Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

mercoledì 30 ottobre 2013

Indissolubilità del matrimonio e dibattito sui divorziati risposati e i sacramenti 3

La testimonianza del Magistero in epoca recente

Con il testo tutt’oggi fondamentale dell’esortazione apostolica Familiaris consortio, pubblicata da
Giovanni Paolo II il 22 novembre 1981 dopo il Sinodo dei vescovi sulla famiglia cristiana nel
mondo contemporaneo, è stato espressamente confermato l’insegnamento dogmatico della Chiesa
sul matrimonio. Dal punto di vista pastorale l’esortazione post-sinodale si è occupata anche della
cura dei fedeli risposati con rito civile, ma che sono ancora vincolati da un matrimonio valido per la
Chiesa. Il Papa ha dimostrato un’alta misura di premura e di attenzione.

Al n. 84 («I divorziati risposati») vengono esposti i seguenti principi:
1. I pastori in cura d’anime sono obbligati per amore della verità «a ben discernere le diverse
situazioni». Non è possibile valutare tutto e tutti allo stesso modo.
2. I pastori e le comunità sono tenuti ad aiutare «con sollecita carità» i fedeli interessati; anch’essi
infatti appartengono alla Chiesa, hanno il diritto alla cura pastorale e devono poter partecipare alla
vita della Chiesa.
3. L’ammissione all’eucaristia non può tuttavia essere loro concessa. In relazione a questo viene
addotto un duplice motivo: a) «il loro stato e la loro condizione di vita contraddicono
oggettivamente a quell’unione di amore tra Cristo e la Chiesa, significata e attuata dall’eucaristia»;
b) «se si ammettessero queste persone all’eucaristia, i fedeli rimarrebbero indotti in errore e
confusione circa la dottrina della Chiesa sull’indissolubilità del matrimonio». Una riconciliazione
mediante il sacramento della penitenza — che aprirebbe la strada al sacramento eucaristico — può
essere accordata solo sulla base del pentimento rispetto a quanto accaduto, e sulla disponibilità «a
una forma di vita non più in contraddizione con l’indissolubilità del matrimonio». Ciò comporta, in
concreto, che quando la nuova unione non può essere sciolta per seri motivi — quali, ad esempio,
l’educazione dei figli — entrambi i partner «assumono l’impegno di vivere in piena continenza».
4. Per motivi teologico-sacramentali, e non per una costrizione legalistica, al clero è espressamente
fatto divieto, fintanto che sussiste la validità del primo matrimonio, di porre in atto «cerimonie di
qualsiasi genere» a favore dei divorziati che si risposano civilmente.
La Lettera della Congregazione per la dottrina della fede circa la recezione della comunione
eucaristica da parte dei fedeli divorziati risposati del 14 settembre 1994 ha confermato che la prassi
della Chiesa su questo tema «non può essere modificata in base alle differenti situazioni» (n. 5). Si
chiarisce, inoltre, che i credenti interessati non devono accostarsi alla santa Comunione sulla base
del loro giudizio di coscienza: «Qualora egli lo giudicasse possibile, i pastori e i confessori (...)
hanno il grave dovere di ammonirlo che tale giudizio di coscienza è in aperto contrasto con la
dottrina della Chiesa» (n. 6). In caso di dubbi circa la validità di un matrimonio fallito, questi
devono essere verificati dagli organi giudiziari competenti in materia matrimoniale (cfr. n. 9).
Rimane di fondamentale importanza fare «con sollecita carità tutto quanto può fortificare
nell’amore di Cristo e della Chiesa i fedeli che si trovano in situazione matrimoniale irregolare.
Solo così sarà possibile per loro accogliere pienamente il messaggio del matrimonio cristiano e
sopportare nella fede la sofferenza della loro situazione. Nell’azione pastorale si dovrà compiere
ogni sforzo perché venga compreso bene che non si tratta di nessuna discriminazione, ma soltanto
di fedeltà assoluta alla volontà di Cristo che ci ha ridato e nuovamente affidato l’indissolubilità del
matrimonio come dono del Creatore» (n. 10).
