezza, totalità, condizione di tranquillità, di ordine, pienezza,
perfezione, armonia, integrità, totalità, compiutezza, interezza.
Per questo è assurdo pretendere da un
cristiano che non annunci il Vangelo, ma che si limiti a essere una specie di
operatore sociale. Scrive il cardinal Biffi che, chi si meraviglia o si lamenta
per il fatto che noi cristiani desideriamo che tutti gli uomini diventino
seguaci del Cristo “vorrebbe impedirci
di essere quello che siamo” (Guai a
me, EDB 16). Noi abbiamo tra le mani il tesoro più prezioso per gli uomini
e non possiamo tenercelo per noi, perché questo significherebbe che non amiamo
i nostri fratelli. E’ di Cristo e del Vangelo che ha bisogno l’umanità. Scriveva
Paolo VI: “La Chiesa … con candida
fiducia si affaccia sulle vie della storia, e dice agli uomini: io ho ciò che
voi cercate, ciò di cui voi mancate” (Ecclesiam suam, 99).
Sempre il cardinal Biffi scrive, che noi
ci rivolgiamo a “un mondo sconsolato,
che senza rendersene conto anela come non mai a ciò che la inseguita
moltiplicazione degli agi non gli può affatto procurare”. Ne siamo
convinti?
Noi cerchiamo di vivere il Vangelo, perché
siamo stati conquistati da Cristo e non perché abbiamo paura di Lui. Come san
Paolo diciamo: “Non ho certo raggiunto la
mèta, non sono arrivato alla perfezione, ma mi sforzo di correre per
conquistarla, perché anche io sono stato conquistato da Cristo Gesù” (Fil
3,12).
Quando ascoltiamo le parole di Gesù,
spesso scatta il meccanismo automatico del rigoroso esame di coscienza: “Io non
osservo la parola di Gesù – tra l’altro non la capisco nemmeno -, allora vuol
dire che non lo amo. Bisogna, quindi, che mi sforzi di più per essere più
coerente, ma mi accorgo che nonostante i miei sforzi non faccio che dei buchi
nell’acqua”. In questo modo il Vangelo invece di essere bella notizia, che fa
bella la vita, diventa causa di frustrazione.
Gesù non dice: “Osserva la mia parola e
allora io capirò che mi ami”, ma: “Se
qualcuno mi ama, osserverà la mia parola”, è esattamente il contrario. Gesù
ci ricorda che fintanto che non ci lasceremo
raggiungere da Lui, finché non gli permetteremo di abitare dentro di noi,
non potremo vivere le esigenze del Vangelo con libertà e pienezza. Al
contrario, quando Dio, attraverso una piccola breccia, riuscirà a entrare e a
fare casa nella vita di una persona, allora tutto cambierà inevitabilmente. E’
bellissimo incontrare le persone, che per tanti anni – per una ragione o per
l’altra - sono state lontane da Dio e che, all’improvviso, sono da Lui
raggiunte; a quel punto nulla rimane come prima e le vecchie scelte di peccato,
devono essere necessariamente superate. Il Vangelo a quel punto non è uno
sforzo da compiere, ma un’esigenza di vita.
Apriamo, allora, le porte a Cristo, anzi,
spalanchiamole e tutto diventerà nuovo.
Bellissima omelia..mi ha profondamente toccato!!!Barbara
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