XI DOMENICA T.O.
“Le lacrime sono lo sciogliersi del
ghiaccio dell'anima” (Hermann
Karl Hesse)
e ancora: le lacrime sgorgano dal cuore trafitto “come il sangue delle piaghe dell’anima” (Gregorio di Nissa). Alla
sapienza umana, risponde quella biblica dove il salmista scrive: “Nel tuo otre raccogli le mie lacrime: non
sono forse scritte nel tuo libro?” (Salmo 56,9).
Le lacrime,
che fanno parte della normale esperienza
umana per manifestare la gioia e il dolore, nella vita dei credenti sono di
straordinaria importanza, perché, sono il segno più evidente dell’azione
risanante di Dio. Come, quando il sole comincia a riscaldare, si sciolgono i
ghiacci e scorrono le acque, così quando permettiamo Dio di accostarsi a noi e
di toccarci, inevitabilmente cominciano a sciogliersi i “ghiacci” interiori del
peccato, della durezza e della sofferenza. Le lacrime spirituali sono il segno della
presenza di Dio; sono le lacrime che accompagnano il parto dell’anima, che
rinasce secondo la sua innocenza originaria.
Oggi due persone piangono: Davide e la
peccatrice. Dio li avvicina e parla loro ed essi piangono. Da una parte Dio agisce
attraverso il profeta Natan, dall’altra Dio stesso è presente: c’è Gesù.
Della donna non sappiamo nulla, se non che
ha commesso un peccato di pubblico dominio, che la rende intoccabile; di
Davide, invece, sappiamo, che per dare libero sfogo alla lussuria, non ha
esitato a commettere adulterio con Betsabea, facendo poi uccidere il marito di
lei.
Dio fa piangere per guarire. Proprio
perché una coscienza malata non è in grado di scuotere se stessa
dall’insensibilità spirituale, Dio stesso si assume il compito di risvegliare
l’anima assopita. Dio muove accuse e rimproveri, mostrandoci le colpe e i mali
che ne sono conseguiti, affinché ne proviamo disgusto e ce ne distacchiamo. Dio
mette a nudo, fa venire a galla i sotterfugi
che usiamo per giustificarci, per stare tranquilli con la nostra
coscienza; Egli rompe l’equilibrio che abbiamo raggiunto. Le parole di Dio sono
come le punture di un medico che trafiggono il cuore e procurano un dolore istantaneo e lancinante,
affinché possiamo recuperare la sensibilità spirituale.
La Chiesa ha il ministero di far piangere,
di aiutare a guardare in faccia il male, a chiamarlo con il suo nome, senza
camuffamenti. Come un medico che chiama raffreddore un tumore ai polmoni, è un
pessimo medico - lascia tranquilli i suoi pazienti, ma li vede morire uno a
uno, per mancanza di cure adeguate -, così i cristiani che nascondono il male
cambiandone il nome, piacciono molto e sono applauditi dalle masse, ma operano
danni incalcolabili alla vita delle persone. Il maligno è il padre della
menzogna e fa come quelli che mettono l’acido muriatico nella bottiglia
dell’acqua minerale, così, senza paura lo si beve e ci si fa del male.
Dalla bocca di Giobbe ascoltiamo queste
parole: “beato l’uomo che è corretto da
Dio: … perché egli ferisce e fascia la piaga, colpisce e la sua mano risana”
(Gb 5,17s). Anche questo fa parte del ministero della Chiesa, dopo aver fatto
piangere, deve accogliere. Gesù è il modello della Chiesa. Egli si lascia
toccare, senza timore dalla donna peccatrice. E’ lì proprio per lei. Del resto
il suo nome non è “Dio salva”? Dio è venuto per salvare, risanare, guarire.
Questo è evangelo – buona notizia! Lodiamo
Dio, perché la Chiesa è sempre stata e ancora è questa casa per tutti coloro
che sono feriti e ammalati. Molti
affermano il contrario, perché si fermano a giudicare le parole chiare che i
pastori dicono. Pensano che siano parole di separazione, di chiusura, di
giudizio, invece sono solamente quella parola, che vuole colpire il cuore in
profondità, per far prendere coscienza e guarire; è”quel pungolo d’oro che
ferisce l’anima per espellere da essa il veleno che la sta uccidendo.
Certo che ci sono cristiani chiusi nel
loro giudizio senza misericordia, ma essi sono ministri di se stessi – laici o
chierici che siano -, non di Cristo Gesù Salvatore.
Il mondo continua a essere ricco di
cristiani trasparenti, che lasciano agire il Cristo in loro e, attraverso di
loro, Dio continua a salvare quelli che piangono; non mancano però quelli come il fariseo, che dentro, ma anche fuori
dalla Chiesa, sanno solo vedere il peccato delle persone, senza desiderare
profondamente la loro redenzione.
“A te mio Signore, chiedo il dono delle
lacrime. Continua a parlare al mio cuore; non fermarti, nemmeno quando te lo
chiedo io, perché troppo affaticato. Donami anche la parola, che, pur non
spezzando la canna incrinata, e senza spegnere lo stoppino dalla fiamma smorta,
sa proclamare il tuo diritto con fermezza”.
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