XVIII DOMENICA T.O.
“Se siete risorti con Cristo … Voi infatti
siete morti” (Col 3,1;3). Sembrano strane queste parole che ci vengono
rivolte da San Paolo; noi siamo ancora vivi, non morti e, quindi, nemmeno
risorti.
Ne siamo proprio sicuri?
Ascoltiamo nuovamente san Paolo: “Per mezzo del battesimo … siamo stati
sepolti insieme a lui (Cristo) nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato
dai morti … così anche noi possiamo camminare in una vita nuova … Lo sappiamo:
l’uomo vecchio che è in noi è stato crocifisso con lui, affinché … noi non
fossimo più schiavi del peccato” (Rm 6,4-6).
Allora è vero che siamo morti e risorti? Certo,
ma dobbiamo intenderci.
Oggi siamo riportati al giorno del nostro
Battesimo, nel quale siamo nati di nuovo – a
Santa Sofia, la cattedrale di Costantinopoli (oggi purtroppo museo islamico) si
trovava una vasca battesimale ancora visibile; se si osserva tale vasca,
immediatamente si nota che riprende la forma anatomica di un utero. Questo non
è casuale. Il battesimo, infatti, è visto come una rinascita dall’utero della
Chiesa. Le acque devono immergere totalmente il corpo del battezzando per tre
volte a ricordo della morte e risurrezione di Cristo -. Dal fonte
battesimale nasce una creatura nuova,
come quando “uscì” per la prima volta dalle mani di Dio: sana, buona, bella e
libera.
Nella Genesi si racconta, che l’uomo è
stato creato da Dio, da un impasto di terra, nel quale il Signore soffiò “un alito di vita” (Gen 2,7). E’
interessante sapere, che altrove si usa un’immagine simile. In un antichissimo
testo Babilonese, leggiamo, che l’uomo è creato dall’impasto della terra con il
sangue di una divinità malvagia. Qui si sottolinea che l’essere umano è irreversibilmente
cattivo, mentre nella Genesi risplende l’esatto contrario: seppure l’essere
umano è fragile, porta in sé una bellezza e bontà, che gli vengono direttamente
da Dio.
Quella bellezza che Dio ha donata all’essere
umano e che, esso ha buttata via, abusando stupidamente della propria libertà,
Dio gliela ridona. Dal fonte battesimale rinasce la splendida creatura voluta
da Dio, che ha come “codice genetico” la chiamata alla santità.
Noi siamo creature nuove; ora dobbiamo
scegliere di vivere da creature nuove. I santi ci stanno davanti non come una
specie di superuomini/donne, ma come piena realizzazione dell’umanità. Per
questo ci piacciono tanto, perché sono persone complete. Essi si lasciano
trasformare dallo Spirito Santo, in Cristo, vero modello dell’uomo. I santi non
possono essere l’eccezione, devono diventare la regola.
Questo progetto non è alla nostra portata:
da soli siamo destinati a fallire. C’è bisogno di tutta la nostra volontà,
desiderio, scelte concrete, ma anche e soprattutto dell’azione insostituibile
della grazia di Dio.
Ci è chiesto di mettere nel cammino di
santità lo stesso impegno che mettiamo nel realizzare i progetti che ci stanno
a cuore, con una differenza, che questi ultimi non è detto che siano voluti dal
Signore e, quindi potremmo veramente faticare invano: “Chi ha lavorato con sapienza, con scienza e con successo dovrà poi
lasciare la sua parte a un altro che non vi ha per nulla faticato. … Quale
profitto viene all’uomo da tutta la sua fatica e dalle preoccupazioni del suo
cuore …” (Qo 2,21s).
Quando intraprenderemo seriamente questo
cammino, pur con i nostri inevitabili limiti, troveremo a sbarrarci la strada il maligno.
Come ha cercato di rovinare definitivamente il capolavoro di Dio, così non può
tollerare che alcuno si salvi. Ci mette in guarda San Pietro: “Il vostro nemico, il diavolo, come leone
ruggente va in giro cercando chi divorare. Resistetegli saldi nella fede”
(1Pt 5,9).
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