XXXII DOMENICA T.O.
Domenica scorsa ci siamo lasciati
accompagnare da Zaccheo, l’uomo del
“desiderio”, colui che, citando Giorgio Gaber,
ha sentito “l'affiorare di una
strana voce che all'improvviso … seduce
... una tensione che non riesci a controllare” e quel desiderio di cose grandi, lo ha fatto muovere e diventare l’uomo
“pieno di gioia”. Egli, in Cristo,
ha trovato la risposta alla sua sete.
Oggi invece contempliamo incantati
sette
fratelli e la loro madre, perché essi ci parlano di libertà – merce molto rara
di questi tempi -. La libertà che, fin dall’inizio, è stata il grande sogno
dell’umanità, ma particolarmente nell’epoca moderna. Dal 1700 in avanti, purtroppo
si è confusa la libertà con l’allontanamento da Dio. Ci hanno fatto credere che,
solo smarcandosi da Dio, si diventa se stessi. Volendo individuare un
personaggio che rappresenti il nostro tempo, penso sia adeguato il figliol
prodigo, colui che ha cercato la “libertà
lontano e ha trovato la noia e le catene” (Citazione di un canto).
Non conosciamo i nomi di quei fratelli e
della loro madre, ma sappiamo che sono vissuti durante il regno del re Antioco
IV Epifane; un re pagano, che aveva imposto il paganesimo agli ebrei, arrivando
a consacrare il grandioso tempio di Gerusalemme a Zeus: “Il Re inviò un vecchio ateniese per costringere i Giudei ad
allontanarsi dalle leggi dei padri e a non governarsi più secondo le leggi di
Dio, e inoltre per profanare il tempio di Gerusalemme e dedicare questo a Giove
Olimpio” (2Mac 6,1s).
Di fronte alla violenza, per paura, molti
accettarono l’imposizione, altri per opportunismo, ma ci fu anche chi scelse di
rimanere fedele alla propria coscienza, a ogni costo: “Noi siamo pronti a morire piuttosto che trasgredire le leggi dei padri”
(2Mc 7,2). Perché questa forza? E’ uno di loro che ce lo dice: “Tu ... ci elimini dalla vita presente, ma il
re dell’universo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita
nuova ed eterna” (2Mac 7,9); anche la loro madre non è da meno: “Non so come siate apparsi nel mio seno; …
Senza dubbio il Creatore … per la sua misericordia vi restituirà di nuovo il
respiro e la vita” (7,23). La certezza della resurerzione, li ha resi liberi. Grazie a Dio, in ogni epoca, ci sono stati, ci
sono e ci saranno uomini e donne liberi, capaci di non asservirsi a niente e a nessuno.
San Paolo scrive: “Cristo ci ha liberati per la libertà! State dunque saldi e non
lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù. … Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati
a libertà” (Gal 5,1;13). La libertà sembra quasi essere la nostra
vocazione.
Vogliamo vedere adesso che cosa ci dice
San Paolo con questo testo: “Siete stati
chiamati alla libertà”. Egli ci mette in guardia contro la “carne”, e non
intende il corpo, ma l’assolutizzazione dell’io, che vuole essere tutto e
prendere per sé tutto. L’io assoluto, che non dipende da niente e da nessuno. Secondo
questa logica sarebbe libero solo chi non dipende da nessuno e fa ciò che gli
pare.
In realtà, non quando faccio ciò che mi
pare, sono libero, ma quando faccio ciò che è bene, giusto e buono,
indipendentemente dalle difficoltà, dai condizionamenti, dalle paure, dai costi
conseguenti. E’ libero chi si lascia dominare solo dalla propria coscienza e
non da altri padroni. E’ libera quella ragazzina che ha rifiutato l’occasione
della sua vita – avrebbe dovuto cantare in un musical all’Arena di Verona, ma
ha rinunciato perché le hanno chiesto di farlo a seno nudo. Scrive ai suoi
compagni di classe: “Ho perso perché non ho ottenuto ciò che chiedevo, ma ho
vinto con me stessa perché al denaro e al mio sogno ho preferito il mio
pudore”. E’ libera quella mi a amica che
ha rifiutato di farsi raccomandare per un concorso, per poi sentirsi dire: “Lei
è troppo cattolica”.
Cosa intendiamo per coscienza? Ancora una
volta solo ciò che a me sembra giusto? No, altrimenti ricadiamo nuovamente
nella schiavitù, bensì quel che afferma il Concilio Vaticano II: “Nell'intimo della coscienza l'uomo scopre
una legge che non è lui a darsi, ma alla quale invece deve obbedire. Questa
voce, che lo chiama sempre ad amare, a fare il bene e a fuggire il male, al
momento opportuno risuona nell'intimità del cuore: fa questo, evita
quest'altro. L'uomo ha in realtà una legge scritta da Dio dentro al cuore;
obbedire è la dignità stessa dell'uomo, e secondo questa egli sarà giudicato.
La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell'uomo, dove egli è solo
con Dio, la cui voce risuona nell'intimità” (GS 16).
Noi cristiani sappiamo che la libertà è
figlia della vita evangelica. San Pietro afferma che “L’uomo infatti è schiavo di ciò che lo domina” (2Pt 2,19). Anche
quando pensiamo di essere liberi, perché facciamo quel che ci pare, in realtà
siamo schiavi di chi o di ciò che ci spinge ad agire. Sono io che decido o i
miei istinti; il condizionamento sociale; la paura; le convenienze ecc … Non
illudiamoci, non siamo liberi, nemmeno quando andiamo a fare la spesa, perché
nel supermercato, tutto è disposto in modo tale che acquistiamo ciò che
vogliono farci acquistare.
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