La testimonianza della Tradizione della Chiesa
I Padri della Chiesa e i concili costituiscono successivamente una importante testimonianza per lo
sviluppo della posizione ecclesiastica. Secondo i Padri le istruzioni bibliche sono vincolanti. Essi
ricusano le leggi civili sul divorzio ritenendole incompatibili con la richiesta di Gesù. La Chiesa dei
Padri, in obbedienza al Vangelo, ha respinto il divorzio e il secondo matrimonio; rispetto a tale
questione la testimonianza dei Padri è inequivocabile.
Nell’epoca patristica i credenti separati che si erano risposati civilmente non venivano riammessi ai
sacramenti nemmeno dopo un periodo di penitenza. Alcuni testi patristici lasciano intendere che gli
abusi non venivano sempre rigorosamente respinti e che a volte sono state cercate soluzioni
pastorali per rarissimi casi limite.
Più tardi e in alcune zone, soprattutto a causa della crescente interdipendenza tra Chiesa e Stato, si
pervenne a più grandi compromessi. In oriente questo sviluppo ha proseguito il suo corso e ha
portato, soprattutto dopo la separazione dalla cattedra di Pietro, a una prassi sempre più liberale.
Oggi nelle Chiese ortodosse esiste una varietà di cause per il divorzio, che sono solitamente
giustificate con riferimento alla oikonomìa, la clemenza pastorale per i singoli casi difficili, e
aprono la strada a un secondo o terzo matrimonio con carattere penitenziale. Questa prassi non è
coerente con la volontà di Dio, chiaramente espressa dalle parole di Gesù sulla indissolubilità del
matrimonio, e ciò rappresenta certamente una questione ecumenica da non sottovalutare.
In occidente, la riforma gregoriana ha contrastato le tendenze di liberalizzazione e ha riproposto
l’originaria concezione delle Scritture e dei Padri. La Chiesa cattolica ha difeso l’assoluta
indissolubilità del matrimonio anche a costo di grandi sacrifici e sofferenze. Lo scisma della
“Chiesa di Inghilterra”, separatasi dal successore di Pietro, è avvenuto non a causa di differenze
dottrinali, ma perché il Papa, in obbedienza alla parola di Gesù, non poteva assecondare la richiesta
del re Enrico VIII circa lo scioglimento del suo matrimonio.
Il concilio di Trento ha confermato la dottrina dell’indissolubilità del matrimonio sacramentale e ha
chiarito che essa corrisponde all’insegnamento del Vangelo (cfr. Denzinger-Hünermann, 1807).
Talvolta si sostiene che la Chiesa abbia di fatto tollerato la pratica orientale, ma ciò non corrisponde
al vero. I canonisti hanno sempre parlato di una prassi abusiva, e vi sono testimonianze circa alcuni
gruppi di cristiani ortodossi che, divenuti cattolici, dovettero firmare una confessione di fede in cui
si faceva esplicito riferimento alla impossibilità della celebrazione di seconde o terze nozze.
Il concilio Vaticano II ha riproposto una dottrina teologicamente e spiritualmente profonda del
matrimonio nella costituzione pastorale Gaudium et spes sulla Chiesa nel mondo contemporaneo,
esponendo con chiarezza anche il principio della sua indissolubilità. Il matrimonio è inteso come
una completa comunione corporale e spirituale di vita e di amore tra uomo e donna, che si donano e
si accolgono l’un l’altro in quanto persone. Attraverso l’atto personale e libero del reciproco
consenso viene fondata per diritto divino un’istituzione stabile, ordinata al bene dei coniugi e della
prole, e non dipendente dall’arbitrio dell’uomo: «Questa intima unione, in quanto mutua donazione
di due persone, come pure il bene dei figli, esigono la piena fedeltà dei coniugi e ne reclamano
l’indissolubile unità» (n. 48).
Per mezzo del sacramento Dio concede ai coniugi una grazia speciale: «Infatti, come un tempo Dio
ha preso l’iniziativa di un’alleanza di amore e fedeltà con il suo popolo così ora il salvatore degli
uomini e sposo della Chiesa viene incontro ai coniugi cristiani attraverso il sacramento del
matrimonio. Inoltre rimane con loro perché, come egli stesso ha amato la Chiesa e si è dato per
essa, così anche i coniugi possano amarsi l’un l’altro fedelmente, per sempre, con mutua dedizione»
(ibidem).
Mediante il sacramento l’indissolubilità del matrimonio racchiude un nuovo, più profondo
significato: essa diventa l’immagine dell’amore di Dio per il suo popolo e della fedeltà irrevocabile
di Cristo alla sua Chiesa.
È possibile comprendere e vivere il matrimonio come sacramento solo nell’ambito del mistero di
Cristo. Se si secolarizza il matrimonio o se lo si considera come realtà puramente naturale rimane
come impedito l’accesso alla sua sacramentalità. Il matrimonio sacramentale appartiene all’ordine
della grazia e viene inserito nella definitiva comunione di amore di Cristo con la sua Chiesa. I
cristiani sono chiamati a vivere il loro matrimonio nell’orizzonte escatologico della venuta del
regno di Dio in Gesù Cristo, Verbo di Dio incarnato.
