Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

sabato 7 settembre 2013

“Molta gente andava con lui”



XXIII DOMENICA T.O.

     Questo brano evangelico è decisamente imbarazzante, perché porta con sé e spinge a  una radicalità alla quale non siamo più abituati.
Ciò che chiede Gesù appare esagerato, soprattutto per  noi, figli di un’epoca affamata di verità e libertà, che solo in Dio può placarsi, ma poco disposti a impegno e costanza.
     Le nostre energie sono consumate dal lavoro e dalla frenesia di tante attività, per cui a Dio spesso riserviamo gli avanzi.
     Guardate all’estate, stagione in cui, grazie alle vacanze è maggiore il tempo a disposizione; mediamente è minore la cura dedicata allo spirito e al Signore.
     Molta gente andava con lui” (Lc 14, 25), è normale: era un taumaturgo, sapeva parlare con chiarezza e semplicità, mostrava una grande libertà da qualsiasi condizionamento ed era uno affascinante; oggi diremmo di lui che era uno carismatico.
     Gesù però, invece di  lasciarsi incantare dai grandi numeri, ha posto delle condizioni per i discepoli di allora e del futuro desiderosi di seguirlo:
     “Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo” (Lc 14,26). Purtroppo potremmo dire che questo è uno dei passi del Vangelo maggiormente osservati alla lettera: quanti rapporti tesi ci sono all’interno delle famiglie. Ovviamente le parole del Signore non vanno prese per il significato apparente (  desiderare il male di qualcuno).
     Nel capitolo 18 di Lc in risposta a colui che  chiedeva a Gesù cosa fare per ereditare la vita eterna, troviamo: “Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non dire il falso, onora il padre e la madre” (Lc 18,20). L’odio sta esattamente agli antipodi di Gesù.
     Il vero significato lo comprendiamo se diamo un’occhiata alle parole di Mt: “Chi ama il padre e la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me, non è degno di me” (Mt 10,37).
     Gesù chiede “semplicemente” un primato, anche rispetto agli affetti più cari.
     La cosa strana è che, più il Signore riceve spazio, più diventa il criterio discriminante nelle scelte e più i rapporti con i familiari diventano positivi e costruttivi.
     Questo apparente, amarli di meno, si traduce invece in un amarli diversamente e di più. Chi da’ il primato al Signore infatti, quantomeno si sforza di perdonare, di rispettare, desidera il bene dell’altro, ha pazienza …
     “Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo” (Lc 14, 27). Ci si può fermare a maledire le fatiche che la vita presenta; ci si può fermare a maledire Dio, considerandolo responsabile - “Dio mi consegna come preda all’empio, e mi getta nelle mani dei malvagi, Me ne stavo tranquillo ed egli mi ha rovinato, mi ha afferrato per il collo e mi ha stritolato; ha fatto di me il suo bersaglio. I suoi arceri mi circondano; mi trafigge i fianchi senza pietà, … mi apre ferita su ferita, mi si avventa contro come un guerriero” (Gb 16,11-14);  “Pietà di me, pietà di me, almeno voi miei amici, perché la mano di Dio mi ha percosso! Perché vi accanite contro di me, come Dio, e non siete sazi della mia carne?” (Gb 19,20s) - : in entrambi i casi si perde di vista l’unica possibile soluzione, continuare a camminare dietro al Signore della vita.  Egli è l’unica via, verità e vita.
     Le due parabolette  inserite in questo testo dicono a loro modo quello che Gesù ha appena cercato di fare capire: siete sicuri di volermi seguire? Il prezzo non è forse troppo alto rispetto a quello che siete disposti a pagare?
     Il cristiano superficiale rischia di fallire, così come chi non valuta se ha i mezzi sufficienti per costruire una torre o per sconfiggere diecimila soldati.





























   

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