Nell’esortazione post-sinodale Sacramentum caritatis del 22 febbraio 2007 Benedetto XVI riprende
e rilancia il lavoro del precedente sinodo dei vescovi sull’eucaristia. Egli giunge a parlare della
situazione dei fedeli divorziati risposati al n. 29, ove non esita a definirla «un problema pastorale
spinoso e complesso». Benedetto XVI ribadisce «la prassi della Chiesa, fondata sulla Sacra
Scrittura (cfr. Marco, 10, 2-12), di non ammettere ai Sacramenti i divorziati risposati», ma
scongiura addirittura i pastori a dedicare «speciale attenzione» nei confronti delle persone
interessate «nel desiderio che coltivino, per quanto possibile, uno stile cristiano di vita attraverso la
partecipazione alla santa messa, pur senza ricevere la comunione, l’ascolto della Parola di Dio,
l’adorazione eucaristica, la preghiera, la partecipazione alla vita comunitaria, il dialogo confidente
con un sacerdote o un maestro di vita spirituale, la dedizione alla carità vissuta, le opere di
penitenza, l’impegno educativo verso i figli». Viene ribadito che, in caso di dubbi circa la validità
della comunione di vita matrimoniale che si è interrotta, questi devono essere esaminati
attentamente dai tribunali competenti in materia matrimoniale.
La mentalità contemporanea si pone piuttosto in contrasto con la comprensione cristiana del
matrimonio, specialmente rispetto alla sua indissolubilità e all’apertura alla vita. Poiché molti
cristiani sono influenzati da tale contesto culturale, i matrimoni sono probabilmente più spesso
invalidi ai nostri giorni di quanto non lo fossero in passato, perché è mancante la volontà di sposarsi
secondo il senso della dottrina matrimoniale cattolica e anche l’appartenenza a un contesto vitale di
fede è molto ridotta. Pertanto, una verifica della validità del matrimonio è importante e può portare
a una soluzione dei problemi.
Laddove non è possibile riscontrare una nullità del matrimonio, è possibile l’assoluzione e la
comunione eucaristica se si segue l’approvata prassi ecclesiale che stabilisce di vivere insieme
«come amici, come fratello e sorella». Le benedizioni di legami irregolari sono «da evitare in ogni
caso (...) perché tra i fedeli non sorgano confusioni circa il valore del matrimonio». La benedizione
(bene-dictio: approvazione da parte di Dio) di un rapporto che si contrappone alla volontà divina è
da ritenersi una contraddizione in sé.
Nell’omelia pronunciata a Milano il 3 giugno 2012, in occasione del settimo Incontro mondiale
delle famiglie, Benedetto XVI è tornato a parlare di questo doloroso problema: «Una parola vorrei
dedicarla anche ai fedeli che, pur condividendo gli insegnamenti della Chiesa sulla famiglia, sono
segnati da esperienze dolorose di fallimento e di separazione. Sappiate che il Papa e la Chiesa vi
sostengono nella vostra fatica. Vi incoraggio a rimanere uniti alle vostre comunità, mentre auspico
che le diocesi realizzino adeguate iniziative di accoglienza e vicinanza».
L’ultimo sinodo dei vescovi sul tema «La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede
cristiana» (7-28 ottobre 2012) si è nuovamente occupato della situazione dei fedeli che, in seguito al
fallimento della comunione di vita matrimoniale — non il fallimento del matrimonio, che sussiste in
quanto sacramento — hanno iniziato una nuova unione e convivono senza il vincolo sacramentale
del matrimonio. Nel messaggio finale i Padri sinodali si sono rivolti con queste parole ai fedeli
coinvolti: «A tutti costoro vogliamo dire che l’amore del Signore non abbandona nessuno, che
anche la Chiesa li ama ed è casa accogliente per tutti, che essi rimangono membra della Chiesa
anche se non possono ricevere l’assoluzione sacramentale e l’eucaristia. Le comunità cattoliche
siano accoglienti verso quanti vivono in tali situazioni e sostengano cammini di conversione e di
riconciliazione».

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