I Padri della Chiesa e i concili costituiscono successivamente una importante testimonianza per lo
sviluppo della posizione ecclesiastica. Secondo i Padri le istruzioni bibliche sono vincolanti. Essi
ricusano le leggi civili sul divorzio ritenendole incompatibili con la richiesta di Gesù. La Chiesa dei
Padri, in obbedienza al Vangelo, ha respinto il divorzio e il secondo matrimonio; rispetto a tale
questione la testimonianza dei Padri è inequivocabile.
Nell’epoca patristica i credenti separati che si erano risposati civilmente non venivano riammessi ai
sacramenti nemmeno dopo un periodo di penitenza. Alcuni testi patristici lasciano intendere che gli
abusi non venivano sempre rigorosamente respinti e che a volte sono state cercate soluzioni
pastorali per rarissimi casi limite.
Più tardi e in alcune zone, soprattutto a causa della crescente interdipendenza tra Chiesa e Stato, si
pervenne a più grandi compromessi. In oriente questo sviluppo ha proseguito il suo corso e ha
portato, soprattutto dopo la separazione dalla cattedra di Pietro, a una prassi sempre più liberale.
Oggi nelle Chiese ortodosse esiste una varietà di cause per il divorzio, che sono solitamente
giustificate con riferimento alla oikonomìa, la clemenza pastorale per i singoli casi difficili, e
aprono la strada a un secondo o terzo matrimonio con carattere penitenziale. Questa prassi non è
coerente con la volontà di Dio, chiaramente espressa dalle parole di Gesù sulla indissolubilità del
matrimonio, e ciò rappresenta certamente una questione ecumenica da non sottovalutare.
In occidente, la riforma gregoriana ha contrastato le tendenze di liberalizzazione e ha riproposto
l’originaria concezione delle Scritture e dei Padri. La Chiesa cattolica ha difeso l’assoluta
indissolubilità del matrimonio anche a costo di grandi sacrifici e sofferenze. Lo scisma della
“Chiesa di Inghilterra”, separatasi dal successore di Pietro, è avvenuto non a causa di differenze
dottrinali, ma perché il Papa, in obbedienza alla parola di Gesù, non poteva assecondare la richiesta
del re Enrico VIII circa lo scioglimento del suo matrimonio.
Il concilio di Trento ha confermato la dottrina dell’indissolubilità del matrimonio sacramentale e ha
chiarito che essa corrisponde all’insegnamento del Vangelo (cfr. Denzinger-Hünermann, 1807).
Talvolta si sostiene che la Chiesa abbia di fatto tollerato la pratica orientale, ma ciò non corrisponde
al vero. I canonisti hanno sempre parlato di una prassi abusiva, e vi sono testimonianze circa alcuni
gruppi di cristiani ortodossi che, divenuti cattolici, dovettero firmare una confessione di fede in cui
si faceva esplicito riferimento alla impossibilità della celebrazione di seconde o terze nozze.
Il concilio Vaticano II ha riproposto una dottrina teologicamente e spiritualmente profonda del
matrimonio nella costituzione pastorale Gaudium et spes sulla Chiesa nel mondo contemporaneo,
esponendo con chiarezza anche il principio della sua indissolubilità. Il matrimonio è inteso come
una completa comunione corporale e spirituale di vita e di amore tra uomo e donna, che si donano e
si accolgono l’un l’altro in quanto persone. Attraverso l’atto personale e libero del reciproco
consenso viene fondata per diritto divino un’istituzione stabile, ordinata al bene dei coniugi e della
prole, e non dipendente dall’arbitrio dell’uomo: «Questa intima unione, in quanto mutua donazione
di due persone, come pure il bene dei figli, esigono la piena fedeltà dei coniugi e ne reclamano
l’indissolubile unità» (n. 48).
Per mezzo del sacramento Dio concede ai coniugi una grazia speciale: «Infatti, come un tempo Dio
ha preso l’iniziativa di un’alleanza di amore e fedeltà con il suo popolo così ora il salvatore degli
uomini e sposo della Chiesa viene incontro ai coniugi cristiani attraverso il sacramento del
matrimonio. Inoltre rimane con loro perché, come egli stesso ha amato la Chiesa e si è dato per
essa, così anche i coniugi possano amarsi l’un l’altro fedelmente, per sempre, con mutua dedizione»
(ibidem).
Mediante il sacramento l’indissolubilità del matrimonio racchiude un nuovo, più profondo
significato: essa diventa l’immagine dell’amore di Dio per il suo popolo e della fedeltà irrevocabile
di Cristo alla sua Chiesa.
È possibile comprendere e vivere il matrimonio come sacramento solo nell’ambito del mistero di
Cristo. Se si secolarizza il matrimonio o se lo si considera come realtà puramente naturale rimane
come impedito l’accesso alla sua sacramentalità. Il matrimonio sacramentale appartiene all’ordine
della grazia e viene inserito nella definitiva comunione di amore di Cristo con la sua Chiesa. I
cristiani sono chiamati a vivere il loro matrimonio nell’orizzonte escatologico della venuta del
regno di Dio in Gesù Cristo, Verbo di Dio incarnato.
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